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! CESSIONE DI CREDITI E DEBITI

!

Crediti:

La cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta è automatica, e si verifica per il solo fatto della

cessione dell’azienda, indipendentemente da un’espressa pattuizione delle parti sulla sorte di

quei crediti. La cessione ha effetto dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro

delle imprese.

!

Debiti:

L’accollo, da parte dell’acquirente, dei debiti relativi all’azienda ceduta è previsto anch’esso

come conseguenza automatica della cessione, ma solo per i debiti che “risultano dai libri

contabili obbligatori”.

! L’AVVIAMENTO E IL DIVIETO DI CONCORRENZA

!

L’avviamento:

L’avviamento è, in linea generale, l’attitudine del complesso aziendale a produrre un reddito, la

sua capacità di profitto. E’ avviamento oggettivo quello intrinseco all’azienda: l’acquirente

lo consegue automaticamente, per il solo fatto di aver acquistato l’azienda. L’avviamento

soggettivo invece dipende dalle doti personali dell’imprenditore: dal rapporto di fiducia che

lega i consumatori a quel dato imprenditore, dalla conoscenza che questi ha delle loro

abitudini e dei loro gusti, dalla sua capacità, insomma, di attirare la clientela.

Questo avviamento l’acquirente non lo può conseguire per il solo fatto di aver acquistato il

complesso aziendale: occorre che l’alienante si astenga, per un certo periodo, dal fare

concorrenza all’azienda ceduta, come gli impone l’art. 2557: “Chi aliena l’azienda deve

attenersi, per il periodo di cinque anni, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto,

l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dall’azienda ceduta”. Nel caso di

usufrutto o di affitto dell’azienda, il divieto vale “per la durata dell’usufrutto o dell’affitto”.

!

A tutela dell’avviamento commerciale infine, per le attività che abbiano rapporti diretti

con il pubblico (e per le quali dunque assume grande importanza l’ubicazione) è prevista una

particolare tutela nel caso in cui il locatore decida di non rinnovare il contratto di affitto

all’imprenditore: a quest’ultimo dovrà essere corrisposta, per la perdita dell’avviamento che

l’azienda subisce, una somma pari a 18 mensilità del canone d’affitto; somma che raddoppia se

l’immobile viene nuovamente adibito all’esercizio della medesima attività. Questo compenso

non è dovuto se il contratto non viene rinnovato per volontà dell’imprenditore/locatario.

! IL TRASFERIMENTO DI AZIENDA AGRICOLA

! ! 12

Le norme sul trasferimento dell’azienda sono dettate in termini generali, con riferimento ad

ogni sorta di imprese; tuttavia, occorre notare che la possibilità di applicare queste norme

risulta notevolmente ridotta in rapporto all’impresa agricola.

L’imprenditore agricolo, che non sia proprietario del fondo che coltiva, non può trasferire a

terzi il contratto di affitto, né dare in subaffitto o subconcessione il fondo. Gli atti di

disposizione dell’azienda agricola diventano ammissibili solo quando l’imprenditore sia anche

il proprietario del fondo.

Il diritto di proprietà conserva, nel settore dell’agricoltura, la propria tradizionale posizione

di preminenza: nel rapporto fra proprietà e impresa, in questo campo, prevale ancora la prima.

! IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ D’IMPRESA

!

Fra i diversi soggetti che intervengono nel processo produttivo, come si identifica

l’imprenditore? A prima vista si risponderebbe che l’imprenditore è colui che, nell’attività di

produzione o scambio, rischia la propria ricchezza; ma questo criterio non può essere

accettato, se non altro perché il più delle volte, in ambito giuridico, si domanda chi è

l’imprenditore proprio per stabilire chi debba sopportare il rischio di quella attività.

Il criterio utile per identificare l’imprenditore non può essere, dunque, l’incidenza del rischio

d’impresa, che è invece la conseguenza in vista della quale si procede alla sua identificazione.

Si potrebbe dire, ancora in termini economici, che l’imprenditore è colui che si procura i mezzi

di produzione, e dirige l’attività produttiva, appropriandosi dei suoi frutti.

In sede giuridica, tuttavia, si è soliti applicare un criterio differente, che è quello secondo il

quale è imprenditore il soggetto nel nome del quale l’impresa è esercitata.

!

L’IMPRENDITORE OCCULTO

!

Accade talvolta che un soggetto decida di interporre, fra sé e i terzi, un prestanome: a costui

egli eroga il denaro necessario per l’esercizio dell’impresa, gli impartisce direttive, si fa

consegnare gli utili dell’impresa. In questo caso ogni atto d’impresa è compiuto, in nome

proprio, dal prestanome; i terzi ignorano l’esistenza e l’identità dell’imprenditore occulto, per

essi l’imprenditore è colui che si presenta come tale ai loro occhi, cioè il prestanome.

!

La principale ragione per cui ci si astiene dall’esercitare l’impresa sotto il proprio nome è

l’intento di sottrarsi ai rischi che ne derivano: si sceglie allora come prestanome un

nullatenente e si trasferisce, così facendo, tutto il rischio sui creditori (in primo luogo fornitori

e dipendenti); infatti questi ultimi, in caso di insolvenza, chiederanno al tribunale la

dichiarazione di fallimento solo per venire a scoprire che il loro debitore è nullatenente. Il

fallito, appunto perché nullatenente, non ha niente da perdere, e a rimetterci saranno soltanto

i creditori.

Fra imprenditore occulto e prestanome c’è un rapporto di mandato, senza rappresentanza. Si

applica perciò l’art. 1705: “il mandatario che agisce in nome proprio acquista i diritti e assume

gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, questi ultimi non hanno alcun rapporto col

mandante”. Solo il mandatario, cioè il prestanome, potrà essere considerato responsabile degli

atti d’impresa compiuti con i terzi, l’imprenditore occulto, invece, non potrà neppure essere

considerato un imprenditore, in senso giuridico; la vigenza dell’ art. 1705 comporta infatti che

sia considerato imprenditore, agli effetti giuridici, il soggetto nel nome del quale l’impresa è

esercitata.

!

Socio occulto: ! 13

In senso opposto opera l’art. 147 legge fall., secondo cui: “se dopo la dichiarazione di fallimento

della società viene scoperta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale

dichiara anche il loro fallimento”. Ecco una incongruenza: non fallisce l’imprenditore occulto,

fallisce invece il socio occulto.

!

Qualcuno (Bigiavi) ha ritenuto che l’art. 147 possa essere applicato, per analogia, anche

all’imprenditore occulto, attuando una sostituzione, in materia d’impresa, del principio

dell’art. 1705; in giurisprudenza però non ci si sente ancora di poter compiere il superamento

del principio codificato nell’art. 1705.

! L’IMPRENDITORE INCAPACE DI AGIRE

!

Molti fra gli atti d’impresa presentano il carattere di atti giuridici e, in particolare, di contratti.

Se ne dovrebbe concludere che chi non ha la capacità di agire, come in particolare i minori,

non possa acquistare la qualità di imprenditore. In realtà opera il principio secondo il quale i

genitori “rappresentano i figli minori in tutti gli atti civili, e ne amministrano i beni”; diventa

perciò possibile che il minore acquisti la qualità di imprenditore, in virtù dell’attività d’impresa

svolta, con i suoi beni, dall’esercente la patria potestà.

!

L’impresa del minore:

Il tribunale può autorizzare i genitori a portare avanti, in nome del figlio, l’esercizio di

un’impresa commerciale; essi non possono però iniziare da zero, coi beni del figlio, l’esercizio

dell’impresa. L’applicazione di questa regola è dunque circoscritta all’ipotesi in cui il minore

abbia ricevuto, per successione ereditaria o per donazione, un’azienda commerciale.

L’impresa è esercitata dai genitori, che assumono la qualifica di capi d’impresa (essi inoltre,

godendo dell’usufrutto legale sui beni del figlio, ne faranno propri gli utili), tuttavia essi

agiscono in rappresentanza del figlio, al quale viene perciò giuridicamente imputato ogni atto

d’impresa. Sarà il figlio ad assumere la qualità di imprenditore e a subirne tutte le

conseguenze, fra cui le perdite: Nell’ipotesi estrema di insolvenza, ad esempio, il figlio sarà

dichiarato fallito.

Questa dichiarazione comporta conseguenze molto gravi anche sul piano personale: il fallito

viene iscritto all’ ”albo dei falliti” e soggiace a una serie di incapacità che durano per tutta la

sua vita. Evidentemente queste sanzioni sono state previste sul presupposto che l’imprenditore

fallito fosse, come di regola è, anche il capo dell’impresa; ma quando si verifichi una

dissociazione fra la qualità di imprenditore (spettante al figlio) e quella di capo dell’impresa

(che appartiene ai genitori), allora bisognerà applicare separatamente all’imprenditore gli

effetti patrimoniali del fallimento e al capo d’impresa gli effetti personali.

!

Una situazione pressoché analoga si verifica per il minore sottoposto a tutela. L’unica

differenza è che il tutore non ha usufrutto legale sui beni del minore, perciò non potrà

impossessarsi degli utili d’impresa, che apparterranno al minore stesso. Identica a

quest’ultima è la situazione dell’infermo di mente interdetto.

!

!

!

!

L’impresa dell’emancipato e dell’inabilitato:

Il minore emancipato può ottenere dal tribunale l’autorizzazione ad “esercitare un’impresa

commerciale”, anche ex novo. L’inabilitato invece può essere autorizzato solo a continuare

l’esercizio di un’impresa commerciale. Posta la domanda se, in seguito a questa autorizzazione,

l’inabilitato abbia ancora necessità dell’assistenza del curatore, si ritiene di rispondere che ! 14

valga ancora, nell’ambito dell’impresa, la differenza fra atti di ordinaria e straordinaria

amministrazione, e che l’intervento del curatore sia richiesto per i secondi. Qualcuno ha

sostenuto che non si possa distinguere, nella gestione di un’impre

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
102 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher danenzof di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Universita telematica "Pegaso" di Napoli o del prof Cossu Francesco.