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Un altro importante ambito di intervento riguarda lo sviluppo sensoriale. Il ragazzo selvaggio
dell’Aveyron presentava gravi difficoltà nella percezione e discriminazione degli stimoli
esterni. Itard avviò così un percorso di educazione sensoriale volto a risvegliare la sensibilità
nervosa e affinare le percezioni. Attraverso esercizi mirati, egli cercò di stimolare il
riconoscimento delle sensazioni di caldo e freddo, di dolore e piacere, di suoni e silenzi,
rendendo gradualmente il ragazzo più consapevole del proprio corpo e dell’ambiente
circostante. L’educazione sensoriale divenne così un ponte per accedere a livelli più
complessi di apprendimento e comunicazione.
L’educazione sensoriale come base per le autonomie personali
In una prima fase del suo intervento educativo, Jean-Marc-Gaspard Itard pone grande
attenzione allo sviluppo sensoriale del ragazzo selvaggio dell’Aveyron, Victor. Questa
attenzione è strettamente connessa alla dimensione dell’igiene personale e delle autonomie
di base. L’obiettivo iniziale non è astratto né teorico, ma molto concreto: insegnare a Victor a
lavarsi, vestirsi, nutrirsi in modo adeguato. Itard comprende che stimolare il sistema
sensoriale significa anche aiutare l’individuo a sviluppare competenze fondamentali legate
alla cura del sé. Prendersi cura della propria persona era per Victor un’esperienza del tutto
sconosciuta. Cresciuto in un contesto naturale e selvaggio, privo di riferimenti culturali,
Victor non aveva mai conosciuto pratiche di igiene o autosufficienza in senso umano e
sociale. Un esempio emblematico è il contatto con l’acqua: per Victor, l’acqua era stata fino
a quel momento semplicemente una risorsa utile per bere o sopravvivere, ma mai qualcosa
da utilizzare come strumento per la cura del corpo. Itard trasforma questa sostanza naturale
in un mezzo educativo, inserendola all’interno di una routine quotidiana che ha lo scopo di
associare sensazioni fisiche a pratiche di igiene.
Autonomie quotidiane: vestirsi, lavarsi, mangiare
Il processo educativo parte dunque dalle basi: Victor deve essere abituato a compiere gesti
semplici ma fondamentali. Tra questi vi è il vestirsi autonomamente, il lavarsi in maniera
corretta e, soprattutto, l’alimentarsi in modo socialmente accettabile. All’inizio, infatti, il
ragazzo tende a gettarsi il cibo addosso o a infilare direttamente la testa nel piatto per
mangiare, come farebbe un animale, perché non ha mai appreso alcuna regola o tecnica a
riguardo. Itard interviene con pazienza, introducendo un apprendimento per imitazione. Si
siede accanto a Victor durante i pasti, assieme alla governante, e ripete davanti a lui i gesti
del portare la forchetta alla bocca, del prendere il cibo dal piatto, del masticare e deglutire
con calma. A forza di ripetere, giorno dopo giorno, Victor comincia lentamente a imitare quei
movimenti e a interiorizzarli. In questo senso, l’imitazione si dimostra una leva fondamentale
per lo sviluppo delle autonomie personali, soprattutto quando si parte da un livello così
elementare.
Il corpo e la mente: un’unità inscindibile
Un concetto chiave del metodo di Itard è il superamento della separazione cartesiana tra
corpo e mente. Per secoli, la filosofia occidentale ha sostenuto la distinzione tra la res
cogitans (la mente) e la res extensa (il corpo), come se fossero due entità separate che
agiscono indipendentemente l’una dall’altra. Itard, invece, anticipa una visione più moderna
e integrata, che verrà confermata successivamente dalle neuroscienze: corpo e mente sono
in costante interazione, si influenzano reciprocamente e costituiscono un’unità funzionale. Lo
sviluppo cognitivo non può essere immaginato come un’attività puramente mentale,
sganciata dall’esperienza corporea. Gli stimoli sensoriali che il corpo riceve vengono
elaborati a livello cerebrale e generano risposte che alimentano a loro volta la crescita
intellettiva. È per questo che Itard pone così tanta enfasi sul sistema sensoriale: egli lo
riconosce come una via d’accesso privilegiata allo sviluppo della coscienza e della
conoscenza. Stimolando il tatto, la vista, l’udito, l’olfatto e il gusto, si apre la strada alla
costruzione di una mente capace di elaborare concetti sempre più complessi.
Dal semplice al complesso: una pedagogia graduale
Il metodo di Itard si basa su una logica di progressione: si parte da stimoli semplici per
arrivare gradualmente a quelli più complessi. Questo processo di scalabilità consente al
cervello di adattarsi e di svilupparsi in modo coerente con il livello di esperienza
dell’individuo. Non si tratta di forzare l’apprendimento, ma di costruirlo passo dopo passo,
rispettando i tempi e le capacità del soggetto. L’approccio didattico è quindi strutturato in
modo tale da sviluppare una forma di conoscenza significativa, che non si limita a una
ripetizione meccanica ma che nasce da un’elaborazione reale dell’esperienza. Victor viene
così guidato a scoprire il mondo in maniera progressiva, partendo dalle sue necessità
primarie e aprendosi gradualmente alla complessità delle relazioni e delle idee.
Le idee e i bisogni: l’incontro con nuovi contesti
Un altro aspetto fondamentale del progetto educativo di Itard è l’introduzione di Victor in
contesti sociali differenti. L’obiettivo non è solo quello di socializzare, ma anche di stimolare
la nascita di nuovi bisogni e, di conseguenza, di nuove idee. Itard sa che i bisogni non sono
immutabili, ma si generano in risposta a un contesto. Se Victor ha vissuto fino a quel
momento soddisfacendo unicamente bisogni primari — come nutrirsi, difendersi dagli
animali, trovare riparo — l’inserimento in un contesto umano e sociale lo porterà a
sviluppare bisogni secondari, legati alla relazione, alla comunicazione, alla scoperta. Questi
nuovi bisogni generano a loro volta nuove idee. Per esempio, se Victor impara a vivere in un
contesto familiare o educativo, nascerà in lui il desiderio di appartenere, di comunicare, di
essere riconosciuto dagli altri. È attraverso l’incontro con l'altro che si sviluppano le capacità
di riflessione, di astrazione, di progettazione. Un esempio moderno può aiutarci a
comprendere questo meccanismo: oggi, molti di noi percepiscono come “necessario” essere
sempre connessi attraverso il cellulare o i social media. Non si tratta di bisogni primari — si
può vivere benissimo senza uno smartphone — ma del risultato di un contesto che stimola
costantemente la connessione e la comunicazione. Allo stesso modo, Victor sviluppa nuovi
bisogni in risposta ai nuovi contesti che Itard costruisce per lui. È questa dinamica che rende
possibile una crescita autentica, radicata nella realtà e nelle relazioni.
Il linguaggio: una sfida complessa
Tra tutti gli obiettivi del progetto educativo, quello legato al linguaggio si rivela il più arduo.
Itard, medico esperto in otorinolaringoiatria, inizia il suo intervento assicurandosi che
l’incapacità linguistica di Victor non sia causata da un deficit sensoriale. Osservando il
comportamento del ragazzo — che inizialmente non si volta nemmeno quando viene
chiamato per nome — ipotizza la possibilità di un deficit uditivo. Tuttavia, dopo accurate
verifiche cliniche, Itard si rende conto che Victor sente normalmente: il problema non è di
tipo fisiologico, ma cognitivo e relazionale. Victor non ha imparato a parlare perché non ha
mai vissuto in un contesto in cui il linguaggio fosse necessario o stimolato. Di conseguenza,
non possiede le basi neurologiche e culturali per sviluppare un linguaggio articolato.
Nonostante gli sforzi di Itard, Victor riuscirà ad articolare soltanto alcuni suoni e poche
parole, senza mai acquisire una competenza linguistica completa. Tuttavia, questo non
rappresenta un fallimento: ciò che conta è il tentativo, la costruzione di una possibilità
comunicativa alternativa, anche se non perfetta.
Un progetto educativo rivoluzionario
L’esperienza di Itard con Victor rappresenta uno dei primi e più significativi esempi di
pedagogia speciale. Il suo intervento non si limita a un tentativo di “normalizzazione”, ma si
configura come un progetto educativo fondato sul rispetto, sull’osservazione e sulla
progressione individualizzata. Itard si rifiuta di vedere Victor come un essere “deficitario” o
“incurabile”: lo guarda invece come un soggetto potenzialmente educabile, da
accompagnare nel suo percorso di umanizzazione. Attraverso un paziente lavoro quotidiano,
fatto di stimolazioni sensoriali, imitazione, interazione e costruzione di contesti significativi,
Itard riesce a creare le condizioni per uno sviluppo reale. L’obiettivo non è raggiungere uno
standard, ma far emergere ciò che Victor può diventare, a partire da ciò che è. In questo
senso, il suo lavoro anticipa i principi fondamentali dell’educazione inclusiva contemporanea:
la centralità della persona, la valorizzazione delle sue risorse, il rispetto dei suoi tempi,
l’attenzione al contesto.
L’importanza del contesto nell’acquisizione del linguaggio
L’apparato uditivo e quello fonatorio di Victor, il cosiddetto “ragazzo selvaggio dell’Aveyron”,
risultano perfettamente integri al momento della sua presa in carico da parte di
Jean-Marc-Gaspard Itard. Questo dato, verificato fin da subito, è fondamentale per
escludere qualsiasi disfunzione fisiologica che possa giustificare l’assenza di linguaggio
verbale. In altre parole, Victor non presenta sordità né malformazioni all’apparato vocale: il
problema non è di natura organica, bensì legato a una prolungata deprivazione sociale.
Infatti, un bambino apprende a parlare non semplicemente grazie a un corredo biologico
predisposto, ma soprattutto perché immerso fin dai primi giorni di vita in un ambiente
stimolante, ricco di parole, suoni e interazioni comunicative. Il linguaggio si sviluppa grazie a
una continua esposizione agli stimoli verbali: il bambino ascolta, interiorizza e inizia a
produrre suoni, a imitare le parole, per poi articolare i primi significati. La comunicazione,
quindi, non è solo un processo naturale, ma anche profondamente ambientale. Nel caso di
Victor, cresciuto isolato dal consorzio umano per anni, questo processo non ha potuto
compiersi. Non essendo stato esposto a un contesto linguistico, non ha ricevuto gli input
necessari per sviluppare la comunicazione verbale. La sua condizione, dunque, è un
esempio emblematico di come il linguaggio sia un prodotto dell’interazione continua tra
natura e cu