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Estratto del documento

Il modello di Lewis è un modello di sviluppo economico e non

soltanto di crescita. Il modello di Lewis ha il pregio di tenere in

considerazione la situazione economica complessiva dei paesi in via di

sviluppo: disoccupazione e sottoccupazione delle risorse (particolarmente

di lavoro) e struttura economica dualistica (settore tradizionale contro

settore moderno). Questo è un modello classico perché usa l’ipotesi classica

del salario di sussistenza.

Il trasferimento del surplus di lavoro dal settore tradizionale al settore

moderno avviene quando gli imprenditori del settore moderno possono

continuare a pagare ai lavoratori trasferiti uno stipendio appena superiore a

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quello di sussistenza a causa dell’offerta illimitata di lavoro dal settore

tradizionale. I profitti e quindi l’investimento nel settore moderno

continueranno ad aumentare e far crescere il settore moderno. Questo

processo continuerà fino a consumare il surplus di lavoro nel settore

tradizionale, allorché anche i lavoratori nel settore tradizionale

cominceranno ad essere remunerati in ragione del loro prodotto marginale

piuttosto che un salario di sussistenza.

L’esistenza del surplus di lavoro è all’origine dell’accumulazione di

capitale nel settore moderno in quanto (a) l’investimento non viene corroso

dall’aumento dei salari poiché i lavoratori sono ancora pagati un salario

poco più che di sussistenza e (b) il surplus agricolo medio nel settore

tradizionale verrà indirizzato verso il settore moderno per favorire ancor più

rifornimento di capitale (per esempio, nuove tasse imposte dal governo o

risparmi dei lavoratori del settore tradizionale depositati nel sistema

bancario). Nel modello di Lewis, il risparmio e l’investimento sono il

motore dello sviluppo economico, alla maniera di Harrod-Domar (e di

Keynes) ma nel contesto dei paesi meno sviluppati. L’importanza di

cambiamento tecnologico viene non solo sottolineata per aumento della

produttività nel settore moderno ma anche per promuovere una maggiore

produttività nel settore tradizionale così da liberare più lavoro possibile per

il trasferimento. 5

Il Modello

Nel modello di Lewis vi sono due fondamentali flussi di risorse:

dall’agricoltura verso l’industria vi è un flusso di offerta di lavoro assieme

ad un flusso di offerta di beni agricolo-alimentari; dall’industria verso

l’agricoltura vi è un flusso di inputs e un flusso di beni di consumo finali.

L’economia è duale: un settore tradizionale (agricoltura) e un settore

moderno (industria). Il settore tradizionale offre lavoro che il settore

moderno assorbe. Questo processo è lento perché, particolarmente

all’inizio, l’offerta di capitale nell’industria (il motore dello sviluppo) è

limitata. Una volta che i risparmi sono mobilizzati e incanalati verso

l’investimento (keynesianamente), questi possono venire accumulati (in un

processo alla Harrod-Domar).

Nel settore tradizionale, vi è un’ampia offerta eccedente di

manodopera che può venire trasferita ad un costo opportunità nullo in

quanto il prodotto marginale del lavoro è zero. La funzione di produzione

di un’azienda familiare è tale che, essendo l’ammontare di terra fisso, i

rendimenti del fattore lavoro sono decrescenti. Oltre il punto A, nella figura,

il prodotto marginale del lavoro è nullo, ovvero il contributo al prodotto

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totale è nullo. Se la quantità di lavoro utilizzata nell’azienda diminuisce da

B ad A, il prodotto totale non cambia.

Il surplus di forza lavoro occorre comunemente alla presenza di sovra-

popolazione e sotto-occupazione. La domanda, piuttosto, è: come può

il lavoro avere produttività marginale nulla ed essere in ogni modo

“assunto”, vale a dire occupato nell’azienda agricola? Il salario è dunque

nullo? Il settore agricolo tradizionale in realtà non solo ricorre a metodi

tradizionali di produzione, ma anche di organizzazione aziendale: le aziende

agricole guardano ai salari come costi di produzione che vanno sottratti ai

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ricavi le aziende agricole (familiari) calcolano il proprio ricavo (reddito)

totale come somma di tutti i ricavi: il salario di ognuno dei membri settore

tradizionale, vi è un’ampia offerta eccedente di manodopera che può venire

trasferita ad un costo opportunità nullo in quanto il prodotto marginale del

lavoro è zero. La funzione di produzione di un’azienda familiare è tale che,

essendo l’ammontare di terra fisso, i rendimenti del fattore lavoro sono

decrescenti. Oltre il punto A, nella figura, il prodotto marginale del lavoro è

nullo, ovvero il contributo al prodotto totale è nullo. Se la quantità di lavoro

utilizzata nell’azienda diminuisce da B ad A, il prodotto totale non cambia.

E’ quello di surplus di forza lavoro un concetto con un reale

significato? Può il lavoro “ridondante” o in eccesso davvero essere

considerato un surplus che può essere trasferito dal settore agricolo senza

alcuna perdita nell’output totale, cioè a costo nullo?

Il concetto di surplus di lavoro è un concetto tecnologico: troppo input di

lavoro in rapporto ad altri input. Ma è possibile che input di lavoro siano

inutili e non aggiungano nulla? Vi sono due ampie definizioni di surplus di

lavoro:

Surplus di lavoro che produce surplus di prodotti alimentari: quanti

lavoratori possono essere rimossi senza diminuire il surplus di prodotto

agricolo, o addirittura aumentandolo per nutrire coloro che lasciano il settore.

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Disoccupazione nascosta: fin tanto che altre attività hanno un

prodotto marginale inferiore al prodotto medio dell’azienda agricola

familiare non vi è alcun incentivo a lasciare il settore . Nel settore

tradizionale c’è disoccupazione nascosta e anche surplus di lavoro

proprio. Il salario corrisponde al ricavo (prodotto) medio – una forma di

divisione equa del reddito familiare. Il settore industriale, invece, è

capitalistico e minimizza i costi. Il salario è uguale al costo marginale

per l’impresa.

La crescita economica (la nascita e l’espandersi di imprese

industriali) può avvenire grazie al trasferimento di forza lavoro

dall’agricoltura all’industria e il contemporaneo trasferimento di surplus

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di cereali e prodotti agricoli per sostenere quella parte di forza lavoro

occupata in attività non agricole. L’accumulazione di capitale nel

settore industriale è il motore della crescita: più capitale significa

maggiore domanda di lavoro e la conseguente migrazione di

popolazione dalle aree rurali a quelle urbane industriali. L’offerta di

lavoro è, perché tutto questo funzioni, perfettamente elastica (almeno

all’inizio).

Nella figura, sull’asse orizzontale viene presentata la forza lavoro

totale, divisa fra agricoltura e industria: da sinistra (da 0) verso destra

viene misurata la forza lavoro impiegata nell’industria, mentre da destra

(da 0’) verso sinistra, viene misurata la forza lavoro impiegata in

agricoltura. In maniera corrispondente, la curva discendente da sinistra

(curva verde) rappresenta la produttività marginale del lavoro

nell’industria (curva di domanda di lavoro nell’industria), mentre la

curva discendente da destra (curva rossa) rappresenta la produttività

marginale del lavoro nell’ agricoltura, che, a causa dell’eccesso di

lavoro in questo settore, presenta un tratto orizzontale.

Inizialmente nell’agricoltura i lavoratori guadagnano un salario di

sussistenza pari ad m, posto uguale alla parte costante della produttività

marginale del lavoro(salario medio), mentre possono spuntare un salario

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pari ad w nel settore industriale. Poiché w>m, vi è un incentivo a

migrare nell’industria.

Per ipotesi, gli imprenditori investono tali profitti in nuovi

macchinari, impianti , per cui la curva di domanda di lavoro

aumenta, a parità di salario w, cioè si sposta verso destra; anche

con questa seconda curva gli imprenditori realizzano profitti e

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Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
12 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gigi1023 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di economia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Pomini Mario.