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STRUMENTI INTEGRATIVI DI ANALISI FINANZIARIA, LA LEVA
FINANZIARIA: L’analisi finanziaria è utile per cogliere i meccanismi economici di
funzionamento dell’impresa e in particolare può aiutare a chiarire la complessità delle
relazioni economiche sottostanti i meccanismi che generano i profitti, con il quale
l’impresa può remunerare il fattore capitale. Tra le relazioni particolare attenzione va
posta a quella che individua le componenti incidenti sul principale indicatore di
redditività: ROE. In esso si può evidenziare come la diversa struttura finanziaria
prescelta dall’impresa ed espressa dal rapporto debiti e capitale netto, operi da fattore
moltiplicatore del ROI sul saggio di reddito. Da qui la denominazione di leverage
finanziario.
GRADO DI LEVA FINANZIARIA: Il rapporto di leverage riflette la struttura
finanziaria adottata dall’impresa e può essere interpretato sia come misura del rischio
finanziario che l’impresa si assume con quella particolare struttura, sia come misura
dell’influsso che la stessa struttura esercita sul saggio di reddito. In relazione a
quest’ultimo aspetto è possibile misurare il grado di leva finanziaria valutando la
variazione percentuale del reddito netto aziendale al variare, in termini di percentuale,
del reddito lordo comprensivo degli oneri finanziari e tributari. Il rapporto misura come
variano gli utili disponibili per gli azionisti al variare degli utili lordi.
ANALISI DEI COSTI SECONDO L’APPROCCIO TRADIZIONALE,
ANALISI DI VARIABILITA’: L’individuazione delle relazioni intercorrenti tra
costi, volume di produzione e i risultati, è presupposto essenziale per una definizione
degli obiettivi di gestione e per il controllo dei risultati da parte del management.
Attraverso la misurazione ed interpretazione del risultato reddituale, è possibile
effettuare valutazioni di convenienza economica, in termini di rapporti tra costi di
produzione e ricavi di vendita, al fine di orientare la dinamica gestionale verso il
perseguimento di condizioni di equilibrio economico sempre più solide vantaggiose. Le
interrelazioni tra costi, livello produttivo e profitto possono essere correttamente
analizzata e mediante lo studio del comportamento dei costi al variare della quantità
venduta. La variabilità dei costi costituisce ciao la prospettiva di analisi più proficua e
consolidata, ai fini del processo decisionale. Nell’ottica della variabilità, si individuano
3 categorie di costi: fissi, variabili e semi variabili. I costi fissi non variano al variare del
volume produttivo entro un determinato livello di produzione, tale tipologia di costi
riguarda costi di struttura necessari per la realizzazione delle varie alternative
produttive funzionali per un determinato volume di attività. Rimangono costanti entro
le dimensioni della struttura realizzata. Il superamento della capacità produttiva può
incrementare i costi fissi e quindi farli variare, creando sbalzi illustrati nella nota scala
del Pantaleoni. L’incidenza dei costi fissi è rappresentata da una retta parallela all’asse
delle ascisse. Entro la soluzione che dimensione la struttura produttiva aziendale, il
costo rimane costante al variare della quantità prodotta. La tipologia di costo in
oggetto, non è collegata alle quantità prodotte, ma alla specifica struttura produttiva,
amministrativa e commerciale che l’impresa decide di adottare in uno specifico
momento. Il peso dei costi fissi sulle singole unità prodotte e decrescente. L’incidenza
sulle singole unità prodotte, decresce. L’incidenza unitaria sarà minima quando il
volume produttivo realizzato sarà uguale al massimo dell’utilizzo della capacità
produttiva.
Accanto ai costi di capacità che l’impresa decide di sostenere per dotarsi di una
determinata struttura di produzione, vi è un’altra categoria di costi che subisce
modificazioni in relazione alle diverse alternative di comportamento produttivo
prescelte nell’ambito della struttura predefinita .tale tipologia di costi, si caratterizza
per la relazione di variabilità rispetto alla quantità prodotta, da cui deriva la
denominazione di costi variabili. Un aspetto rilevante è il grado di variabilità, ossia il
carattere della variazione rispetto all’utilizzo della capacità produttiva. Sotto tale
aspetto si possono individuare: costi variabili proporzionali, progressivi, degressivi,
regressivi. È ipotizzabile che nessuna voce di costo può essere qualificata come costo
fisso variabile. Sembra possibile affermare che: per ogni costo esista un intervallo di
produzione entro il quale esso rimane fisso e aldilà del quale diviene variabile; ogni
costo appare caratterizzato per avere una componente fissa e una variabile. Nella
prima ipotesi viene evidenziata la caratteristica del costo di presentare intervalli
all’interno dei quali esso rimane invariato. L’ampiezza degli intervalli diventa rilevante,
sarà minima per i costi prevalentemente variabili e massima per quelli fissi. Nella
seconda ipotesi si esplicita la possibilità di configurare i costi di gestione come costi
semi fissi o semi variabili, caratterizzati sia da una componente fissa che da una
componente che varia con il volume produttivo. I costi aziendali non devono essere
considerati assolutamente fissi o assolutamente variabili, piuttosto l’obiettivo
dell’analisi deve essere la ricerca in ciascun costo, della parte caratterizzata da
invariabilità e variabilità in relazione al livello produttivo raggiunto. Il problema
principale che modelli economici si pongono, è la separazione tra costi fissi e variabili.
A tal fine la teoria e la pratica hanno proposto tre approcci: metodo grafico, metodo
dei minimi quadrati e metodo dei due volumi. L’approccio sicuramente più rigoroso è
quello dei minimi quadrati. Il metodo grafico, utilizza la rappresentazione grafica su un
sistema di assi cartesiano per individuare la componente fissa e variabile. Indica
sull’asse delle ascisse la variabile produttiva e su quelle delle ordinate il costo del
fattore preso in considerazione. È facile verificare che sei punti ottenuti attraverso la
coppia di coordinate per ciascun anno fanno parte di una medesima retta passante per
l’origine degli assi, significa che i due fenomeni presi in considerazione sono legati da
una legge di proporzionalità costante.se non tutti i punti fanno parte della medesima
retta, si tratta di un costo di tipo semi variabile .si potrà tracciare una retta che
interpoli manualmente i diversi punti e quindi, facendo proseguire tale retta fino ad
incontrare l’asse dei costi, si potrà misurare la componente fissa del costo in esame.
Individuata la componente fissa è facile separarne quella variabile sottraendo dal
costo complessivo la parte fissa. Ripetendo l’operazione per ciascun anno tenendo
sempre la stessa quantità variabile unitaria, significherà che sia in presenza di un
costo esattamente composto da parte fissa e da una parte strettamente proporzionale.
Un metodo sicuramente più scientifico attendibile per affrontare l’analisi dei costi semi
variabili e quello dei minimi quadrati. Si basa sull’esplicitazione della funzione di
interpolazione dei dati storici relativi all’andamento delle due variabili poste relazione.
In conclusione se è vero che il metodo dei minimi quadrati, essendo basato sulla
determinazione di una relazione statistica tra costi e volumi produttivi, fornisce
risultati più attendibili, occorre precisare che il suo impiego presuppone l’esistenza di
condizioni molto precise, in assenza delle quali possono generarsi informazioni
notevolmente distorte e pericolosamente fuorvianti. Le condizioni principali sono:
disponibilità di dati storici riguardanti un periodo sufficientemente lungo, livello
produttivo che deve aver subito fluttuazioni sufficientemente ampie, struttura
produttiva, tecnologica e organizzativa che non devono aver subito nel periodo
significative modificazioni, dati storici che vanno resi omogenei attraverso operazioni
di the frazionamento o rivalutazione, la produzione di aver mantenuto inalterate le
proprie caratteristiche qualitative.
L’altro metodo utilizzabile per l’analisi dei costi semi variabili e la scissione nella quota
fissa e quota variabile è rappresentato dal metodo dei due volumi. Per la sua
applicazione occorre avere a disposizione dati sulla fluttuazione del costo in relazione
a due diversi livelli produttivi. Quindi si determina la variazione del costo subito
rispetto alla variazione avuta nel livello produttivo. A ogni metodo l’analisi della
variabilità dei costi è impiegata nella pratica aziendale perché è in grado di fornire,
con un livello di approssimazione più che buono, utili indicazioni per l’assunzione di
importanti decisioni. Tale analisi appare preziosa per impostare il processo di
pianificazione operativa e per la stesura dei vari piani esecutivi, applicare il budgetary
control, dare soluzione alle questioni inerenti la problematica dei costi suppletivi,
impostare la contabilità analitica con la tecnica del direct costing, e analizzare le
relazioni costi, volumi e profitti costruendo grafici di redditività.
BREAK EVEN ANALYSIS E LEVA OPERATIVA: ll grafico di redditività
costituisce una delle principali applicazioni del concetto di variabilità dei costi,
correlato all’analisi di efficienza aziendale nella prospettiva del complessivo equilibrio
economico. Lo strumento considera la struttura costi ricavi in un determinato periodo
ed è in grado di esplicitare i risultati della combinazione delle decisioni di investimento
e dei relativi costi sul margine di contribuzione e sulla redditività aziendale. La BEA ha
lo scopo di individuare il livello produttivo necessario affinché i costi globali di gestione
siano coperti da ricavi. Evidenzia quella che è la potenzialità economico strutturale
dell’impresa, fornendo indicazioni sia per lo sfruttamento di tale potenzialità sia per la
conservazione della capacità di produrre un conveniente equilibrio tra ricavi e costi nel
tempo. Nel primo caso, strumento di controllo, l’applicazione di essa avviene
sostanzialmente sulle risultanze di bilancio. Ci si pone l’obiettivo di stabilire quale sia il
livello minimo di ricavi per coprire i costi di produzione. Nel secondo caso, l’analisi è
sviluppata per supportare il processo di pianificazione e pertanto avrà lo scopo di
rappresentare la struttura economica preventiva dell’impresa. Oltre alla corretta
identificazione della variabilità dei costi, è necessario che altre condizioni sia