LE CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA
Le clausole di salvaguardia sono dei vincoli imposti dal finanziare per l’erogazione del
credito per vincolare il comportamento del debitore.
Ovvero tutela gli obblighi imposti da finanziatori per erogare del credito (fare o non fare).
Clausole positive:
Mantenere il capitale circolante a un livello minimo (pensiamo all’attivo circolante);
Fornire prospetti finanziari periodici al finanziatore alcuni la vedono negativa
inquanto implica di fare un’attività previsionale che non fanno.
Clausole negative:
Limitare l’ammontare dei dividendi che può pagare un’azienda;
Impedire di dare in garanzia gli asset della società ed altri finanziatori
Vietare di vendere o affittare asset importanti senza approvazione preventiva del
creditore
Impedire di emettere nuovi titoli di debito a lungo termine.
Dove:
VA BE: valore attuale dello scudo fiscale degli interessi (benefici fiscali) 16
VA CF: valore attuale dei costi attesi del distress finanziario (costi del fallimento).
In una prospettiva teorica, la struttura finanziaria ottimale identifica quel livello di debito
dove il valore dell’impresa non indebitata, incrementato del valore dello scudo fiscale, al
netto dei costi incrementali del distress finanziario, risulta massimo.
Fig. Indebitamento ottimale con imposte e costi del dissesto/ fallimento
Al crescere del livello del debito
D, i vantaggi fiscali del debito
crescono finché gli interessi non
eccedono l’EBIT dell’impresa.
La probabilità di insolvenza
aumenta con D. il livello ottimale
di debito D* si ha quando questi
L
effetti di bilancio e è
V
massimizzato. D* sarà inferiore
per le imprese con costi di
dissesto/fallimento inferiori.
Scelta del debito per due tipi di imprese. Quella con bassi costi del dissesto (D* bassi) e
quella con alti costi (D*alti). Con costi di dissesto elevati è ottimale per l’impresa scegliere
un minore livello di debito.
Piu mi indebito meglio è? NO aumenta la probabilità di fallire.
Il valore attuale vuol dire portare ad oggi un valore futuro (stima del costo del capitale).
Il valore attuale dei costi di dissesto/ fallimento
Tre fattori chiave determinano il valore attuale:
1) La probabilità che il dissesto o fallimento si verifichi +è alta + è alto il V.A.
2) L’entità dei costi se l’impresa è caduta in dissesto
3) Il tasso di sconto appropriato per i costi di dissesto/ fallimento.
Da che cosa dipendono questi fattori? 17
a. dalla probabilità che l’impresa non sia in grado di soddisfare i suoi obblighi di debito
e quindi diventi insolvente;
b. dal peso relativo delle diverse categorie di costi;
c. dal rischio di mercato dell’impresa.
Il valore attuale del beneficio del debito
Valore attuale del beneficio del debito (assumendo una rendita perpetua):
D= Debito finanziario
i= tasso d’interesse
t= aliquota fiscale
Esempio:
Beneficio fiscale2.000.000 x 0,05 x 0,35 = 35.000€
Valore attuale della rendita perpetua35.000 / 0,05 = 700.000€
Valore attuale del beneficio del debito 2.000.000 x 0,35 = 700.000€.
Fig. Valore dell’impresa nella teoria del trade-off Il PV (scudo fiscale)
inizialmente aumenta con il
primo aumentare del debito. A
livelli moderati di debito, la
probabilità di financial distress
è trascurabile, per cui i PV
(financial distress) sono
contenuti e il vantaggio fiscale
predomina.
Ad un certo punto, la
probabilità di financial distress
aumenta rapidamente con l’aumentare del debito; i costi di distress iniziano a sottrarre
quote rilevanti del valore aziendale.
Il punto di ottimo si raggiunge quando il valore attuale dello scudo fiscale legato
all’aumento del debito è compensato dall’aumento del valore attuale dei costi di distress.
Questo punto – meglio: range di valori – individua il rapporto di leverage ottimale
aziendale. 18
Quindi arrivo ad un certo punto che mi indebiterò beneficio fiscale è tale da egualiare il
valore dell’impresa. La probabilità di insolvenza non sarà alta ma a una certa aumenta più
che proporzionale e quindi si abbassa il valore dell’impresa.
Implicazioni sulla struttura finanziaria: quali imprese possono fare minor-maggior
ricorso al debito?
﹃ Le aziende operanti in business con cash flows volatili dovrebbero ricorrere a
minore debito.
﹃ Le aziende che strutturano il loro debito in maniera correlata con i cash flows in
entrata possono permettersi un livello di debito più elevato.
﹃ Le aziende con asset che possono essere agevolmente divisi e venduti
singolarmente hanno una maggiore capacità di indebitamento.
﹃ Le aziende che producono beni con lunga durata e che richiedono «upgrades» e
servizi post-vendita dovrebbero indebitarsi meno.
Quando si parla di imprese che si possono indebitare c’è il rischio che la stabilità dei flussi
di cassa può portare con più facilità a indebitarsi. Ma la maggior parte delle volte avviene
l’opposto ovvero se i flussi di cassa stabili non c’è ricerca di indebitarsi; mentre flussi
volatili c’è ricerca di indebitarsi.
PEEKING ORDER THEORY (POT)
Teoria dell’ordine di scelta in relazione al capitale ed è la teoria preferita dai manager.
Idea di base:
i) problema di agenzia tra management (che può essere anche azionista) e il mercato
finanziario;
ii) il capitale di rischio è più esposto a comportamenti opportunistici del management
rispetto al debito.
Ordine di scelta: autofinanziamento (canale interno); debito privato (contratto con
intermediari finanziari); debito pubblico (ad esempio, emissioni obbligazionarie collocate
sul mercato); capitale azionario.
Il management tende a preservare la sopravvivenza e garantire l’indipendenza e
l’autosufficienza aziendale. Ricorrere a mezzi di finanziamento esterni riduce la flessibilità
(soprattutto se si ricorre al debito) e il controllo (le emissioni azionarie aumentano il
numero delle azioni e riducono la percentuale detenuta dagli insider).
Si scegli autofinanziamento per flessibilità finanziaria e non impatta sul controllo. Il
preferito canale interno se no bisogna ricorrere al debito privato e debito azionario.
IL MODELLO DELLA LEVA FINANZIARIA (FLM)
L’effetto leva è alla base del legame esistente tra ROE, ROI e costo del capitale 19
Da un punto di vista matematico, esiste una relazione puramente lineare tra ROE e ROI,
conseguentemente fino a quando il ROI è maggiore del costo del capitale, un aumento
dell’indebitamento determinerà un aumento del ROE.
NB: è possibile stimare l’effetto leva utilizzando il rapporto PFN/E anziché D/E, il costo del
debito finanziario anziché il WACC e infine il ROCE (EBIT / (PFN + E)) anziché il ROI
Se aumento il rischio i aumenta in modo indifferente; se i > roi convenienza di
indebitamento viene anche meno.
La leva finanziaria è fondata sull’utilizzo di grandezze di origine contabile e non finanziarie.
Il risultato generato dal capitale investito consente di identificare la redditività del capitale
impiegato nell’attività operativa, ma non informa, da solo, sulla capacità dell’impresa di
creare valore per i suoi investitori.
È ragionevole attendersi che un incremento dell’indebitamento si accompagni ad una
rischiosità maggiore e con essa a un’attesa di remunerazione più elevata.
L’ipotesi di convenienza (ROI > i) non è “sufficiente”. Per verificare se l’aumento di
leverage abbia o meno creato valore, occorrerà determinare se la variazione del ROE sia
stata maggiore di quella del costo del capitale, generata dal maggior rischio finanziario.
Modello di natura contabile (presentare agli azionisti che il roe aumenta) ma in realtà è un
modello di natura finanziaria( mi sto indebitando non vale roe > i quindi incremento il
valore del roe con incremento valore del costo del capitale. Se ho il roe aumenta del 3% e
il costo del capitale aumenta del 5% non mi conviene si sovrappongono non è più
sostenibile).
I DIVERSI METODI PER IMPLEMENTARE LA STRUTTURA FINANZIARIA
Metodo del costo del capitale (WACC)
Metodo del valore attuale modificato (APV)
Metodo dell’analisi comparata (COMPARABLE ANALYSIS)
Essi sono metodi per cercare di capire qual è il valore di indebitamento che massimizza
l’impresa. Vado a considerare il livello di indebitamento dei miei competitor.
Premessa terminologica: accezioni alternative, ma equivalenti, di costo del capitale 20
rendimento atteso (richiesto) dagli investitori per allocare le proprie risorse in
azienda o, specularmente, come costo che deve sostenere chi finanzia l’impresa.
costo medio ponderato delle diverse risorse cui un’entità funzionante può
attingere, e che si compone a sua volta del costo del capitale proprio e del costo del
debito, nelle strutture finanziarie aziendali non complesse.
tasso di rendimento minimo che l’azienda deve essere in grado di ottenere dai
propri investimenti per soddisfare le attese dei propri finanziatori, siano essi
azionisti (costo del capitale proprio) oppure creditori finanziari (costo del debito)
METODO DEL COSTO DEL CAPITALE(WACC)
Quando parliamo di questo metodo ci viene subito in mente la parola “stima”
Il costo medio ponderato del capitale (WACC, weighted average cost of capital) è il costo
che l’impresa paga a tutti i suoi finanziatori, a titolo di debito finanziario e di capitale
azionario. È il «prezzo» che l’azienda dovrebbe corrispondere ai finanziatori se dovesse
rifinanziare le proprie passività, indipendentemente dal costo storico sostenuto a tal fine e
tenendo conto della rischiosità operativa dell’impresa.
NB: Talvolta D può essere rappresentato con VD (valore di mercato del debito) ed E come
VE (valore di mercato del capitale azionario).
La stima del costo del capitale dovrebbe sempre essere basata sull’utilizzo di valori di
mercato del debito e del capitale azionario.
Il ricorso ai valori di «libro» è accettabile solo in mancanza dei valori di mercato o quando
si ritiene che la differenza tra i valori di mercato e quelli contabili sia contenuta come, ad
esempio, per il debito finanziario quando:
è prevalentemente a breve scadenza, e/o
è prevalentemente a tasso variabile,
le condizioni a cui è stato contratto il debito sono analoghe a quelle correnti.
Esempio: il costo del capitale: 12%-11% 3%
11%= costo
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