I
attraente per la analisi scientifica e, potenzialmente, una meta futura per gli esseri umani. n
conclusione, Marte è un pianeta roccioso con un'interessante storia geologica e un'atmosfera
unica. Le missioni spaziali hanno fornito molte informazioni sulla superficie terrestre, sulla
composizione e sulla possibilità di vita. Marte rappresenta un'opportunità per la ricerca scientifica
e per una possibile destinazione futura per l'umanità.
Un problema legato alla possibile presenza di vita su Marte è quasi un paradosso. Durante le
missioni precedenti gli astronauti si sono resi conto che dalla Terra trasportano migliaia di
microrganismi che sopravvivono alla sterilizzazione, se è vero che la maggior parte si neutralizzano
è anche sicuro che una minoranza resta in vita e rischia di contaminare le zone di atterraggio.
L’interscambio biologico si potrebbe realizzare in entrambe le direzioni, infatti, gli astronauti in
missione all’esterno delle navicelle potrebbero importare, anche in modo inconsapevole,
microrganismi marziani che contaminano le navicelle di rientro sulla Terra. Non dobbiamo
dimenticare che sono sconosciuti gli effetti di microbi extraterrestri sulla salute umana. Lo
scienziato John Rummel appartenente al nucleo operativo presso il SETI (Search for Extraterrestrial
Intelligence Institute) riferisce che su una navicella priva di equipaggio possono viaggiare fino a
54 R. Zubrin, in Marte la storia del nostro futuro sul pianeta rosso, National Geographic, 2016
55 P. Ferri, Le sfide di Marte. Storie di esplorazione di un pianeta difficile. Raffaello Cortina Editore, 2023
56 Vedi A. Dominoni, B. Quaquaro, Le città dell’universo. Come sarà abitare nello spazio, cit. 31
Virginia Scatolini Ortenzi 064147 2022-2023 Course
300 milioni di microbi terrestri viventi e se anche il 99 per cento non dovesse sopravvivere al
viaggio alcuni sarebbero uccisi dalle radiazioni presenti sul pianeta ma ancora qualcuno
continuerebbe a sopravvivere. La situazione è ben peggiore se consideriamo la quantità di cellule
trasportate da un essere umano che si aggira sui 30.000 miliardi di cellule che ovviamente
sopravvivono tutte al viaggio. Il genere di contaminazione sopra descritta rende difficile poter
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distinguere eventuali microrganismi autoctoni da quelli importati.
Riguardo l’esistenza di vita passata su Marte è affascinante la teoria della “Panspermia” in base
alla quale tutti gli esseri umani potrebbero avere un’origine marziana derivata da alcuni meteoriti
che avrebbero trasferito la via da Marte alla Terra. La teoria è studiata dalla responsabile per la
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protezione planetaria Catharine Conley che mette in guardia gli eventuali futuri esploratori su
Marte da possibili contaminazioni. Il lavoro svolto dalla scienziata Conley viene considerato al pari
di una polizia interplanetaria che deve vigilare sugli ecosistemi universali. Catharine Conley
persegue un doppio obiettivo: 1) proteggere Marte da eventuali contaminazioni terrestri; 2) evitare
l’introduzione sulla Terra di organismi marziani. Secondo la studiosa ci sono molte probabilità che
su Marte si trovino delle falde contaminate di ghiaccio o di acqua che potrebbero essere isolate e
sterilizzate con procedure e protocolli rigidi e condivisi da tutti coloro che effettueranno delle
missioni spaziali sul pianeta. Attualmente è stata riconosciuta la necessità di proteggere l’universo
attraverso un protocollo di tre metodologie. Si prevede di continuare ad utilizzare il calore per
sterilizzare qualunque oggetto da e per la Terra, in aggiunta alle alte temperature è stato
individuato come elemento utile il perossido di idrogeno, il gas plasma, diverse tipologie di raggi e
non ultimo soprattutto per la praticità di utilizzo le vernici antimicrobiche.
L’ipotesi di viaggiare su Marte qualche anno fa sembrava solo un sogno visionario ma oggi sembra
esserci tra gli scienziati una fiducia sempre maggiore sulla possibilità che si concretizzi. In
quest’ottica la NASA ha indetto un concorso di poesie per Marte chiamato “Going to Mars with
Maven” coordinato dall’University of Colorado at Boulder’s Laboratory for Atmospheric and Space
Physics (CU/LASP). L’obiettivo del concorso è quello di raccogliere dei componimenti poetici con i
nomi degli autori da portare a bordo della sonda che partirà. Lo stile scelto per le poesie è quello
giapponese degli Haiku che in genere hanno come tema la natura e sono composti da tre versi e
diciassette sillabe. La missione che porterà con sé la poesia terrestre si chiama Maven e dovrà
dedicarsi a studiare i diversi strati dell’atmosfera di Marte e soprattutto individuare i percorsi
dell’acqua che in passato era presente in quantità enormi sul pianeta. Il pianeta Marte ha
affascinato da sempre gli studiosi basti pensare che Gianni Rodari nel 1948 gli dedicò dei bellissimi
versi che narrano della Luna che stanca di girare intorno alla Terra decise di recarsi sul pianeta
rosso al quale attribuisce un’immagine benevola. Scrive Gianni Rodari:
Marte, che è sapiente ed educato,
e ha la pancia tutta rigata di canali dritti.
In questa breve poesia Rodari si rivolge ai bambini contemporanei che saranno gli astronauti di
domani.
Un mistero affascinante è rappresentato dalla domanda che l’uomo si pone da tantissimi anni e
cioè se esista o sia mai esistita la vita nell’universo oltre quella terrena. Marte è stato oggetto di
fantasie sui marziani e ancora oggi andiamo in cerca della vita sul pianeta rosso. Circa
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quarant’anni fa le sonde americane Viking 1 e Viking 2 sono atterrate sul suolo marziano e
avevano lo scopo di verificare le ipotesi degli scienziati sulla possibilità di vita presente o passata
su Marte. Sono seguiti all’atterraggio anni e anni di esperimenti di ricerca della vita. Ancora oggi gli
studiosi non sono in grado di rispondere in modo preciso al quesito. Lo scienziato James Garvin,
studioso presso il Goddard Space Flight Center della NASA e membro del gruppo scientifico del
Mars Science Laboratory, riferisce che gli studi per le ricerche sulla storia della vita proseguono
57 In AA.VV., Marte la storia del nostro futuro sul pianeta rosso, National Geographic, 2017
58 In AA.VV., Marte la storia del nostro futuro sul pianeta rosso, National Geographic, 2017
59 In AA.VV., Marte la storia del nostro futuro sul pianeta rosso, National Geographic, 2017 32
Virginia Scatolini Ortenzi 064147 2022-2023 Course
senza interruzioni parallelamente a quelle per individuare le possibilità per gli esseri umani di
abitare in futuro su Marte.
4.2 Possibilità di una vita sul pianeta rosso
È opinione comune tra gli studiosi che le eventuali forme di vita su Marte vanno cercate in
profondità. Più si scende sotto la superficie marziana più probabilità ci sono di scovare qualche forma
di vita passata o presente. Il sottosuolo è considerato in grado di difendere e proteggere eventuali
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fossili marziani o altri microrganismi estremofili . Una delle studiose più esperte nel campo della
ricerca della vita sul pianeta rosso è Penelope Boston che dirige l’Astrobiology Institute della NASA
(NAI). Penelope Boston oltre che scienziata è un’appassionata speleologa e questa sua peculiarità
l’ha portata ad esplorare nelle zone più recondite della Terra. Nel 2000 è stata scoperta nel pieno
deserto di Chihuahua in Messico al di sotto del monte Naica una grotta di cristalli giganteschi alti
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anche 15 metri di lunghezza e larghi 2 . All’interno è stato scoperto che ospita virus e batteri
estremofili. La grotta è formata da cristalli di selenite con un’umidità che arriva al 90% e una
temperatura di 50%. Il fatto di aver rinvenuto degli organismi in condizioni così estreme ci fa ben
sperare per possibili forme di vita su Marte. I batteri individuati e isolati erano dormienti da un
periodo compreso tra i 10.000 e i 50.000 anni. Il lavoro di Penelope Boston ha sfruttato una
circostanza fortunata, infatti, all’interno dei cristalli si erano formate delle cavità che hanno
conservato del liquido. Prelevato il liquido la studiosa ha trovato alcuni batteri cristallizzati.
Successivamente è riuscita a rianimarli. La grande scoperta è che i microrganismi sono
completamente diversi da quelli presenti nel suolo terrestre e quindi non sono il risultato di
contaminazioni dall’esterno all’interno. Le conclusioni di questa scoperta sono che alcune forme di
vita riescono a svilupparsi e a sopravvivere in condizioni estreme e che su pianeti altri da noi la vita
sia più probabile nel sottosuolo rispetto all’esterno.
Penelope Boston, forte delle convinzioni derivanti dai suoi studi ha iniziato a collaborare alla
progettazione di strumenti che permettano di perlustrare le profondità di pianeti sconosciuti e
soprattutto le caverne sotterranee senza fermarsi alle parti più basse ma comprendendo le pareti e il
soffitto. Ovviamente si tratta di robot arrampicatori resistenti alle temperature estreme e capaci di
raccogliere campioni di materiali da studiare in situazioni più tranquille e sicure per l’uomo. In realtà
sulla Terra conosciamo tanti estremofili che potrebbero essere trovati anche su Marte. Il più quotato
microorganismo che potrebbe esistere su Marte è il lichene, il quale vive nelle regioni polari più
estreme ed è stato sottoposto ad un esperimento di simulazione di ambiente marziano
sopravvivendo con successo. Anche la rana del legno (Lithobates sylvaticus) può sopravvivere a
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temperature bassissime grazie ad una fantastica strategia di adattamento. La rana del legno,
infatti, è in grado di congelare i suoi organi interni quando la temperatura diventa critica. Il
tardigrado, un animaletto con otto zampe, è ancora più evoluto essendo capace di sopravvivere e
adattarsi sia alle temperature estremamente alte sia a quelle estremamente basse grazie alla
criptobiosi o sospensione del metabolismo. 63
Da qualche anno ha terminato il suo lavoro di esplorazione su Marte il robot Opportunity che ha
dovuto cedere ad una tempesta di sabbia che è risultata deleteria per il suo meccanismo. Questo
pioniere dell’esplorazione robotica era approdato sul pianeta nel 2004 in compagnia di Spirit, robot
praticamente identico. Per i due robot era prevista una sopravvivenza di 90 giorni che si è
sorprendentemente protratta fino a raggiungere i 15 anni di permanenza conclusa nel 2018. Il suo
viaggio su Marte lo ha portato a perlustrare 45 km e 100 crateri affrontando temperature estreme,
tempeste e perturbazioni fortissime. Il risultato più inatteso di questi studi è che il pianeta si è
60 In AA.VV., Marte la storia del nostro futuro sul pianeta r
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