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Y=AN
- lavoratori N,
- tecnologia A, produttività del lavoro. Rapporto tra
produzione e numero lavoratori impiegati.
→ così si produce y
Domanda beni: C+I+G
Facciamo che a sia uguale a 1, quindi Y=N →un lavoratore
produce un’unità di produzione in più, il costo di realizzare
questa unità in più è uguale al salario W. Costo marginale di
produzione =W.
Il prezzo a cui si vende un bene? Come funzionano le aziende
che producono i microfoni?
→ P= (1 + m) w
- se i profitti m sono zero, i prezzi sono uguali ai costi
(=salari). m=0 → mercati perfettamente competitivi,
però l’economia è piena di monopoli.
m = markup → margine di profitto, quota del profitto per
remunerare l’impresa
Mettiamo insieme l’equazione dei prezzi (usiamo quelli
effettivi) e l’equazione dei salari
W= Pf(u,z)
il livello dei salari è uguale a quella dei prezzi per quella
funzione di disoccupazione → si divide tutto per i prezzi
Abbiamo il salario reale, W/P.
W/P = f(u,z)
Relazione negativa tra il salario reale e il tasso di
disoccupazione u.
Mettiamo insieme le 2 equazioni di salari e prezzi e vediamo
che i salari reali e i profitti (1+m) sono la stessa equazione.
Se i salari dipendono dal livello dei prezzi (guardando quelli
di domani), ma se i prezzi dipendono dal livello dei salari (si
guardano quelli di oggi e si aggiunge m).
Dividiamo entrambi i lati per il salario:
P/W = 1+m
Per ottenere il salario reale invertiamo
W/P = 1/1+m
Un aumento del markup fa aumentare i prezzi che fanno
diminuire il salario reale (markup in sostanza aumenta i prezzi
dei prodotti, poi lo aumenteranno anche le altre imprese,
aumentano tutti i prezzi, percepite lo stesso salario nominale
ma quello reale scende)
I salari e i profitti sono inversamente proporzionali, lo si
capisce se si guardano separatamente le due equazioni
- i salari dipendono dai prezzi
- i prezzi sono i salari più markup (profitto)
→ quanto più c’è m, quindi quanto più c’è profitto, tanto
meno c’è salario.
grafico che mette le due equazioni
- (1+m) w → equazione dei prezzi, m=ricarico dei
profitti, markup
- equazione dei salari → disoccupazione, l’equazione del
salario è la funzione della disoccupazione
Cosa c’entra il mercato del lavoro nella fissazione finale dei
prezzi e dell’inflazione?
abbiamo detto che l’equazione dei prezzi e salari stanno
insieme
→ in tutto questo cosa si determinano?
- salari
- prezzi
- disoccupazione (i salari dipendono negativamente dalla
disoccupazione, una volta che so i prezzi e i salari so
anche il livello di disoccupazione, il livello dei prezzi
dipende dai salari)
L’equilibrio nel mercato del lavoro implica che il salario reale
risultante dall’equazione dei prezzi e quello risultante
dall’equazione dei salari siano uguali:
viene fuori questa funzione, f z-u
F (u, z) → è il salario reale
dall’altra parte è l’equazione dei prezzi → 1/1+m
Poi si fissa anche il tasso di disoccupazione, che si chiama
tasso di disoccupazione naturale Un → quello di equilibrio,
dove si incontrano le due equazioni.
Il tasso di disoccupazione d’equilibrio deve essere tale per cui
il salario reale scelto nella determinazione dei salari sia uguale
al salario reale derivante dalla fissazione dei prezzi.
Tasso di disoccupazione di equilibrio → tasso naturale di
disoccupazione. E’ una costante di natura, non soggetta alla
politica economica.
- Se aumentiamo z, il sussidio di disoccupazione (F uz)
→ aumentano i salari reali, si sposta tutta la curva e
sale il tasso naturale di disoccupazione. Perché è
necessario un tasso di disoccupazione superiore per
riportare il salario reale al livello che le imprese sono
disposte a pagare.
- se aumentiamo il tasso di profitto (p=1+m w)
dell’economia (economia più monopolista), se aumenta
m→, scende la curva WS, il tasso di disoccupazione
naturale aumenta e i salari reali scendono → rapporto
salari e profitti sono inversamente proporzionali, se uno
sale l’altro scende. Se m (ricarico profitti) sale,
disoccupazione sale e salari scendono. E’ necessaria una
disoccupazione naturale più elevata per far accettare un
salario più basso.
Capitolo 8
Curva di Phillips (60 anni fa)
→ relazione tra tasso di inflazione dei prezzi e tasso di
disoccupazione (relazione negativa, non troppo)
- disoccupazione è correlata a y (produzione) →
determina direttamente y. Ma sul mercato del lavoro si
determinano direttamente anche i prezzi.
- Tendenzialmente → disoccupazione bassa → inflazione
alta, disoccupazione alta → inflazione bassa
Infatti la teoria diceva che con disoccupazione alta i salari
sono bassi, vengono facilmente a lavorare, i prezzi saranno
bassi → relazione inversa, negativa
Mettiamo insieme salari e prezzi
W = Pe F(u, z)
W → salario nominale dipende da prezzi attesi e
negativamente dal tasso di disoccupazione e dalla variabile z
(altri fattori che influenzano i salari)
P = (1+m)W
P → dipende dai salari e dal markup
F(u,z) = 1- αu + z
(alfa è un numero che esprime l’ampiezza dell’effetto della
disoccupazione sul salario) → forma lineare
→ quanto maggiore è il tasso di disoccupazione, tanto minore
è il salario. Maggiore è z, maggiore è il salario.
W = Pe (1-αu+z)
mettendo insieme le due equazioni sopra notiamo la relazione
tra i prezzi e y, capiamo da dove viene l’inflazione, i prezzi →
si chiama già curva di phillips
P = Pe (1 + m) (1 – αu + z )
→ relazione tra livello dei prezzi, livello atteso dei prezzi e
il tasso di disoccupazione
I prezzi di oggi sono uguali ai
- prezzi attesi domani
- moltiplicati per il markup
- moltiplicati per la funzione negativa di u,z
pi greco →inflazione, tasso di crescita dei prezzi
p = prezzi (livello)
livello produzione → numero
tasso di crescita pil → differenza percentuale da un anno
all’altro
→ relazione tra tasso di inflazione, inflazione attesa e tasso
di disoccupazione.
π = tasso di inflazione
1) l’inflazione viene dall’inflazione attesa (si guarda
sempre agli anni dopo, dipende già dall’inflazione di
domani), positivamente. Inflazione attesa → livello dei
prezzi attesi domani. Una maggiore inflazione attesa
comporta un’inflazione effettiva più elevata.
2) aumento del markup e z (tutto quello che fa aumentare
i salari generali, salario minimo..) portano a un
aumento dell’inflazione. Fanno aumentare il livello dei
prezzi
3) negativamente dalla disoccupazione. Una riduzione del
tasso di disoccupazione u porta a un aumento
dell’inflazione effettiva.
Tutto dipende sempre dal mercato del lavoro.
questa equazione vale anche nel tempo t → tasso di
disoccupazione e inflazione
m e z sono + stabili quindi non si mette t, non cambia tutti gli
anni, le trattiamo come costanti.
Prima teoria, approssimazione:
di quell’equazione non conosciamo l’inflazione attesa, i prezzi
di domani, dobbiamo stimarlo.
L’inflazione di domani la prendiamo come un numero fisso: pi
greco sopra segnato → numero esogeno, è un numero.
Versione originaria della curva di Phillips, l’originaria.
→ Questa formula si chiama CURVA
DI PHILLIPS. Si deve osservare quindi una relazione
negativa tra l’inflazione e la disoccupazione.
pi greco t → inflazione di oggi. Trade-off.
USA
negli anni 60
quando fu inventata
la curva di phillips,
questi sono i punti.
64 basso
disoccupazione alta
inflazione….
Relazione
effettivamente negativa tra inflazione e disoccupazione,
sembra che la teoria sia giusta guardando i dati degli anni 60.
Purtroppo anni 70-
80:
non c’è più la
relazione
negativa, non
funziona più quindi
la teoria
dell’inflazione? Il
trade-off tra tasso di inflazione e disoccupazione scompare.
Nuvola vagamente simmetrica.
Si prova ad aggiustare la teoria.
Perché la vecchia, originaria teoria non funziona più negli
anni 70-80?
Anni 70/80→ periodo generale di alta inflazione, molto più
alta di quella che c’è adesso (Inghilterra molto elevata)(i modi
di oggi per abbassare l’inflazione sono presi dalla curva di
Phillips). (perché si abbassano i tassi di interesse per
combattere l’inflazione? Se li alzo scendono gli investimenti,
domanda scende)
Quindi c’erano tassi di interesse molto alti. Perché non
funzionava più la curva di Phillips?
- il tasso di inflazione divenne più persistente → un anno
di inflazione elevata sarebbe stato seguito da un altro
anno di inflazione ancora elevata (ci aspettiamo
l’inflazione di oggi domani). Quindi gli individui e le
imprese nel momento in cui dovevano formare le proprie
aspettative sull’inflazione futura, iniziarono a tenere in
considerazione la persistenza dell’inflazione.
Il pi greco expected di domani: inflazione attesa
Inflazione attesa quest’anno dipende da:
- pi greco esogeno → valore costante con peso 1-Ө
- inflazione dell’anno precedente con peso Ө (un suo
aumento comporta, con peso Ө, un aumento
dell’inflazione nell’anno t.
- Ө effetto inflazione passata su quella corrente attesa
Quanto maggiore è teta, tanto più l’inflazione passata
spinge i lavoratori a rivedere le proprie aspettative
sull’inflazione futura.
Se teta è uguale a 0 torniamo alla formula originale, se teta
è uguale a 1 tutta l’inflazione di oggi sarà uguale
all’inflazione di domani → pi greco t è uguale a pi greco t-1 e
quindi la disoccupazione non influenza l’inflazione ma
piuttosto la sua variazione, comporta un’inflazione
decrescente o crescente.
Negli anni 70/80 l’equazione giusta è questa.
- Quella di prima diceva che l’inflazione è uguale al 2% pi
greco t (domani sarà il 2%) perché l’inflazione non era
persistente e quindi era ragionevole che le imprese e i
lavoratori ignorassero l’inflazione passata ma
assumessero che l’inflazione fosse costante. In quel
periodo Ө si avvicinava allo zero
- qui pi greco atteso è uguale al pi greco di oggi, se oggi è
10 domani sarà 10. Inflazione pi&ugr