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Due pensatori diversissimi, hanno in comune la Critica nei confronti dell'idealismo, con una
differenza fondamentale:
● Schopenhauer dileggia l'idealismo senza mettere in discussione particolari tematiche
● Kierkegaard fa una critica sistematica.
Schopenhauer:
Arthur Schopenhauer Nacque a Danzica, nella sua vita fece diversi viaggi per comprendere
la natura umana, si laurea all'università di berlino e segue le lezioni di Fichte, subendo
numerose influenze dai pensatori del tempo, considerando però Kant il miglior filosofo di
ogni tempo.
Durante la sua vita non ebbe nessun tipo di successo, ma in seguito ai moti del 48 iniziò
l'epoca del pessimismo, che fece ottenere uno spazio importante al suo pensiero.
Influenze
Platone: La Teoria delle Idee suscita in Schopenhauer un fascino incredibile, le idee sono
intese come forme eterne sottratte all'imperfezione del mondo;
Kant: Da Kant Schopenhauer ricava l'impostazione soggettivistica della gnoseologia che
mette al centro l'io penso;
L'illuminismo Francese: Di questo lo interessano il filone Materialistico e dell’Ideologia,
secondo cui sensibilità e psiche devono essere ricondotte alla funzionalità del sistema
nervoso. Rimane anche colpito da Voltaire per il suo destrutturare ogni tipo di certezza
(Tendenza Demistificatrice), sicuramente in linea con il suo modo di pensare, sempre in crisi;
Idealismo (negativo): L’idealismo è aspramente attaccato da Schopenhauer, che lo
definisce la “Filosofia delle Università”, pur non portando a compimento una critica
sistematica, lui critica il cardine dell'idealismo: Hegel. Definendolo mercenario dello stato e al
servizio dei potenti, il quale ha venduto la sua anima per il potere. Sarà poi con Kierkegaard
che avremo una critica sistematica dell’Idealismo;
Filosofia Orientale: Questa venne sopravvalutata in passato, visto che molti credettero al
tempo che la filosofia orientale avesse avuto un'importante influenza. Ai nostri tempi
consideriamo queste similitudini anzi che influenza, una sorta di Sintonia.
nonostante lui ne ammirasse la delicatezza, la sensibilità e la profondità, le idee simili a
quelle orientali vennero elaborate prima del suo contatto con la filosofia orientale.
Schopenhauer trae anche diverse immagini e suggestioni espressive dalla filosofia orientale;
Kant per Schopenhauer
Il titolo dell'opera “Il Mondo come volontà e Rappresentazione” del 1818 è un omaggio a
Kant:
● La prima parte riguarda l'aspetto scientifico;
● La seconda riguarda la volontà;
La filosofia di Schopenhauer ha come punto di partenza la distinzione tra Fenomeno e
noumeno, che ha poco in comune con quella di Kant:
● per Kant il noumeno non è conoscibile e il fenomeno ha un carattere scientifico;
● il fenomeno per Schopenhauer è il Velo di Maya, l'illusione che nasconde il noumeno
e che esiste solo dentro alla coscienza (Rappresentazione Soggettiva), il noumeno è
invece la vera realtà;
L'Incipit dell'opera è "il mondo è la mia rappresentazione", con questo il significato di
rappresentazione viene mistificato rispetto a Kant:
La Rappresentazione per Schopenhauer è formata da due aspetti essenziali e inseparabili:
● Soggetto rappresentante;
● Oggetto rappresentato;
Soggetto e Oggetto esistono quindi come due facce della stessa medaglia, elementi
imprescindibili della rappresentazione.
Il piegare Kant ai propri scopi o fini lo si riconosce anche nelle categorie, Schopenhauer dice
che il nostro sistema nervoso è corredato da una serie di forme a priori: Spazio Tempo e
Casualità, di queste la casualità è la categoria fondamentale, infatti tutte sono riconducibili
ad essa e
La Causalità si manifesta come necessità:
● Fisica, rapporti causali tra oggetti;
● Logica, rapporti tra premesse e conseguenze;
● Matematica, rapporti spazio-temporali e aritmetico-geometrici
● Morale, rapporti tra motivazioni e azioni
Schopenhauer paragona le forme a priori a vetri sfaccettati, attraverso la cui visione delle
cose si deforma, la rappresentazione è quindi ingannevole e la “Vita è un sogno” una sorta
di incantesimo, è il velo di Maya. Ma sotto questo velo si cela una vera realtà che il filosofo
ha il compito di scoprire.
Kant aveva precluso all'uomo la possibilità di conoscere la realtà noumenica, questo perché
non siamo solo pensiero, siamo anche un corpo, e ci sentiamo come tale, soffriamo,
patiamo e questo ci mette in collegamento con il nostro io più profondo.
Lacerando il velo di Maya scopriamo che ciò che costituisce ogni aspetto della realtà è la
Volontà, che è la radice metafisica del mondo.
La Volontà:
Una volontà intesa in modo totalmente diverso da quello che la parola suggerisce. Maggiore
è la consapevolezza di noi, maggiore è la forza con cui la volontà ci domina.
Noi non siamo solo rappresentazione, ma anche corpo, non ci vediamo quindi solo dal di
fuori, ma ci viviamo anche dal di dentro, godendo e soffrendo. Proprio in questo modo ci
rendiamo conto che la nostra vera essenza profonda è la Volontà, la cosa in sé del nostro
essere, indipendente dalle categorie e quindi singolare, al contrario del fenomeno.
Dato che nella volontà non agiscono Spazio e Tempo, capisco che questa non può solo
essere la cosa in sé del nostro essere, ma quella di tutta la realtà, la Cosa in sé
dell'Universo.
È moderna anche l'idea di Io, un insieme sinergico di Coscienza, Volontà e corpo. In questa
concezione l’uomo viene rivalutato nella sua interezza.
La Volontà è:
● Inconscia, un cieco impulso ad agire;
● Unica ed Eterna, perché sfugge alle categorie Spazio e Tempo. Ma sfugge anche
alla categoria di causalità, infatti agisce, desidera e vuole senza alcuna causa.
Tutti gli esseri sono condannati ad una situazione di infelicità perenne visto che l'unico scopo
dell'esistenza è il volere della volontà, miliardi di esseri non vivono che per continuare a
vivere. La Volontà infatti non ha alcuna meta oltre se stessa.
La Volontà di vivere si manifesta nel mondo Fenomenico attraverso due fasi logicamente
distinguibili:
1. Nella prima la volontà si oggettiva in un sistema di forme immutabili, a-spaziali e
a-temporali: le Idee, che sono archetipi del mondo;
2. Nella seconda la volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale, i quali
sono la moltiplicazione vista attraverso il prisma dello spazio e del tempo, delle idee.
Tra gli individui e le idee esiste però un rapporto Copia-Modello, in cui gli individui
sono una riproduzione del prototipo originario che è l’idea;
Il mondo delle realtà naturali si struttura in una serie di “gradi” disposti in ordine ascendente.
Questa “Piramide Cosmica” culmina nell’uomo, nel quale la volontà diventa pienamente
consapevole.
L'uomo è l'elemento in cui esiste una maggiore consapevolezza, ed è quindi anche quello
che soffre di più, è un animale "malaticcio", senza salvagente rispetto al dramma
esistenziale.
La sua concezione della volontà mette capo ad una visione tra le più pessimistiche della
filosofia.
Il dolore è la conseguenza più immediata e evidente della nostra situazione noumenica e il
piacere è solamente la sospensione del dolore temporanea, dovuto al volere della volontà,
la quale crea desiderio, che porta ad una mancanza e di conseguenza al dolore.
Il dolore è quindi la caratteristica costante dell'essere, mentre il piacere è fugace.
Schopenhauer perviene a una delle più radicali forme di Pessimismo Cosmico, afferma
infatti che il male non è solo nel mondo, ma nel principio stesso da cui esso dipende.
Il pensiero di Schopenhauer, come per Leopardi, è la continua constatazione del destino
dell'uomo al dolore, un destino senza via di scampo.
L’Amore:
Il fatto che alla natura interessi solo la sopravvivenza della specie trova una sua
manifestazione emblematica nell’amore, uno dei più forti stimoli dell’esistenza. Il fine di
questo stimolo è solo l’accoppiamento (Per la natura). Un esempio di questa essenza
biologica dell’amore è quello della mantide religiosa, che divora il maschio dopo l’unione
sessuale.
L'Amore per Schopenhauer non esiste, in particolare quello idillico, noi agiamo come
burattini di un gigante (la volontà) che ci porta verso l'altro con lo scopo di riprodursi.
Nessuno si muove liberamente o spontaneamente, è il genio della specie che ci muove.
Il vero amore non sta nell'eros, ma nella pietas, il farsi carico del dolore degli altri e avere
empatia.
Schopenhauer viene inserito dalla critica tra i "Maestri del Sospetto" della cultura moderna
(tra questi anche Marx, Nietzsche e Freud): Schopenhauer critica la filosofia accademica di
Stato, poiché chi viene pagato per pensare non può farlo liberamente, rifiuta il filone
ottimistico del romanticismo e non pensa neanche che ci sia una provvidenza divina. Per
Schopenhauer il mondo è luogo di irrazionalità e paradosso, il contrario di quello che ci è
stato raccontato, nel mondo vige la legge della giungla, ogni individuo isolato nel suo dolore
combatte per sopravvivere.
Le religioni sono le ancore di salvezza che aiutano a superare il male di vivere.
Schopenhauer formula quindi un “Ateismo Filosofico”, infatti, vedendo il dolore che ha
macchiato tutta la storia del mondo, non vede alcuna possibilità che questo fosse creato da
un dio buono.
Il filosofo smentisce anche la natura dell'uomo come animale socievole, descrivendolo anzi
come animale che agisce per il bisogno e che impone le leggi solo per controllare i propri
istinti, rifacendosi al pensiero di Hobbes.
Schopenhauer attacca anche un tratto distintivo dell'ottocento: lo storicismo, secondo cui la
storia è una scienza: la storia infatti è una semplice catalogazione di eventi, i quali tornano
continuamente a ripetersi. La storia ha la sola funzione di renderci consapevoli del nostro
destino e di come viviamo.
Il panorama descritto da Schopenhauer è un deserto senza scampo, ogni essere è solo nel
proprio devastante dolore, che oscilla tra dolore e noia, con fugaci piaceri.
Però il suicidio non farebbe che sancire la vittoria della volontà, dato che l'essere che si
suicida è quello che ha fallito nel raggiungere un desiderio.
Se la volontà essendo una realtà metafisica &e