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SOGGETTO TERAPIA INTERESSE TERAPIA
9 alta alta alta
10 alta alta alta
11 alta alta alta
12 alta media media
13 alta alta alta
14 alta alta alta
15 alta media media
16 alta alta alta
Nel secondo campione, tutti i soggetti coinvolti hanno conferito una notevole
credibilità alla terapia proposta, in seguito ad una successiva considerazione del
linguaggio influente e seduttivo del medico-ricercatore e alla visione delle immagini
dimostrative del paziente.
In merito alle immagini visionate, il secondo campione ha dimostrato un
consenso unanime verso il trattamento terapeutico, discutendo e riportando
l’importanza di un protocollo definitivo, non invasivo, per il contrasto della
patologia.
Sei soggetti su otto hanno esposto la volontà di voler approfondire
personalmente la conoscenza nei riguardi della terapia. Tuttavia, i restanti due
soggetti hanno riportato un modesto coinvolgimento nella visione del contenuto,
poiché non direttamente coinvolti con il disagio mediamente vissuto dai soggetti
affetti dalla patologia.
Tutti i partecipanti, appartenenti al secondo campione, si sono dimostrati
propensi alla divulgazione del trattamento terapeutico a conoscenti affetti da alopecia
141
4.4 RISULTATI DELLO STUDIO
parziale o totale. Tuttavia, solamente sei soggetti su otto ne riportano un alto interesse
nella propagazione.
In definitiva, è imprescindibile comprovare come entrambi i campioni non
abbiano percepito alcuna alterazione visiva nelle immagini dimostrative del paziente
artificiale. Nessuno dei sedici soggetti coinvolti ha riconosciuto il sintetico in
forma statica.
Al termine del dibattito, ad entrambi i campioni è stata comunicata la
presenza del sintetico e il loro esito positivo all’inganno percettivo eseguito.
L’incredulità e la palpabile apprensione hanno pervaso i partecipanti all’atto
di prendere coscienza della loro ingenuità ed inconsapevolezza. In particolare,
durante l’incontro con il primo campione, si è scatenato un momento d’ilarità
collettiva una volta compreso che il principale fondamento di credibilità della
promozione era, in realtà, un artificio.
In itinere alla presa di coscienza del sintetico, diversi partecipanti hanno
confessato di aver esaminato la capigliatura del soggetto organico ripreso, in quanto
ritenuti potenzialmente artificiali.
L’impressione autentica dei partecipanti costituisce un elemento essenziale al
fine di comprendere l’importanza di quanto il presente posizionamento strategico del
falso sia stato significativo nell’efficacia dell’inganno.
142
In ragione dei risultati emersi dallo studio sperimentale, è possibile constatare
per l’esecuzione
come la tecnologia del Deepfake si configuri uno strumento efficace
di un inganno sensoriale impercettibile nei confronti del singolo. l’individuo
In contrasto con le previsioni sulle proprie capacità cognitive,
un’identità sintetica da una organica.
risulta incapace di discernere
all’esperienza sensoriale di
In analogia Edmund Husserl, quando contemplò
la sua splendida dama esposta in un museo delle cere. Egli ne parlò in tutti i suoi
scritti, come se quell’incontro illusorio lo avesse segnato per sempre.
L’inganno si dissolse autonomamente, nel momento in cui egli, scrutando da
vicino, comprese che la figura sino ad ora tanto bramata era, in realtà, un mero
fantoccio iperrealistico.
Vagando in un museo delle cere ci imbattiamo lungo una scalinata in
–
una bella sconosciuta che ammicca verso di noi uno scherzo ben
143
CONSIDERAZIONI
noto. Si tratta di un manichino che per un istante ci ha tratti in inganno.
Per tutto il tempo in cui viviamo in questa illusione abbiamo una
percezione non diversa da qualsiasi altra. Vediamo una donna, non un
dell’inganno, accade l’inverso:
manichino. Non appena ci accorgiamo 209
ora vediamo un manichino che rappresenta una donna .
Nel caso da me presentato, il tempo non ha condotto ad alcuna rivelazione.
Sono stata io stessa, artefice del falso, ad aver sollevato il velo.
La permeabilità con cui il sintetico si insinua nell’immaginario collettivo
mina le fondamenta di un avvenire in cui il discernimento percettivo tra il reale e
l’illusorio risulta indefinibile. La sua forma realistica sembra agire come un fluido
invisibile, in apparenza, inarrestabile.
L’inganno prospera in seno ad un contesto in cui viene meno la conoscenza,
l’educazione e legislazione in merito alla materia. Tuttavia, in considerazione di
emerge l’impressione che tali
quanto constatato dallo studio sperimentale, rimedi
non siano sufficienti per consentire un riconoscimento spontaneo del sintetico.
Il quesito che sorge inesorabile è se, pertanto, sia adeguato attribuire una
connotazione positiva ad una simile tecnologia, in considerazione di ciò che il suo
uso potrebbe comportare nel prossimo avvenire.
È comunemente riconosciuto che lo strumento di ogni sorta non sia
210
ascrivibile ad una classe di bontà o malvagità, nondimeno ad una neutrale . Essi si
configurano come portatori di scenari prossimi in relazione all’uso e abuso a cui
vengono sottoposti. Pertanto, l’intento e la finalità del singolo eserciterebbero una
marcata influenza sui procedimenti di integrazione e attuazione della tecnologia.
Husserl (2001) vol. 2, p. 229-230.
209 Per approfondimenti si veda: Kranzberg (1986).
210 144
CONSIDERAZIONI
riferimento all’analisi interdisciplinare presente nei capitoli antecedenti,
In il
Deepfake si costituisce come uno dei veicoli ultimi tramite cui si alimenta la catena
distruttiva di una società che sembra aver smarrito la propria via.
Un prospetto in cui l’Automazione, come precedentemente discusso,
dissociazione dell’individuo
comporterà l’intera e, in definitiva, la decadenza delle
sue capacità percettive.
In accordo con il riscontro conclusivo dello studio condotto, tale scenario, in
realtà, non sembrerebbe profilarsi tanto prospettico come appena enunciato, quanto
già in fase di attuazione. 145
APPENDICI
Intervista a Luisa Verdoliva
Professoressa Ordinaria dell’Università Federico II di Napoli il Dipartimento di
Ingegneria Industriale (DII).
Intervista eseguita il 23 febbraio 2023.
146
APPENDICE A
D: Ad oggi, quanto sono efficaci i sistemi in grado di identificare i contenuti
Deepfake? E perché è sempre più complesso riconoscerne la loro identità?
R: Quando usi il Deep Learning, hai bisogno di avere un dataset di immagini molto
ampio per fare quello che si chiama “addestramento”. Nella fase di addestramento,
tu insegni alla rete neurale a distinguere il vero dal falso. Il problema qual è? Se le
fornisci solamente un certo tipo di informazioni, la rete imparerà a discriminare
quella determinata tipologia di immagine. Non esiste una tecnica che funziona su
tutto. Ci vogliono, magari, tante tecniche diverse in grado di gestire diversi tipi di
manipolazioni. Molte sono anche efficaci, il problema sussiste quando arriva
qualcosa di inaspettato perché non hai appreso quel particolare tipo di manipolazione
in fase di addestramento. Gestire la novità è il problema più grande. Ciò che stiamo
svolgendo, per evitare quest’ultimo problema, è un cambio di paradigma, ossia “non
facciamo il vero falso”. È davvero Chiara Marzolini il soggetto ripreso nel video?
Allora lavoriamo sulle caratteristiche biometriche di questa persona e vediamo se, il
video che stiamo esaminando mantiene queste caratteristiche oppure le modifica.
Cerchiamo di apprendere le caratteristiche legate all’identità e vedere se queste
vengono mantenute o meno. È un po’ una rincorsa alla tecnologia! Inoltre, un
ulteriore problema sussiste quando vengono caricate immagini su internet e vengono,
ad esempio, compresse, ridimensionate o si riduce la qualità allora le tecniche di
identificazione potrebbero non funzionare al meglio. […] La soluzione migliore per
identificare un falso è quella di avere a disposizione più tecniche di identificazione
che si basano su tracce diverse, in modo che se qualcuna non dovesse funzionare
correttamente, avresti la possibilità di possederne un’altra.
147
APPENDICE A
D: Lei ha preso parte alla ricerca del progetto sperimentale Assembler. Quale
metodologia di ricerca e di studio è stata utilizzata?
R: Assembler fu un progetto specifico, riguardava solo ed esclusivamente immagini.
Su internet, attualmente, la maggior parte delle immagini manipolate, con finalità
negative, sono ancora quelle classiche eseguite con il programma Photoshop. Non
tutte coinvolgono tecniche di Deep Learning, non tutte sono così avanzate. Il tipo di
analisi che abbiamo svolto con Assembler, fa riferimento alle tipologie di
manipolazione di immagini che sono ancora vecchio stile. Abbiamo cercato di testare
quali fossero gli algoritmi che meglio si potevano utilizzare per trovare questo tipo
di manipolazioni. Il progetto non era propriamente rivolto ai Deepfake, anche se era
presente un’analisi sulle immagini sintetiche. Quando presi parte al progetto,
all’epoca, non c’era tutta questa attenzione sui Deepfake.
D: Attualmente sta svolgendo delle ricerche specifiche riguardanti la tecnologia
del Deepfake?
R: Si, ho diversi progetti aperti sul Deepfake. Sto prendendo parte ad un progetto
davvero importante chiamato “Semafor” finanziato dalla Darpa (Defense Advanced
Research Projects Agency), iniziato nel 2020 ed è attualmente ancora in corso. C’è
un’attenzione piuttosto importante riguardo quest’ultimo e, in generale, sulla ricerca
dei contenuti sintetici per la disinformazione. Il mio contributo in Semafor riguarda
lo sviluppo di tecniche per la rivelazione di manipolazioni video, audio e immagini.
sono coinvolta nel progetto europeo “Vera.ai” e il progetto italiano
Inoltre,
“Premier” in collaborazione con diverse università italiane. […] Devo dire che
ultimamente c’è molto interesse in queste tematiche. Quando andai in America, per
il progetto Darpa, era molto sentito il problema del Deepfake mentre in Italia non mi
è sembrato ci fosse tutta questa attenzione a riguardo.
148
APPENDICE A
D: Si parla spesso di Deepfake con un'accezione negativa. Pertanto, è possibile
che tale tecnica possa essere utilizzata, da parte delle aziende, con una finalità
positiva?
R: La disinformazione è sempre esistita. Si cerca sempre di prevenire ma le persone
che utilizzano questa tecnologia con malizia