La teoria della tettonica a placche non ha ne un padre ne una data di nascita precisa→ gli studi e le ricerche
si sono protratti per decenni e hanno aggiunto gradualmente tasselli fondamentali per la sua
formulazione.
Essa è stata definita esplicitamente in alcuni articoli pubblicati fra il 1967-1968 e ha il merito di riuscire a
spiegare ed a collegare in modo semplice e organico tutti i fenomeni geologici che riguardano la dinamica
della litosfera e la dinamica terrestre.
L’idea fondamentale della teoria è che l’involucro rigido più esterno del pianeta, ovvero la litosfera, sia
suddiviso in porzioni più piccole (le placche), ognuna incastrata nell’altra come tessere di un puzzle. →
Al contatto tra una placca e l’altra si formano le condizioni necessarie per la genesi di fenomenici sismici
le zone sismiche sono localizzate lungo i bordi delle placche, sono detti margini di placca e possono essere
di tre tipi:
1. Margini costruttivi o divergenti→ Le placche a contatto si allontanano formando fratture nelle
zone di Rift lungo l’asse delle dorsali oceaniche.
NB In queste zone si verificano terremoti con ipocentri poco profondi (massimo 70 km) associati ad
un’intensa attività vulcanica, il cui magma basico in risalita forma una nuova crosta che andrà a costituire
il fondale di nuovi oceani (i basalti prodotti sono ricchi di calcio e poveri di potassio e sono noti con il nome
di basalti tholeitici)
2. Margini distruttivi o convergenti→ le placche a contatto premono l'una contro l'altra provocando
lo scivolamento verso il basso della placca composta da litosfera più densa, che si immerge lungo
un piano inclinato chiamato piano di Benjoff, sprofondando nel mantello per centinaia di
chilometri. →
NB l'enorme attrito provoca terremoti di elevata intensità con centri distribuiti lungo tale piano il
fenomeno che porta la placca più densa scorrere sotto quella meno densa e sprofondare per essere
assorbita nel mantello, viene chiamato subduzione (in corrispondenza delle fosse oceaniche si verifica la
distruzione della crosta oceanica generata dalla dorsale e l'evoluzione di questo tipo di margine porta alla
formazione di catene montuose che indicano la fine del fenomeno di subduzione ma non dei fenomeni
sismici causati dai fenomeni di comprensione)
3. Margini conservativi→ sono margini in cui non si ha né distruzione né formazione di una nuova
crosta ma si registra solo il movimento relativo orizzontale tra le placche adiacenti, in
corrispondenza di estese faglie, che genera terremoti con ipocentri poco profondi ma con assenza
di attività vulcanica →
il modello proposto oggi prevede la suddivisione in 12 placche principali e numerose altre secondarie
non sono piatte ma seguono la curvatura terrestre
La composizione delle placche è variabile e alcune sono composte da crosta oceanica (placca pacifica) e
altre da crosta continentale (placca dell’Iran); altre in egual misura da crosta oceanica e crosta
continentale, per esempio la placca africana
NB anche le loro dimensioni sono variabili, infatti, esistono placche molto estese come quella pacifica che
comprende quasi tutto l'oceano omonimo e placche con superficie ridotta come quella ellenica che
comprende parte della penisola balcanica e del Mar egeo
Non sempre le placche sono delimitate dai tre tipi di margine descritti poiché esistono placche
caratterizzate da margini divergenti come quella africana, destinata ad aumentare la sua superficie; altre
placche, come quella pacifica, sono delimitate da margini convergenti e sono destinate a diminuire la loro
superficie
NB Le dorsali o le fosse di subduzione possono essere sormontate da placche in espansione come accade
nella zona occidentale del Nord America
inoltre, la direzione del movimento relativo di una placca rispetto a quella adiacente non è
necessariamente perpendicolare alla Rift Valley della dorsale o alla fossa oceanica→ è individuabile solo in
prossimità delle faglie trasformi poiché si tratta dell'unica zona in cui il moto della placca è parallelo alla
direzione della faglia
NB la velocità di separazione delle placche si può calcolare studiando l'andamento simmetrico rispetto alla
dorsale delle anomalie magnetiche dei fondali
Un criterio fondamentale che viene utilizzato per la classificazione dei margini continentali è la presenza
con l'assenza di fenomeni sismici e vulcanici.
• Margini continentali passivi→ si trovano all’interno delle placche, seguono il limite tra crosta
oceanica e continentale e sono caratterizzati dall’assenza di fenomeni sismici e vulcani e
dall’abbondante sedimentazione di detriti sulla piattaforma continentale
• Margini continentali trasformi→ formano ripide scarpate continentali a ridosso della linea di
costa che impediscono lo sviluppo della piattaforma continentale (sono tipici di oceani in via di
espansione)
• Margini continentali attivi→ si trovano in corrispondenza dei margini convergenti, si sviluppano in
direzione dello spostamento della placca e sono caratterizzati da un’intensa attività vulcani e
sismica (molte zone di subduzione presentano margini continentali attivi)
NB i margini passivi e trasformi si formano come conseguenza della fratturazione continentale che darà
→
origine all’apertura di un nuovo oceano i margini attivi sono invece principalmente legati a strutture
caratterizzate da intensa attività tettonica, chiamate sistemi arco-fossa
I margini continentali passivi e trasformi si trovano ai lati di un oceano in espansione che si forma a causa
della separazione continentale→ il processo inizia quando nel mantello si instaura una nuova cella
convettiva con materiale caldo in risalita che provoca un inarcamento della litosfera
La litosfera, avendo un comportamento fragile, si frattura formando faglie parallele che si sviluppano lungo
la futura direzione della rift valley.
NB se i moti convettivi che innescano il fenomeno non sono allineati, producono una dislocazione originaria
nelle zone di frattura e quindi la formazione di margini continentali trasformi
Man mano che le spinte dal basso e lo stiramento della litosfera proseguono, le faglie che si sono formate
arrivano ad interessare tutto lo spessore→ prismi di roccia sprofondano verso il basso formando un’ampia
zona allungata depressa (rift continentale), caratterizzata nella sua parte assiale da eruzioni vulcaniche che
daranno origine alla rift valley oceanica.
Quando la zona centrale della rift valley soggetta subsidenza, raggiunge quote topografiche al di sotto del
livello del mare può essere invasa da acque salmastre formando laghi.
La frattura continentale può estendersi fino a formare un proto-oceano collegato ai principali bacini marini
già esistenti, ma il cui fondale è ancora costituito da litosfera continentale.
NB Se i movimenti distensivi proseguono, si ha l’apertura di un vero e proprio oceano
I margini continentali attivi sono spesso associati a sistemi arco-fossa che si sviluppano nelle zone di
convergenza tra due placche e sono la tipica struttura tettonica prodotta dal fenomeno di subduzione.
NB Le fosse oceaniche sono i luoghi dove la placca più densa, formata da crosta oceanica, si immerge in
profondità nella zona di subduzione.
La placca in subduzione forma la parte esterna della fossa e trasporta sulla sua superficie sedimenti che
vengono asportati dall'azione complessiva esercitata dal margine dell'altra placca che li accumula sul lato
interno della fossa→ Se la quantità di sedimenti accumulati è considerevole, essi possono arrivare a
emergere sopra il livello del mare, formando arcipelaghi che prendono il nome di complessi di accrezione
(es: isola di Nias).
Procedendo verso l'interno della struttura, si trova un'area pianeggiante in cui prevalgono sedimenti poco
deformati, chiamata intervallo arco-fossa e questa zona funge da raccordo con una serie di rilievi di origine
vulcanica (arco vulcanico), che possono porre le basi e accrescersi su crosta oceanica emergendo dalla
superficie del mare per formare arcipelaghi, oppure su crosta continentale formando catene montuose di
origine vulcanica.
NB Le sacche magmatiche che provocano i movimenti vulcanici sono originate dalla fusione parziale della
→
litosfera oceanica in subduzione il materiale fuso più leggero risale in superficie formando vulcani con
attività esplosiva ed in parte e dà origine a corpi magmatici che rimangono intrappolati nella crosta
Ancora più all'interno, se l'arco vulcanico è insulare, si trova una zona depressa soggetta a distensione, che
forma dei profondi bacini impostati su crosta oceanica, chiamati bacini marginali (ES: si possono trovare a
ridosso degli arcipelaghi del Giappone, Delle Filippine, delle curili, e delle aleutine)
Nonostante la maggior parte delle attività tettoniche si svolga nelle vicinanze dei margini di placca, l'attività
vulcanica è presente anche in zone centrali e interne alle placche stesse (vulcanismo intra placca) come
nelle Hawaii→ queste aree sono caratterizzate da intense effusioni laviche e da notevole inarcamento
litosferico e vengono chiamate punti caldi.
NB le lave sono di tipo basaltico ma ricche di alcalini e la causa di questa attività è la presenza, al di sotto
delle placche litosferiche, di pennacchi, ovvero di colonne di roccia molto calda che vi salgono verso la
superficie da parti profonde del mantello.
I pennacchi del mantello possono trovarsi all'interno delle placche ma anche i loro margini, soprattutto in
prossimità delle dorsali medio oceaniche, e possono restare attive per decine di milioni di anni
mantenendo una posizione fissa nel tempo→ ne consegue che l'attività vulcanica si sposterà nel tempo in
una direzione opposta a quella del movimento effettivo della placca formando una catena lineare di
vulcani
Il concetto di punto caldo fu introdotto nel 1963 da Wilson, il quale studiò l’arcipelago delle isole Hawaii.
NB Attualmente il punto caldo alimenta i vulcani attivi di tale isola tra cui il Mauna Loa e il Kilauea.
Le altre isole non possiedono vulcani attivi e hanno una superficie più ridotta man mano che si procede
verso la parte nordoccidentale della catena→ Proseguendo l'analisi del fondale oceanico lungo questa
direzione si nota la presenza di guyot, ovvero montagne sottomarine dalla cima piatta, che testimoniano
che in quella zona l'attività vulcanica si è estinta da tempo.
La presenza dei pennacchi non è mai stata osservata direttamente ma è testimoniata da valori alti del
campo gravitazionale misurato da satellite
Non esiste nessuna prova certa di quale sia il meccanismo che fa muovere le placche litosferiche ma
sembra evidente che le celle convettive g