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Virgilio accetta la richiesta di Dante ma gli comunica che
sarà lui a parlare con la fiammella poiché i personaggi
all’interno sarebbero meglio disposti a parlare con qualcuno
del loro tempo, più vicini a loro. Così Virgilio fa ad Ulisse la
domanda che ha in mente Dante: “dove, per lui, perduto a
morir gissi” (v. 84), ovvero chiede dove sia morto Ulisse.
Dante conosce Ulisse grazie alle traduzioni latine (non
conosce il greco) che lo raffigurano come un uomo astuto e
ingannatore, soprattutto attraverso l’uso della parola ma
anche come un uomo audace e desideroso di conoscere:
viene condannato all’Inferno per la sua prima caratteristica
e gli cede a lungo la parola perché possa lui stesso esibire
la seconda (vv. 97-99) che sembra quasi far dimenticare la
prima. Nei versi precedenti Virgilio aveva già esposto a
Dante i maggiori inganni di Ulisse, ma nel corso del canto
questi vengono quasi dimenticati perché si è totalmente
presi dal discorso di Ulisse che dimostra la sua abilità con la
parola. Il fatto che Ulisse sia avido di conoscenza lo
avvicina particolarmente a Dante autore: già nel Convivio
aveva esaltato il desiderio di conoscenza dell’uomo e la
possibilità di soddisfarlo con le proprie forze, ma nella
Commedia è una caratteristica superata. Nel canto, il
Dante personaggio è vicino a Ulisse:
1. Essi sono entrambi viaggiatori;
2. Sono viaggiatori che vanno oltre il mondo conosciuto
(Dante raggiunge il paradiso, mentre Ulisse vuole
superare le Colonne D’Ercole);
3. Entrambi arrivano al Purgatorio, Ulisse per mare, Dante
attraverso il corpo di Lucifero;
4. Ulisse fa naufragio e Dante, all’inizio del suo viaggio, si
rappresenta come un naufrago. Quest’ultima
somiglianza ci evidenzia in realtà una differenza tra i
due: il naufragio di Ulisse è definitivo e concluso con la
morte e l’inferno, mentre quello di Dante è il punto di
partenza del suo viaggio che si concluderà con la
salvezza e la visione di Dio. Ulisse vede la montagna
del Purgatorio solo da lontano, mentre Dante ci sale e
raggiunge il Paradiso.
All’interno della Commedia, per ribadire ancora le
differenze e le somiglianze tra Dante e Ulisse, sono inseriti
dei richiami di questo canto, resi tale grazie all’utilizzo delle
stesse parole e delle stesse rime: così quando Dante è sulla
riva del Purgatorio pensa di trovarsi per acque che nessuno
mai ha navigato, ma non è realmente così, Ulisse ha già
percorso quelle acque, allora il poeta si corregge dicendo
che quelle acque non sono state navigate da nessuno che
sia riuscito a tornare a casa. La differenza sostanziale è che
Dante, non come Ulisse, ha lasciato che il suo ingegno
venisse guidato da qualcuno (Virgilio, Beatrice, San
Bernardo) proprio per non prendere la strada sbagliata:
ecco una sostanziale differenza tra i due personaggi, Ulisse
non si fa guidare da nessuno, ha anzi la pretesa di essere
lui stesso la guida dei suoi compagni.
Occorre soffermarci sul discorso di Ulisse (l’”orazion
picciola” che l’eroe greco fa per convincere i suoi compagni
a valicare il confine delle colonne d’Ercole) per capire come
sia stato condannato nel cerchio dei fraudolenti,
nonostante tutto ciò che dica si soffermi sul suo viaggio e
sul suo essere uomo di conoscenza: il picco del discorso si
trova nei vv. 119-120 (“considerate la vostra semenza:/
fatti non foste a viver come bruti/ ma per seguir virtute e
canoscenza”): qui Ulisse sottolinea la differenza tra uomo e
animale, ovvero il desiderio di raggiungere la perfezione
morale e intellettuale, ed è così che convince i suoi
compagni, li rende affamati di conoscenza e li sprona a
continuare il viaggio. Ulisse aveva già abbandonato le sue
virtù di uomo, precedentemente a questa tappa del viaggio
egli aveva lasciato tutti i suoi affetti più cari (il figlio,
l’anziano padre e sua moglie Penelope, vv. 94-96)
costituendo così la figura dell’antieroe (a differenza di Enea
che, dopo la caduta di Troia, fugge dalla città in fiamme
portando sulle spalle il padre, per mano al figlio e tentando
invano di salvare la moglie), ne consegue che il discorso
fatto ai compagni di viaggio è fraudolento e ingannatore
perché Ulisse parla di una virtù che lui non possedeva più.
All’inizio del discorso Ulisse chiama i suoi compagni
“fratelli”: ma un guerriero e un principe non può
considerare compagni dei semplici rematori che sono solo
degli strumenti per raggiungere il suo scopo. Ulisse ha la
pretesa di diventare una guida per loro ma egli non può
guidare nessuno perché non è a sua volta guidato da
qualcuno e non è guidato perché non vuole considerare la
sua dipendenza da altri, tranne alla fine quando il mare si
richiude sopra di lui.
"O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,