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Renzo si insospettisce e rifiuta di dargli i suoi dati.
● Renzo ha visto come le autorità (i signori con lo stemma) usano le “gride” per
scopi oppressivi, e si chiede perché abbiano loro il potere di “usare la penna”,
ossia di emettere editti che danneggiano il popolo.
● I signori fanno quello che vogliono con le parole, manipolandole a loro
vantaggio, e usano la loro posizione per imporre editti che il popolo non comprende
o non riesce a contrastare—> POTERE DELLA PAROLA (tematica presente anche
in 1984 di George Orwell)
● Renzo usa la metafora del “figliuolo”, che viene deriso da chi sa usare meglio la
lingua. In questo contesto, il figlio rappresenta il popolo ignorante, mentre chi
padroneggia la lingua rappresenta i potenti che manipolano la legge e le parole
a proprio favore.
● Uno dei clienti dell’osteria fa una battuta ironica sulla situazione, e Renzo lo definisce
un “poeta” con tono sarcastico, intendendo che ha un “cervello bizzarro” per le sue
idee e parole fuori dal comune—>Tuttavia, Manzoni non intende screditare i veri
poeti, bensì evidenziare la differenza tra l’uso serio e creativo della lingua e
quello bizzarro e superficiale.
Le parole possono essere infilzate sulla carta
● Renzo riflette sul potere della parola scritta, che può essere “infilzata” sulla
carta e poi usata in modo improprio o manipolato dai potenti. Questo passaggio
esprime l’idea che chi detiene il potere può prendere le parole dette, piegarle a suo
favore e usarle contro chi le ha pronunciate.
Parola orale e parola scritta
● C’è una distinzione tra la parola orale e quella scritta. Nel contesto sociale di Renzo,
la parola orale (il parlare del popolo) sembra avere più immediatezza e prevalere in
certi contesti, ma la parola scritta (le leggi, le gride) ha il potere definitivo e può
essere usata per opprimere.
● Don Abbondio è un esempio di qualcuno che usa la parola per confondere e
gettare “fumo negli occhi” alle persone, cercando di evitare responsabilità e
manipolare la situazione a suo favore.
La folla e il comportamento sociale
● MANZONI RIPUDIA LA VIOLENZA—> Manzoni, attraverso la narrazione, mostra la
sua condanna della violenza. Questa condanna nasce anche da un episodio reale a
cui aveva assistito: il linciaggio del ministro delle finanze Giuseppe Prina, che fu
ucciso dalla folla a Milano nel 1814→ La folla aveva prima malmenato Prina con
ombrelli e poi lo aveva trascinato per le strade della città fino a ucciderlo.
● Renzo osserva la folla come una forza che non si può governare, e la paragona a
una goccia d’acqua che, gradualmente, si trasforma in un fiume, poi in un torrente,
e infine esonda. È una metafora per la forza distruttiva della folla quando perde
il controllo.
● Renzo riflette sul fatto che, se il popolo riuscisse a capire meglio e a regolarsi,
potrebbe evitare di essere ingannato o oppresso. Tuttavia, nella realtà, la folla
spesso non sa come comportarsi e viene manipolata facilmente.
Renzo nell’osteria e “il vino che parla”
● All’osteria, Renzo inizia a parlare sotto l’influenza del vino, e Manzoni sottolinea che
è la prima volta che un uomo del popolo, come Renzo, prende la parola in
modo così incisivo. Il vino, però, fa emergere la sua parte impulsiva.
Manzoni: scrittore della Provvidenza
● Manzoni viene spesso definito lo “scrittore della Provvidenza”, poiché nelle sue
opere emerge la convinzione che la Provvidenza divina guida le vicende umane,
anche quelle più caotiche o dolorose.
● Nonostante la sua fede, Manzoni aveva radici illuministe, essendo influenzato da
pensatori come Cesare Beccaria, che criticava le ingiustizie e promuoveva la
razionalità e la giustizia sociale.
Manzoni e la storia sociale
● Manzoni affronta temi sociali nel romanzo, mettendo a confronto i poveri (come
Renzo e Lucia) e i signori (come Don Rodrigo). La storia di Promessi Sposi è quindi
anche una riflessione sulle disuguaglianze sociali e sui meccanismi di potere.
La lingua come fatto sociale
● La lingua, secondo Manzoni, è un fatto sociale: essa riflette la società e le sue
dinamiche. I cambiamenti nella società emergono anche attraverso i cambiamenti
della lingua, e quando c’è un problema sociale, questo si manifesta nella lingua
stessa.
● La lingua è lo strumento con cui la società si esprime e, allo stesso tempo, cerca
di rompere i limiti imposti dalla storia e dalla tradizione.
Leo Spitzer e la critica stilistica
● Leo Spitzer, un critico austriaco, ha inaugurato la “critica stilistica”, un metodo di
analisi che si concentra sullo stile di un autore.
● Spitzer descrive il momento in cui, leggendo un autore, si verifica un “click”, ossia
un’illuminazione improvvisa che ti fa comprendere il suo stile e la sua lingua.
Riflessioni sulla lingua e la società
● Nel suo saggio del 1963, Storia linguistica dell’Italia unita, De Mauro
approfondisce la relazione tra lingua e società, proseguendo la riflessione iniziata
da studiosi come Migliorini negli anni ’60.
● La linguistica è anche una scienza sociale: la lingua cambia in risposta ai
mutamenti culturali e sociali.
De Mauro propone diversi criteri per analizzare il cambiamento linguistico:
● Diacronia (variazione nel tempo),
● Diatopia (variazione geografica),
● Diastratia (variazione sociale),
● Diamesia (variazione legata al mezzo di comunicazione),
● Diafasia (variazione legata al contesto comunicativo).
Leopardi e la maestria linguistica
● Giacomo Leopardi era molto abile nel riconoscere e manipolare le caratteristiche
linguistiche di diversi periodi storici. Scrisse un falso storico così credibile che riuscì a
ingannare persino suo padre, grazie alla sua padronanza delle variazioni diacroniche
della lingua.
Benvenuto Terracini
● Benvenuto Terracini, un linguista di origini ebraiche, insegna linguistica all’Università
di Milano nel 1938. Tuttavia, a causa delle leggi razziali promulgate nello stesso
anno, è costretto a lasciare l’insegnamento.
● Emigrato in Argentina, Terracini scrive l’opera Conflitti di lingua e cultura, in cui
esplora il rapporto tra lingua e cultura da un punto di vista inedito, quello argentino.
● Tornato in Italia, Terracini pubblica questo libro anche in italiano, suddiviso in tre
capitoli:
1. Come muore una lingua: la lingua muore quando l’ultimo parlante scompare e la
lingua si evolve o si muta in un’altra. Usa la metafora della scala, dove ogni gradino
(lingua) è collegato al precedente e al successivo.
2. Il problema della traduzione: esistono concetti e modi di dire che sono difficili da
tradurre tra lingue. Tradurre non è solo trasferire le parole da una lingua a un’altra,
ma richiede un’attenta considerazione dei significati culturali.
3. Lingue e cultura: la lingua è profondamente connessa alla cultura. Terracini analizza
come le comunità in Argentina, con diverse lingue e culture, si interfacciano con
questo problema.
La difficoltà della traduzione
● Tradurre è un atto complesso, poiché alcune espressioni idiomatiche o concetti
culturali sono intraducibili da una lingua all’altra (es. modi di dire).
● Il traduttore, secondo Terracini, deve essere umile e “invisibile”, e il suo lavoro deve
essere considerato come un’opera di mediazione tra le lingue, senza protagonismo.
● Ogni parlante attribuisce significati soggettivi alle parole—> fare uso del linguaggio è,
in un certo senso, già un’operazione di traduzione, poiché implica adattare significati
e concetti in base al contesto.
● Autobiografia linguistica: racconto di sé attraverso le lingue che si conoscono e si
usano. La semantica deve tenere conto delle emozioni e dei significati che ciascuno
attribuisce alle parole che utilizza.
Bruno Migliorini - Storia della lingua italiana
(1960)
● Pubblicato nel 1960, in occasione del millenario del Placito capuano, il primo
documento latino con testimonianze in volgare.
● Migliorini include nel libro la prima pagina del Convivio di Dante, con una miniatura.
Questo trattato filosofico scritto in volgare, destinato a un pubblico ampio, è il primo a
trattare questioni morali e teologiche in questa lingua.
● Dante ha creato un lessico del pensiero e una sintassi per esprimersi in volgare,
stabilendo la possibilità di utilizzare questa lingua per argomenti elevati, che prima
venivano trattati solo in latino.
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Traduzione e diversità delle lingue (Terracini)
● Nel suo terzo capitolo, Lingue e cultura, Terracini sottolinea come la traduzione riveli
la diversità e i limiti delle lingue.
● L’italiano è rimasto per secoli la lingua degli scritti e dei vocabolari, mentre i dialetti
erano la lingua d’uso quotidiano.
● Per scrivere, era necessario utilizzare un’altra lingua (italiano, fiorentino, toscano),
poiché i dialetti erano considerati insufficienti per la scrittura letteraria.
● L’italiano è quindi una lingua appresa, non nativa per molte persone.
Evoluzione fonetica dell’italiano
● La fonetica dell’italiano deriva dal fiorentino del XIII-XIV secolo, con alcune modifiche
introdotte da Dante.
● Prima che il toscano diventasse lingua di riferimento, altri volgari come il veneto o il
milanese erano considerati alla pari.
● Nel 1525, Pietro Bembo, con le Prose della volgar lingua, ha stabilito che il fiorentino
diventasse la lingua standard della nazione italiana, riducendo gli altri volgari a
dialetti.
Fonema e coppia minima
● Coppia minima: due parole che differiscono per un solo suono (esempio: “mare” e
“pare”).
● Il fonema è l’unità di suono che distingue una parola dall’altra.
Realizzazione scritta dei fonemi
● I fonemi trovano una realizzazione scritta nei grafemi (le lettere). Alcuni esempi:
● “Fiume” → aggettivo “fluviale” (FL- conservato dal latino).
● “Legno” → aggettivo “ligneo” (vocale “i” conservata dal latino).
● “Vetro” → aggettivo “vitreo” (vocale “i” conservata dal latino).
● Gli aggettivi sono più conservativi rispetto al latino, specialmente in contesti colti
(storia dell’arte, romanzi).
Due livelli di evoluzione della lingua
● Esistono due livelli di evoluzione nella lingua italiana:
1) Evoluzione popolare: il normale svilupp