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SOCRATE
La personalità di Socrate segna un momento fondamentale nella filosofia greca antica.
La sua vita e il suo pensiero contribuiranno a tramandare attraverso i secoli la
concezione dell'indagine filosofica come ricerca e dialogo incessanti.
Socrate è stato spesso descritto come brutto; tuttavia sembrava dotato di un fluido
magnetico, grazie al quale affascinava e inquietava quanti si soffermavano ad
ascoltarlo. Le sue parole scavavano nell'anima degli interlocutori, costringendoli a
un'analisi lucida e onesta di sé stessi e della vita.
LA FILOSOFIA COME MISSIONE
Cicerone ricorda l’indissolubile legame tra vita e pensiero che aveva contraddistinto
l’avventura intellettuale. La filosofia di Socrate coincide interamente con la sua
esistenza. L'indagine filosofica, per Socrate, si risolve in uno stile di vita, nella scelta di
consacrare la propria esistenza alla ricerca del sapere, perché in questa ricerca risiede
l'unico autentico significato della vita umana. La filosofia , per Socrate, coincide con la
vita anche in un altro senso: egli la strappa «dal cielo» per farla abitare «nella città»,
cioè la allontana dalle questioni riguardanti l'ordine immutabile della natura e del
cosmo, e la rivolge all'esistenza concreta dei cittadini nella pólis.
LA GIOVINEZZA E LA FORMAZIONE
Socrate nasce ad Atene nel 470/469 a.C. Pur non appartenendo a un ambiente
aristocratico, molto probabilmente Socrate riceve l'educazione riservata agli ateniesi
benestanti. Egli termina l'efebia, cioè quando Atene è al culmine del suo splendore,
durante quella che diverrà nota come
"età di Pericle”.
Socrate preferisce mettere al centro della propria ricerca non la natura, ma l'essere
umano. La tradizione ha sottolineato con forza questa "conversione" dalla filosofia
naturalistica a un'indagine sull'essere umano, scorgendovi l’atto di nascita
dell'"l'umanesimo" occidentale).
L’ESPERIENZA COME SOLDATO
Nel 431 a.C.scoppia la guerra del Peloponneso. Socrate partecipa a tre campagne
militari.
1. Già nel 432 a. C. fa parte del contingente inviato da Pericle ad assediare Potidea,
città della
penisola Calcidica che si era ribellata all'egemonia ateniese. Armato come oplita,
Socrate combatte valorosamente e salva la vita ad Alcibiade, figlio adottivo di Pericle e
futuro generale che giocherà un ruolo importante nelle scelte politiche e militari di
Atene. Meritatosi un’onorificenza per il suo atto di coraggio, farà in modo che sia
Alcibiade a beneficiarne.
2. Nel 429 aC. Pericle muore in un'epidemia di peste. Socrate, nel 424 a.C.combatte
nella sfortunata battaglia di Delio, in cui gli ateniesi perdono la possibilità di
sottomettere la Beozia.
3. Nel 422 a.C. Socrate partecipa alla sua terza impresa militare: la fase finale della
battaglia
di Anfipoli che si conclude anch'essa con la sconfitta ateniese. L'anno successivo
Atene e Sparta,
stipulano una tregua (la cosiddetta "pace di Nicia"): il filosofo può così tornare ad
Atene, da cui non si allontanerà più.
LA PROGRESSIVA FRATTURA CON LA PÓLIS
Rientrato in patria, Socrate riprende a frequentare assiduamente la piazza e il
mercato. In questi anni sposa Santippe, dalla quale avrà tre figli. Lui descrive la donna
come litigiosa, petulante e molesta: il suo carattere avrebbe messo a dura prova la
paziente capacità di sopportazione del
filosofo.
La scena politica ateniese è dominata dal brillante e spregiudicato Alcibiade, che da
giovane aveva seguito l’insegnamento di Socrate e che è nominato stratego, ovvero
comandante dell'esercito. L'accordo di pace tra Atene e Sparta viene violato e le
ostilità riprendono. Alcibiade progetta e caldeggia una spedizione in Sicilia, il cui
fallimento contribuirà a farlo allontanare da Atene.
Dopo alterne vicende la città ottiene un'importante vittoria sugli spartani presso le
isole Arginuse), ma una tempesta impedisce ai combattenti ateniesi di portare in salvo
i naufraghi sopravvissuti al conflitto. Gli otto strateghi vengono tutti condannati a
morte.
L'unico a opporsi è Socrate, che invano cerca di ricondurre i concittadini alla ragione e
all'applicazione dele regole. L'episodio mostra come Socrate scelga sempre di stare
«dalla
parte della legge e della giustizia.
IL PROCESSO E LA CONDANNA
Nel 404 a.C. la guerra del Peloponneso si conclude con la sconfitta di Atene. Sparta im-
pone ad Atene un governo oligarchico, incaricando i cosiddetti Trenta tiranni di
redigere una nuova costituzione. Fra i Trenta e i loro sostenitori ci sono anche due
amici di Socrate, gli zii di Platone, che cercano in vari modi di coinvolgere il filosofo
nella politica del governo.
Alcuni esuli democratici guidati da Trasibulo e Anito rientrano in città, rovesciano il
regime dei Trenta tiranni e riportano il partito democratico al governo.
La restaurata democrazia mostra subito una forte avversione nei confronti di Socrate,
nonostante
egli sia da sempre un democratico. Nel 399 .C. uno sconosciuto poeta di nome Meleto
consegna alle autorità giudiziarie l'accusa: “Socrate è colpevole di non riconoscere gli
dèi che la città riconosce, poiché introduce altre e nuove divinità; ed è anche colpevole
di corrompere i giovani. La pena richiesta è la morte”.
Al processo, Socrate sceglie di difendersi da solo e pronuncia un appassionato discorso
in cui confuta punto per punto le accuse. Nonostante ciò, i giurati del tribunale
popolare deliberano la sua condanna a morte.
La legge ateniese prevedeva che il condannato potesse scegliere di andare in esilio
oppure proporre una pena alternativa a quella richiesta dall'accusa, ma Socrate non si
avvale di tale diritto: con sprezzante ironia afferma che dovrebbe pretendere di essere
mantenuto a spese dello Stato nel Pritanèo. Di fronte a questa ennesima sfida, appare
inevitabile la pena di morte, da portare a compimento somministrando un preparato
velenoso a base di cicuta.
L’ESSERE UMANO COME INTELLIGENZA LIBERA
L'abbandono, da parte di Socrate, della filosofia naturalistica segna la nascita
dell'umanesimo" occidentale, cioè di quella visione filosofica che fa leva sulla
centralità del soggetto umano e sulla dignità che gli deriva dall'essere intelligenza
operante e libera.
Egli interpreta in modo nuovo la nozione di la "causa", nella convinzione che, da
indagine fisica,
la filosofia debba trasformarsi in indagine morale.
Socrate prediliga Anassagora: pur in una prospettiva strettamente fisica, questi era
stato il primo a ipotizzare una mente divina (il noús) che governa la materia in vista
del bene.
Socrate afferma che "causa" (in senso forte) è la ragione, la quale solleva gli uomini al
di sopra della realtà fisica perché valuta, decide e opera non sulla base di impulsi
sensibili e cause naturali, ma discernendo ciò che è bene da ciò che è male.
IL DIALOGO: MOMENTI E OBIETTIVI
Il metodo dell'indagine filosofica usato da Socrate è il dialogo, ovvero lo scambio e il
confronto con l'altro attraverso la parola. La ricerca di Socrate coincide con il suo
stesso dialogare, con il suo continuo porre e porsi domande senza considerare mai
definitive le riposte di volta in volta raggiunte. Il dialogo socratico presenta una
struttura ben precisa, in cui si possono distinguere due momenti: l'ironia e la
maieutica.
L’IRONIA
Nell'esame a cui Socrate sottopone gli altri la sua prima preoccupazione è di rendere i
propri interlocutori consapevoli della loro ignoranza. A questo scopo egli si avvale
dell'ironia, ovvero di un gioco di parole, di un variopinto teatro di finzioni, attraverso il
quale riesce a mettere a nudo le coscienze di coloro che gli stanno di fronte. L'ironia è
dunque il metodo specifico usato da Socrate per svelare all’interlocutore la sua
ignoranza e per gettarlo nel dubbio e nell'inquietudine, impegnandolo così nella
ricerca. Facendo ironicamente finta di non sapere, Socrate chiede al proprio
interlocutore di renderlo edotto circa l'ambito di sua competenza. Dopo una teatrale
adulazione delle conoscenze del personaggio, comincia a sommergerlo di domande e
ad avvolgerlo in una rete di quesiti. Utilizzando l'arma del dubbio e manovrando la
tecnica della confutazione, Socrate smonta le deboli e avventate riposte ottenute,
mostrandone l'inconsistenza all'interlocutore. Provocando in lui vergogna e stizza, egli
lo costringe così ad ammettere di non avere opinioni solide sull'argomento oggetto di
discussione. In questo senso il momento ironico del dialogo socratico è stato definito
"dialettico-zenoniano", in virtù delle sue analogie con il metodo "per assurdo" usato da
Zenone per mostrare la contraddittorietà e l'insostenibilità logica delle tesi sul
movimento e sulla molteplicità dell’essere. Con questo gioco di finzioni, Socrate può
raggiungere il proprio scopo principale: invogliare alla ricerca del vero. L'ironia è
dunque una specie di sofistica “nobile" che tende a purificare e liberare la mente dalle
malfondate convinzioni del vivere quotidiano, scuotendo gli esseri umani dal loro
sonno intellettuale e instillando in loro il dubbio e la sete di convinzioni autentiche.
LA MAIEUTICA
Dopo aver fatto il "vuoto" nella mente del discepolo, Socrate non si propone di
riempirla
immediatamente con una propria verità, come se lo scopo della sua ironia fosse una
sorta
di "lavaggio del cervello”. Egli non intende comunicare dall'esterno una propria
dottrina, ma soltanto stimolare l'ascoltatore a ricercare dentro sé stesso una sua
personale verità.
Esattamente in ciò consiste la maieutica, cioè l'arte di far partorire di cui parla Platone,
dicendo che Socrate aveva ereditato dalla madre la profession di ostetrico. Socrate,
ostetrico di anime, aiutava gli intelletti a partorire il loro genuino punto di vista sulle
cose.
“La mia arte di maieutico aiuta a far partorire uomini e non donne, e provvede alle
anime generanti e non ai corpi. Ed è chiaro che da me non hanno mai appreso nulla,
ma che essi, da sé, molte e belle cose hanno trovato e generato”.
In queste parole scaturisce il concetto della verità come conquista personale e della
filosofia come avventura della mente di ciascuno, si è anche visto uno dei principi
fondamentali della pedagogia: la vera educazione è sempre auto-educaz