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3. PROVA DI TAGLIO E PROVA DI TORSIONE
Abbiamo detto che nella meccanica forze puramente di taglio non sono presenti. Comunque
viene data un’espressione alla quale si possono
F
τ =
ricondurre tutti gli sforzi di taglio. A 0
A rappresenta il piano di taglio/piano di
0
scorrimento del materiale, mentre F è la forza
applicata parallelamente alle facce superiore ed
inferiore. La deformazione di taglio è definita
come la tangete dell’angolo di deformazione di
.
14
Quando si parla di sforzo di torsione, non si fa altro che riferirsi ad un caso particolare di sforzo di
taglio. Questo sforzo si verifica quando un elemento della struttura viene sollecitato a torsione,
ovvero quando le forze applicate provocano una rotazione attorno all’asse longitudinale.
Componente normale (perpendicolare) al piano di
scorrimento. [prima formula]
Componente parallela al piano di scorrimento
[seconda formula]
Si comprende che gli stati di tensione generati dall’applicazione di forze di trazione,
compressione, taglio e torsione agiscono parallelamente o perpendicolarmente alle superfici
piane appartenenti ai corpi. È importante osservare che lo stato di tensione è in funzione
dell’orientazioni dei piani sui quali agisce lo sforzo. Si consideri il provino cilindrico soggetto ad
uno sforzo di trazione parallelo all’asse del cilindro; si consideri inoltre il piano p-p’ orientato
secondo un angolo orientato rispetto ad una delle facce superiore e inferiore del provino. Lo
sforzo che si genera sul piano pp’ non può essere considerato uno sforzo puro di trazione, ma
’
piuttosto uno sforzo complesso composto da una componente di trazione pura
’
perpendicolarmente al piano e da una componente di taglio agente parallelamente al
medesimo piano. Si spiegano cosi le formule in figura.
• DEFORMAZIONE ELASTICA
Il grado di deformazione di una struttura dipende
dall’entità dello sforzo applicato. Per la maggior
parte dei metalli sottoposti a sforzi di trazione e a
carichi relativamente bassi, lo sforzo e la
deformazione sono direttamente proporzionali e
=E
legati dalla relazione conosciuta cime legge
di Hooke, dove la costante di proporzionalità E è
detta modulo elastico/modulo di Young. L’unità di
,
misura del modulo elastico, e di conseguenza di
è N/m . Il modulo elastico varia da materiale a
2
materiale. Riportiamo ora in tabella quelli più
importanti. Da ciò segue che la deformazione, per la quale sforzo
e deformazione sono direttamente proporzionali, è la
deformazione elastica. Con essa il grado dello
sforzo in funzione della deformazione risulta lineare
come mostrato in figura. In più l’inclinazione della
retta rappresenta il modulo elastico, il quale
rappresenta la rigidità del materiale, ovvero la
resistenza che esso oppone alla deformazione
elastica. (maggiore è il modulo e più rigido è il
materiale). Si può aggiungere che la deformazione
elastica rappresenta una deformazione non
permanente. Ciò significa che una volta rimosso il
carico il materiale riacquista la sua forma originaria.
15
Nella figura accanto si mostra come per alcuni
materiali il tratto elastico iniziale sia una curva. Ciò
impone una variazione del modulo elastico non
lineare, pertanto non è possibile determinare il
modulo elastico di per sè. In tal caso si utilizza, per
determinare il comportamento elastico, i moduli
tangente o secante. Il primo è dato dalla pendenza
della tangente alla curva sforzo-deformazione,
mentre il secondo è rappresentato della pendenza di
una retta secante passante per l’origine e per il punto
definito dalla curva sforzo-deformazione.
A livello atomico la deformazione elastica si manifesta tramite piccole variazioni della distanza
interatomica, pertanto il modulo elastico non è altro che la misura della resistenza opposta
all’allontanamento di due atomi adiacenti. In fine va ricordato che, come tutte le proprietà
meccaniche, anche il modulo elastico dipende dalla temperatura (maggiore è la temperatura e
maggiore sarà la distanza di legame e quindi minore la forza che unisce gli atomi).
Sino ad ora si è supposto che la deformazione elastica non dipenda dal tempo e che una volta
rimosso il carico il materiale si riappropri della sua forma originaria. Nella realtà molti materiali
ingegneristici presentano invece un comportamento elastico che dipende dal tempo. Vale a dire
che dopo l’applicazione del carico, la deformazione elastica procede per un certo lasso di tempo
e che dopo la rimozione del carico, il completo recupero della forma originaria non è istantaneo.
Tale fenomeno è detto anelasticità ed è dovuto a processi microscopici che si sviluppano nel
tempo e che accompagnano nel tempo la deformazione.
• PROPRIETÀ ELASTICHE DEI MATERIALI
Quando si applica uno sforzo di trazione ad un provino di metallo, si osserva un allungamento
elastico ed una corrispondente deformazione nella direzione di applicazione dello sforzo, mentre
nelle altre direzioni si assiste ad una contrazione. Inoltre se lo sforzo è applicato solo lungo una
direzione, per esempio lungo l’asse delle z e il materiale è isotropo allora = . Perciò per
x y
valutare il rapporto tra la deformazione laterale e quella assiale viene definito il rapporto di
ϵ
ϵ y
x
v = − = −
Poisson (v). ϵ ϵ
z z
Il valore massimo di v è 0.50 (materiale incomprimibile ideale), ma per molti metalli e leghe il
valore del rapporto di Poisson varia tra 0,25 e 0.35.
• DEFORMAZIONE PLASTICA
Per la maggior parte dei materiali la deformazione risulta elastica
solo fino a valori di circa 0,005. Non appena il materiale viene
deformato al di sopra di quella soglia, lo sforzo non segue più
un andamento direttamente proporzionale alla deformazione e
compare così una deformazione permanete e non recuperabile.
Tale deformazione è detta deformazione plastica. La figura 6.10
evidenzia la transizione dal campo elastico al campo plastico.
16 Tale transizione avviene
generalmente in maniera
graduale per la maggior
parte dei metalli. Si nota
inoltre che all’insorgere delle
deformazioni plastiche
appare una curva che cresce
più rapidamente al crescere
dello sforzo. Da un punto di
vista atomico la
deformazione plastica
corrisponde alla rottura dei
legami tra atomi vicini, e al
movimento di un gran
numero di atomi/molecole.
Ciò provoca la formazione di
nuovi legami tra altri atomi adiacenti. Una volto rimosso il carico, ovvero terminato lo sforzo a cui
è sottoposto il materiale, gli atomi, le molecole o gli ioni non tornano nella loro posizione iniziale.
Tale processo di deformazione plastica varia da materiale a materiale. In generale i solidi cristallini
presentano un processo di deformazione plastica
diversa da quello dei solidi amorfi. Per i solidi
cristallini il processo di deformazione si presenta
attraverso uno scorrimento (movimenti di
dislocazione). Per i solidi amorfi invece la
deformazione plastica si genera in seguito ad un
meccanismo di flusso viscoso. Infine va ricordato
che la deformazione plastica dipende dalla
temperatura di esercizio e dalla velocità con cui si
applica il carico.
• PROPRIETÀ A TRAZIONE
La maggior parte delle strutte è progettata in modo tale che sotto sforzo subiscano solo
deformazioni elastiche. Ciò viene fatto per prevenire l’insorgere di eventuali problemi, poiché un
materiale che subisce una deformazione plastica non è più in grado di adempiere alle proprie
funzioni. È pertanto necessario conoscere il valore dello sforzo oltre il quale si ha una
deformazione plastica, ovvero quando si verifica il fenomeno dello snervamento. Per i metalli, per
i quali il passaggio dalla deformazione elastica a quella plastica avviene gradualmente, il punto di
snervamento può essere determinato come il punto oltre il quale la curva sforzo-deformazione
non segue più un andamento lineare. Tale punto, detto limite di proporzionalità (in figura 6.10 è
rappresentato dal punto P) rappresenta il punto in cui inizia la deformazione plastica a livello
microscopico. Calcolare il punto di snervamento risulta però troppo complicato. Si è pensato così
di stabilire per convenzione che il limite di proporzionalità si possa determinare tracciando una
retta, parallela al tratto elastico della curva sforzo-deformazione, e passante per una fissata
deformazione permanete (in genere si prende una formazione di 0,002). Lo sforzo corrispondente
17
all’intersezione di questa retta con la curva sforzo-deformazione è definito limite di snervamento
( ). L’unità di misura del limite di snervamento è MPa. Questo metodo, per la ricerca del limite di
s
proporzionalità, non può essere applicato a quei materiali che presentano un comportamento
elastico non lineare. Si pone per essi, nella pratica, che il limite di snervamento sia lo sforzo
necessario per provocare una determinata deformazione. Per gli acciai e per alcuni materiali la
curva sforzo-deformazione presenta l’andamento raffigurato nella figura 6.10b. Per essi è evidente
che la transizione dal campo elastico al campo plastico è molto ben definita ed avviene nel tratto
chiamato zona di snervamento. La deformazione plastica inizia in prossimità del limite di
snervamento superiore e procede con un apparente diminuzione dello sforzo per poi iniziare ad
oscillare attorno ad un valore chiama limite di snervamento inferiore.
Dopo che è avvenuto lo
snervamento, lo sforzo necessario
per continuare la deformazione
plastica nei metalli cresce fino al
raggiungimento di un valore
massimo (il punto M in figura), per
poi decrescere fino alla frattura
(punto F in figura). La resistenza a
rottura a trazione è lo sforzo
rappresentato dal punto di massimo
della curva sforzo-deformazione.
Questo valore corrisponde allo
sforzo massimo che può essere
sostenuto dal materiale sottoposto
a trazione. Pertanto se tale sforzo
viene raggiunto e mantenuto il materiale si rompe. Le deformazioni che avvengono nel provino
fino a questo punto sono ripartire uniformemente lungo tutta la lunghezza del provino, ma
quando si raggiunge lo sforzo massimo si forma un restringimento localizzato. Questo fenomeno
è detto strizione.
• DUTTILITÀ
È un’altra proprietà meccanica molto interessante e soprattuto molto important