L'amministrazione italiana: centralizzazione e sviluppo
L'amministrazione italiana, in quel periodo, cominciò a centralizzarsi. Il Consiglio di Stato fu incaricato non solo di fungere da organo consultivo del governo, ma anche di risolvere le controversie tra cittadini e pubblica amministrazione. Venne istituita una giustizia amministrativa separata, che si distinse dalla giustizia ordinaria, con l’intento di tutelare gli interessi pubblici senza interferire con la libertà dei privati.
In questo periodo, il diritto amministrativo italiano iniziò a consolidarsi come disciplina autonoma. I principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione vennero formalizzati, con l’obiettivo di garantire che l’azione amministrativa fosse orientata al benessere collettivo, senza prevaricare sui diritti dei singoli cittadini.
Il periodo liberale e le prime riforme
Nel periodo liberale che seguì l’Unità d’Italia, il diritto amministrativo italiano continuò a evolversi. Con la Legge n. 1172 del 1889, il Consiglio di Stato assunse definitivamente il ruolo di organo giurisdizionale per la risoluzione delle controversie amministrative, diventando una corte separata dalla giustizia civile.
Il diritto amministrativo liberale si caratterizzò per il tentativo di porre i diritti individuali sotto la protezione della legge senza compromettere l'efficacia dell'azione amministrativa. La separazione tra poteri legislativo, esecutivo e giurisdizionale venne consolidata, con il potere amministrativo che assumeva un'importanza crescente nel governo dello Stato. Le riforme che si susseguirono fino agli inizi del Novecento promossero l'idea che l’amministrazione dovesse essere efficiente e trasparente, ma sempre nel rispetto delle norme.
Nel campo del diritto amministrativo, durante questo periodo, si iniziò a definire il principio dell’autotutela, secondo il quale l'amministrazione aveva il diritto di annullare o modificare i propri atti, qualora questi fossero illegittimi o in contrasto con l’interesse pubblico.
L’era fascista e la centralizzazione del potere
Con l’avvento del fascismo nel 1922, il diritto amministrativo italiano subì una radicale trasformazione. Il regime fascista promosse una forte centralizzazione del potere, con il governo che si impadroniva di numerosi ambiti dell’amministrazione pubblica. Il sistema amministrativo venne utilizzato per rafforzare il controllo autoritario dello Stato, e la pubblica amministrazione divenne uno strumento fondamentale per l’attuazione della politica fascista.
Durante questo periodo, il Consiglio di Stato vide un ampliamento delle sue funzioni, ma il sistema giuridico si distaccò dalle pratiche democratiche precedenti, con la giustizia amministrativa che veniva indirizzata principalmente a difendere l'operato dell’amministrazione. Le controversie tra cittadini e amministrazione, seppur presenti, venivano trattate in un contesto autoritario, dove la separazione tra giustizia ordinaria e amministrativa risultava meno significativa.
L’amministrazione fascista puntava alla creazione di un forte apparato burocratico, con il controllo centralizzato che ridusse sensibilmente l'autonomia degli enti locali. La figura del funzionario pubblico veniva messa al servizio dello Stato fascista, con scarso spazio per l’auto-organizzazione o l’iniziativa dei cittadini.
La Repubblica Italiana e le riforme del diritto amministrativo
Con la nascita della Repubblica Italiana nel 1946, e l’approvazione della Costituzione nel 1948, il diritto amministrativo italiano subì una nuova trasformazione, orientandosi verso i principi di democrazia e rispetto dei diritti fondamentali. La pubblica amministrazione venne concepita come un organo al servizio del cittadino, e il principio di imparzialità e buon andamento (art. 97 della Costituzione) divenne il pilastro su cui si fondò la nuova struttura amministrativa.
La Costituzione stabilì anche la separazione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, dando una chiara definizione delle competenze dei tribunali amministrativi e del Consiglio di Stato. La giustizia amministrativa si consolidò come un’area del diritto specifica, con una forte connessione tra la legge e l'interesse pubblico, ma anche con il riconoscimento dei diritti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione.
Nel 1951 fu introdotto il processo amministrativo, dando ulteriore forza al sistema di tutela contro gli abusi della pubblica amministrazione. Il diritto amministrativo si arricchì anche di strumenti come la ricognizione degli interessi legittimi e il potere di impugnazione contro gli atti amministrativi illegittimi.
Il diritto amministrativo contemporaneo: le riforme degli anni recenti
Negli ultimi decenni, il diritto amministrativo italiano ha continuato a evolversi per rispondere alle sfide moderne. Le riforme degli anni ’90 e 2000 hanno mirato a rendere l’amministrazione più efficiente e trasparente, con l’introduzione di nuove forme di partecipazione dei cittadini ai procedimenti amministrativi (ad esempio, la legge 241 del 1990). La crescente attenzione alla trasparenza, alla responsabilità e alla lotta alla corruzione ha avuto un forte impatto sul diritto amministrativo, soprattutto con la legge 190 del 2012, che ha introdotto misure per la prevenzione della corruzione e l’obbligo di trasparenza amministrativa.
Anche il processo amministrativo è stato oggetto di numerose riforme, volte a semplificare i procedimenti e a velocizzare la risoluzione delle controversie. La legge n. 69 del 2009, che ha previsto modifiche al codice del processo amministrativo, è stata una delle principali riforme in tal senso.
Conclusione
Il diritto amministrativo in Italia ha una lunga e complessa storia che riflette le trasformazioni politiche, sociali ed economiche del Paese. Dalle origini medievali, passando attraverso la centralizzazione napoleonica e l’epoca fascista, fino alle riforme repubblicane e le recenti modifiche, il diritto amministrativo ha evoluto una struttura che mira a garantire il buon funzionamento dell’amministrazione pubblica, nel rispetto dei diritti dei cittadini.
Concludendo, oggi il diritto amministrativo si trova a dover affrontare nuove sfide, come la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’armonizzazione con le normative europee. La sua capacità di adattarsi alle nuove esigenze sociali e politiche sarà fondamentale per rispondere alle sfide del futuro, sempre mantenendo al centro i principi di legalità, imparzialità e trasparenza.
Il ruolo delle autorità amministrative indipendenti nel sistema amministrativo italiano
Una delle caratteristiche distintive del diritto amministrativo contemporaneo in Italia è la presenza delle autorità amministrative indipendenti. Questi enti, pur facenti parte della pubblica amministrazione, godono di una certa autonomia rispetto al governo centrale, che consente loro di operare in modo indipendente dalle pressioni politiche. Le autorità indipendenti sono particolarmente importanti per la regolamentazione e la vigilanza in settori chiave come le telecomunicazioni, l'energia, la concorrenza, la privacy, la protezione dei consumatori e la vigilanza finanziaria.
Alcuni esempi di autorità amministrative indipendenti includono l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), la Banca d'Italia e l'Autorità per la protezione dei dati personali. Questi enti svolgono un ruolo fondamentale nell'implementazione e nell'applicazione delle normative europee in Italia, operando con la facoltà di emettere regolamenti, sanzioni e di intervenire nelle dinamiche di mercato.
L'introduzione di queste autorità ha avuto un impatto significativo sul diritto amministrativo, poiché ha portato alla creazione di una pluralità di soggetti amministrativi con poteri normativi e decisionali autonomi. Ciò ha contribuito ad arricchire il panorama normativo e giuridico, promuovendo una regolazione più specializzata e tecnica in determinati settori.
Tuttavia, il potere delle autorità amministrative indipendenti solleva anche questioni complesse di legittimità democratica. La loro autonomia e indipendenza dalle scelte politiche sollevano interrogativi riguardo alla loro accountability, cioè alla loro responsabilità verso i cittadini e le istituzioni.