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DERIVATI TEGUMENTARI
Le scaglie dei pesci attuali sono strutture ossee dermiche, che si sono evolute dalle
corazze ossee dei pesci del Paleozoico, ridotte in dimensione e ben più flessibili. Benché
di origine dermica, queste scaglie sono strettamente associate alla sottile epidermide
sovrastante; in alcuni casi protrudono dall’epidermide, ma in genere quest’ultima forma
una guaina continua, che si ripiega sotto le scaglie sovrapposte le une alle altre.
Nei rettili le ossa dermiche formano l’armatura dei coccodrilli, nonché il tegumento
perlaceo di molte lucertole, e contribuiscono anche a formare il carapace delle
tartarughe. Anche le ossa piatte del cranio sono di origine dermica, così come le corna,
che derivano dall’osso dermico frontale. Penne, squame, peli, artigli, zoccoli, unghia
invece sono derivati dell’epidermide. Il carapace dei crostacei, al contrario di quello delle
tartarughe è una duplicatura della cuticola. CORNA VS PALCHI (slide 5x4) SQUAMA VS
SCAGLIA (slide 5x5)
SISTEMA SCHELETRICO (5x6)
Lo scheletro è un sistema di sostegno che fornisce rigidità al corpo, una superficie
d’attacco per i muscoli e protezione per gli organi interni vulnerabili. Le familiari ossa
dello scheletro dei vertebrati sono solo uno dei vari tipi di tessuto con funzioni di
connessione e sostegno. Fornisce il sostegno all’animale e mantiene la forma del corpo:
particolarmente importante per gli animali che vivono sulla terraferma, in quanto l’aria
fornisce un sostegno minore dell’acqua. Lo scheletro ha funzione di protezione: alcune
parti molli o delicate, come l’encefalo, il cuore e i polmoni, sono protette da strutture
rigide e resistenti agli urti quali, ad esempio, il cranio e la gabbia toracica dei vertebrati.
Lo scheletro è conformato in maniera tale da favorire il movimento, in quanto i muscoli si
inseriscono direttamente sulle ossa e le sfruttano come leve per generare il movimento
di tutto il corpo o di alcune sue parti. Non tutti gli scheletri però sono rigidi; molti
invertebrati utilizzano fluidi interni come scheletro idrostatico, una cavità piena di liquido
sotto pressione che conferisce forma al corpo, sostiene l’azione dei muscoli ed
ammortizza gli urti. Tipico degli animali acquatici o terrestri che strisciano o scavano
gallerie nel terreno. I muscoli della parete del corpo dei lombrichi, ad esempio,
sviluppano la propria azione contraendosi in modo antagonista ai fluidi incomprimibili
racchiusi dentro lo spazio delimitato dal celoma. Negli animali esistono sistemi di
sostegno: ENDOSCHELETRO, IDROSCHELETRO e ESOSCHELETRO.
SCHELETRO IDROSTATICO
Lo scheletro idrostatico è formato da un liquido racchiuso in una cavità corporea
circondata da due strati di tessuto muscolare. A differenza di uno scheletro rigido implica
un modesto aumento del peso dell’animale: minore energia sottratta alla locomozione. I
movimenti locali precisi sono possibili ma difficili (liquido trasmette pressione in tutte le
direzioni).
SCHELETRO IDROSTATICO: CNIDARI
Lo scheletro idrostatico degli anemoni di mare permette di accorciarsi e chiudere la
cavità quando i muscoli longitudinali sono contratti oppure di allungarsi e aprire la
cavità, contraendo i muscoli circolari. Poiché il volume del fluido è costante un aumento
in larghezza determina una diminuzione della lunghezza. Le miofibrille circolari della
gastrodermide e l'ingresso dell'acqua allungano, quindi, il corpo mentre le miofibrille
longitudinali subepidermiche contraggono il corpo. È inoltre possibile una rapida
espulsione dell'acqua tramite pori in caso di pericolo.
SCHELETRO IDROSTATICO: ANELLIDI (5x8-13)
Durante la locomozione e lo scavo, le chete o setole chitinose (nel lombrico: quattro paia
per metamero, due paia per lato: un paio dorsale e uno ventrale) ancorano le diverse
parti del corpo per prevenire lo scivolamento. Poiché il volume del fluido è costante in
ogni metamero, la contrazione dei muscoli circolari fa allungare la
parte anteriore del corpo del verme in avanti, segue l’ancoraggio, ed infine, la
contrazione dei muscoli longitudinali accorcia il corpo trascinando in avanti l’estremità
posteriore. Gli Anellidi sono provvisti di setti a separare i metameri. Il vantaggio di avere
il corpo suddiviso in parti indipendenti è evidente, il movimento è più preciso (efficiente)
in quanto la contrazione è locale e non è trasmessa per l’intera lunghezza del corpo.
Quando un lombrico è tagliato in più pezzi, ognuno riesce ancora a muoversi perché può
comprimersi/rilassarsi
in maniera efficace. Quando i setti sono assenti, come nella parte anteriore del verme
arenicola (anellide) o nei vermi nematodi (del tutto privi di setti e pseudocelomati), ogni
ferita determina l’immobilità dell’animale a causa della perdita di liquido. I lombrichi
(Anellidi una volta detti “oligocheti”): possono così muoversi grazie a un meccanismo di
PERISTALSI, cioè contrazioni alternate dei muscoli circolari e di quelli longitudinali che
circondano il celoma ripieno di liquido. Nel moto peristaltico l’onda di contrazione si
propaga
antero-posteriormente e grazie all’ancoraggio delle setole il lombrico si muove in avanti
senza slittare.
Un altro tipo di locomozione, tipico dei policheti, è il MOTO ONDULATORIO; i movimenti
mediati dallo scheletro idrostatico sono più ondulatori che peristaltici (lombrico). Esso
viene usato più dagli organismi striscianti o nuotatori, piuttosto che da organismi
scavatori. Si tratta del risultato dell’azione antagonista dei muscoli longitudinali sui lati
opposti del corpo dell’animale. Quando su un lato i muscoli longitudinali sono contratti
su quello opposto sono distesi mentre quelli dei parapodi sono contratti (esposizione dei
parapodi e dei ciuffi di setole e loro contatto se a terra). Dallo strisciamento al nuoto
aumenta la lunghezza media dell’onda che determina il moto. Il volume di ogni comparto
(tra due setti) è costante, se si accorcia da un lato deve allungarsi dall’altro. Ogni
comparto è quindi come «una vertebra». A differenza dei nematodi, gli anellidi hanno
muscoli metamerici e corti (segmentali); pertanto, mentre un nematode si flette per
l’intera lunghezza, un anellide si piega a settori (sinusoide). Negli anellidi ritroviamo poi
un altro tipo di moto, il MOTO A COMPASSO, tipico delle sanguisughe. Negli irudinei, fatta
eccezione per alcune forme più primitive, mancano sia le chete/setole che i setti tra i
metameri. Il celoma è ridotto (molto spazio è occupato da tessuto connettivo e
muscolare) a un sistema di lacunae o canali ripieni di fluido. Complessivamente lo
scheletro idrostatico celomatico è presente ma molto meno efficiente rispetto ad altri
anellidi. Gli irudinei hanno sviluppato ventose per l’adesione: attaccano dapprima una
ventosa e poi l’altra strisciando con movimenti a compasso. L'adesione della ventosa
posteriore causa automaticamente il distacco della ventosa anteriore, la contrazione dei
muscoli circolari e il rilassamento dei muscoli longitudinali, mentre l'adesione della
ventosa anteriore causa il distacco della ventosa posteriore, il rilassamento dei muscoli
circolari e la contrazione dei muscoli longitudinali. La sanguisuga si accorcia e la ventosa
posteriore si attacca di nuovo. Sono poi anche in grado di nuotare con moto ondulatorio.
Nei nematodi la presenza di uno scheletro idrostatico, porta ad un movimento
ONDULATORIO A FRUSTA, la cui efficienza è dovuta alla pressione idrostatica interna (2°
forza antagonista), più alta che nella maggior parte degli animali, a compensazione
dell’assenza della muscolatura circolare. I muscoli della parete del corpo di un nematode
(phylum Nematoda) al di sotto dell’epidermide sinciziale si contraggono solo
longitudinalmente: non ci sono muscoli circolari (non possono quindi restringere il
corpo).
Lo pseudoceloma, pieno di fluido e con gli organi interni, costituisce lo scheletro
idrostatico. Mentre negli oligocheti i muscoli agiscono in modo antagonista ed il
movimento si sviluppa per contrazione/rilassamento alternato, nei Nematodi l’azione
antagonista alla muscolatura longitudinale è svolta dalla cuticola (spessa,
pluristratificata, dura ma elastica). Si muovono su un fianco grazie azione antagonista
cuticola/pseudocele vs. muscolatura longitudinale. Alla contrazione muscolare su un lato
corrisponde un allungamento su quello opposto che riporta il corpo in posizione di riposo.
SCHELETRI RIGIDI
Negli scheletri rigidi, come suggerisce il nome, sono presenti elementi rigidi, di solito
articolati tra loro, ai quali si attaccano i muscoli. Questi possono contrarsi e rilasciarsi e
solitamente sono in gruppi di muscoli antagonisti (estensori e flessori). I tipi più comuni
di scheletro rigido sono l’esoscheletro e l’endoscheletro
ESOSCHELETRO
L’esoscheletro è di origine ectodermica (dall’epidermide), tipicamente con funzione
protettiva, può avere ruolo determinante nella locomozione. Può avere forma di
conchiglia, essere di tipo calcareo, proteico o chitinosa. Tipico di molluschi (rigido) e
artropodi (articolato). A differenza dell’endoscheletro che cresce con l’animale,
l’esoscheletro è un’armatura che deve essere quasi sempre rinnovata per fare spazio
alle nuove dimensioni dell’animale in crescita. Tuttavia, le conchiglie di gasteropodi e dei
bivalvi e altri molluschi o il carapace dei concostraci (crostacei) crescono con l’animale.
L’esoscheletro degli Artropodi costituisce una buona difesa dai predatori e una
protezione contro la disidratazione. Esso è costituito principalmente da chitina, un
polisaccaride con struttura complessa. Per gli animali di piccole dimensioni, un
esoscheletro tipo artropode è forse un dispositivo migliore di un endoscheletro tipo
vertebrati perché, a parità di materiale e peso, un tubo cilindrico cavo può sostenere
senza piegarsi un peso notevolmente maggiore rispetto a un bastone cilindrico pieno. Gli
artropodi traggono dal proprio esoscheletro sia protezione sia sostegno strutturale. Per
animali di maggiori dimensioni, il cilindro cavo sarebbe di poca praticità. Se, infatti, fosse
sufficientemente spesso da sostenere il peso del corpo, sarebbe però troppo pesante da
sollevare; se, invece, fosse leggero e sottile, sarebbe troppo incline a deformarsi o a
rompersi a ogni impatto.
La crescita corporea è associata alla perdita del vecchio esoscheletro ed alla formazione
di uno nuovo più grande: ECDISI o MUTA (ecdisi: perdita vecchia cuticola e muta:
formazione nuova cuticola più grande). Le fasi di accrescimento tra le mute sono dette
ETÀ o STA