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Mentre in diversi paesi europei si stanno già sviluppando tradizioni letterarie in lingua

volgare, in Italia, ancora fino al 1200, si scrive soltanto in latino e anche nel 1300 lo

stesso Dante scrive le opere più importanti in latino. Questo accadeva a causa del

prestigio che l’antica lingua di Roma conservava nella nostra penisola e a causa del

ruolo della Chiesa, convinta della superiorità del latino su ogni altra lingua.

Dal 1200 in poi, tuttavia, si ebbero i primi esempi di letteratura italiana in volgare.

Come ricorda De Sanctis, in Sicilia il documento più antico è la canzone di Ciullo di

Alcamo, “un dialogo tra Amante e Madonna, Amante che chiede, e Madonna che nega

e nega, e in ultimo concede”. Essa era una canzone “tirata giù tutta d’un fiato, senza

ombra di artificio e di rettorica, ancor greggia e ineducata”.

Più rilevanti erano però il “Cantico di Frate Sole” di Francesco D’Assisi (1224) o le

poesie di Jacopone.

La poesia in volgare del Duecento

Civiltà comunale, letteratura in volgare e frammentazione linguistica

Nel 1200, all’affermazione politica dei Comuni, si affiancò la nascita culturale delle

università e di un pensiero laico, più libero dalle influenze religiose. Iniziano ad

affermarsi i primi tentativi di prosa e poesia in volgare: la poesia religiosa umbra, la

poesia cortese siciliana, la letteratura morale lombarda e la poesia d’amore toscana e

frammentazione linguistica

bolognese. Tuttavia, in Italia c’era una grande , e per

questo spesso le lingue utilizzate in letteratura erano differenti, seppur con dei punti di

contatto.

Francesco d’Assisi (volgare umbro)

Come già detto, probabilmente una delle più antiche testimonianze di letteratura

temi religiosi.

italiana in volgare fu quella di Francesco d’Assisi, quindi con Egli, nato

ad Assisi nel 1181, in seguito ad una profonda crisi religiosa, nel 1204 rinuncia al

proprio patrimonio e fonda un vero e proprio ordine, detto appunto di francescani. La

radicalità delle sue scelte e il suo parlare con gli animali si impresse subito nella

“Cantico di Frate Sole”,

mente dell’immaginario popolare. Il composto fra 1224 e 1226

lodi di Dio

(anno della sua morte), è composto da assonanze e ripetizioni, e celebra le

attraverso ogni creatura: anche dolore e morte vengono accolti con serena

rassegnazione, come parte di un cammino verso la vita eterna.

Jacopone da Todi (volgare umbro)

Della sua vita si sa poco: pare che da giovane conducesse una vita scapestrata, finché

non si convertì dopo la morte della moglie. Entrò come frate laico fra i minori

francescani nel 1278 e scrisse 92 laude in volgare umbro. Alcune laude vedono la

natura come un ostacolo demoniaco sul cammino per raggiungere Dio, altre cercano

di esprimere la gioia spirituale dell’esperienza mistica.

De Sanctis lo definisce “un santo animato dal divino, in comunione di spirito con Dio,

la Vergine, i santi e gli angeli, che parla loro con tutta dimestichezza, e li dipinge con

perfetta libertà d’immaginazione, co’ particolari più pietosi e più affettuosi che sa

trovare una fantasia commossa dall’amore”. “Iacopone concepisce il divino vestito di

tutte le apparenze e gli affetti umani”, anche se “quella mescolanza di divino e di

terreno non è ben fusa”.

“Accanto a questa vita religiosa ancora immediata, spunta la vita morale, anch’essa

nella sua forma immediata e primitiva: il motto rimato, la più antica forma di poesia

nel nostro volgare.”

La Scuola Siciliana

La poesia provenzale d’oc esercita una potente influenza sulla lirica italiana del 1200,

Federico II di Svevia,

in particolare presso la corte imperiale siciliana di fiorente centro

di produzione poetica ispirata alla lirica dei trovatori, che prende il nome di Scuola

Siciliana.

Federico II salì al trono nel 1220 e il suo intervento nel campo della cultura si deve ad

un proposito di laicizzazione e sincretismo religioso. La Scuola raccoglieva poeti di

varia provenienza, che si cimentavano nella ripresa e rielaborazione dei temi e della

tecnica letteraria dei provenzali.

Per il suo carattere essenzialmente letterario, i temi della Scuola Siciliana non

amore

riguardavano la politica, ma si basavano unicamente sul tema dell’ , nell’ambito

di alcuni schemi fissi di matrice trobadorica.

L’amore e la donna sono celebrati nella cornice di una visione laica, lontana dall’idea

di peccato o di angelizzazione della donna. Tuttavia, mentre nella lirica provenzale era

importante il rapporto di vassallaggio tra la donna-matrona e l’uomo-servo, qui è

invece rilevante l’effetto che la donna produce nell’uomo, quindi in primo piano ci

sono i sentimenti dell’uomo. L’immagine della donna corrisponde spesso a canoni

tradizionali di bellezza, dunque il senhal non era necessario.

Jacopo da Lentini, inventore del

Il poeta siciliano più importante è sicuramente

sonetto; Pier della Vigna; Guido delle Colonne, di cui tuttavia De Sanctis ricorda la

mancanza di sentimento in favore di un “artificio puramente letterario e a freddo”. A

questa Scuola si associa spesso anche Cielo d’Alcamo, che De Sanctis ritiene essere

l’autore del primo documento italiano in volgare di cui siamo in possesso.

La lirica toscana

Nella seconda metà del ‘200 fiorisce in Toscana una poesia ispirata da una parte alla

lirica provenzale, dall’altra alla Scuola siciliana, di cui trae temi e motivi per riadattarli

a una realtà sociale e politica diversa.

Con la morte di Federico II e del figlio Manfredi, l’asse culturale si spostò in Toscana

assieme a quello politico. I temi ed i registri stilistici della lirica toscana sono molto vari

e forse hanno come unico elemento unificante il comune riferimento alla poesia

siciliana.

La lirica toscana si occupa di amore, ma anche di tematiche religiose e morali. Lo

tema amoroso prospettiva nuova,

stesso è considerato in una come quella del

matrimonio. scrittore-cittadino

Rispetto al modello siciliano, il poeta diventa uno , spinto spesso a

spazio civile e politico.

parlare di fatti concreti e attuali: il poeta opera dunque in uno

Da tali premesse nasce l’esigenza di Guittone d’Arezzo di usare un linguaggio più teso

e dalla complessa orditura logica, tant’è che De Sanctis lo definisce “non un poeta, ma

un sottile ragionatore in versi, senza quelle grazie e leggiadrie che con sì ricca vena

d’immaginazione ornano i ragionamenti di Guinicelli.” Questo aspetto civile della lirica

toscana potrebbe far presagire il futuro interesse di Dante a scrivere di fatti attuali.

tema religioso

Anche il viene affrontato in modo particolare, visto che non viene

declinato in una prospettiva teologica, ma più in problematiche di tipo etico-politico.

Il Dolce Stil Novo

Origine del nome e temi principali

“Dolce Stil Novo”

L’espressione si deve a Dante, che nel Purgatorio la fa pronunciare

da Bonagiunta Orbicciani, quando questi gli chiede se ne è lui l’iniziatore, e Dante

risponde delineando modestamente le differenze fra la propria poetica (egli scrive

quando Amore lo ispira) e quella dei guittoniani e dei siciliani.

Nella metafora di Amore che “ditta dentro”, dunque, viene espressa la novità di una

poesia che, sul piano del contenuto, aspira a derivare direttamente dal cuore dominato

dall’amore: “se vogliamo trovar Dante, dobbiamo cercarlo qui, fuori della sua

coscienza, nella spontaneità della sua ispirazione” (De Sanctis). novità

Basandoci però sul nome stesso di “Dolce Stil Novo”, esso evidenza la del suo

stilistico, dolcezza

carattere dato che Dante parla di una che consisterebbe nella

fluidità del dettato e nella chiarezza della lingua. Lo stile dolce non è realistico né

medio,

sublime: è e può essere detto “novo” se paragonato alla rozzezza dei

precedenti toscani.

Sul piano ideologico, la novità del Dolce Stil Novo sta nella nuova concezione della

gentilezza, cioè della nobiltà: essa non è basata sul sangue, ma è spirituale e si rivela

nella predisposizione ai buoni costumi e alla virtù. A una gentilezza tale si connette la

possibilità di provare l’amore, esperienza riservata soltanto a chi sia, per natura,

nobile. L’amore è infatti il tramite necessario per una maturazione morale e religiosa.

L’amore e il cuore gentile possono essere considerati uno l’accompagnatore dell’altro.

donna

La , oggetto dell’amore, è priva di concrete determinazioni fisiche, ed è

eterea,

presentata piuttosto come una figura come ricorda anche De Sanctis: “uno

sguardo, un saluto è tutta la storia di questo amore. Beatrice morì angelo, non ebbe

tempo di divenire una passione, rimase un sogno ed un sospiro. Appunto perché

Beatrice ha così poca realtà e personalità, esiste più nella mente di Dante che fuori di

quella”. “Beatrice non la vedi mai. Ella è come Dio, nel santuario. Non la vedi, ma senti

la sua presenza in quel mondo tutto pieno di lei”.

miracoloso effetto sull’uomo,

La donna ha un indirizzandolo verso il bene e

garantendogli dunque la salvezza dell’anima. “La vita e la morte di Beatrice non è in

lei, ma negli altri, in quello che fa sentire.”

Ha una funzione salvifica, quasi di intermediaria tra uomo e divinità, ecco perché

spesso gli stilnovisti si abbandonano a teorie teologiche e filosofiche.

Cino da Pistoia,

Stilnovista importante fu amico di Dante, dalla poesia meno originale

di quella di Cavalcanti e meno profonda di quella di Dante, ma famosa per la sua

musicalità.

Guido Guinizelli

Il fondatore del gruppo o della “scuola” può essere considerato Guinizelli, come già

Dante riconosce nel Purgatorio. Bolognese, di parte ghibellina (fedele all’Impero), si

dedica all’attività poetica più per nobile diletto che per severa coscienza d’arte.

Nonostante all’inizio si rifaccia a Guittone, poi si distacca e le novità della sua poesia

risultano subito evidenti, e il guittoniano Orbicciani lo accusò giustamente di aver

adoperato, nella sua nuova poesia, una troppo complessa elaborazione concettuale-

dottrinale, oscurando la chiarezza e la grazia. Infatti, la cultura di Guinizelli derivava

dai suoi studi bolognesi, e De Sanctis ricorda come egli attingesse da fisica,

astronomia, fenomeni della natura, e nella lirica “Al cor gentil ripara semp

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
7 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nica.sara di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Macerata o del prof Melosi Laura.