Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SOCIETA' "PRIMITIVE".
41. L'EREDITA DI COMTE
Auguste Comte (1798 . 1857) fu un filosofo positivista che nei decenni centrali dell'800 fu
l'autore più influente di questo genere di studi in Francia.
Il Positivismo, fin dalle origini, si pone due grandi obiettivi culturali:
1. Il superamento della metafisica e il ricorso alla conoscenza scientifica dei
fenomeni. Gli studiosi positivisti non devono chiedersi il perché dei
fenomeni, devono piuttosto descrivere il “come” questi fenomeni si
svolgono;
2. La fondazione di una filosofia positiva capace di rimanere fedele ai fatti,
di generalizzare solo partendo dalle evidenze empiriche.
In Auguste Comte il termine positivo indica ciò che è reale, utile e certo. Il
positivismo comtiano parte dal presupposto che la conoscenza è sempre relativa,
in quanto deve saper stabilire delle relazioni tra i fenomeni.
Una delle più grandi relazioni individuate da Comte è quella tra mondo della
natura e mondo umano e sociale. Egli infatti concepisce la società come un
organismo vivente e come tale sottoposta alle stesse leggi di sviluppo del mondo
naturale. La scienza che studia la società, di cui lo studioso francese è considerato
il fondatore, prende il nome di fisica sociale e successivamente quello di
sociologia. Proprio come un organismo, una società è governata da leggi che si
attuano in un modo naturale e spontaneo e che sono immodificabili.
Durate la guerra civile del 1870 l'approccio positivista di Comte ebbe un freno, infatti la società
si stava sviluppando in maniera apparentemente illogica e irrazionale e quindi non spiegabile.
4.2 COSCIENZA E RAPPRESENTAZIONI COLLETTIVE: EMILE DURKHEIM
Durkheim si allontanò da Comte e individuò invece dei "sentimenti comuni" che secondo lui
erano rappresentati da "l'insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei
membri della stessa società". Un livello quindi sovraindividuale (coscienza appartenente alla
società e non al singolo). Secondo Durkheim era necessario che la sociologia comparasse varie
società per poter raggiungere una conoscenza delle "leggi della vita sociale". -> apertura verso
l'etnologia.
I primi interessi etnografici di Durkheim furono verso la divisione del lavoro sociale nelle varie
società in relazione al tipo di solidarietà presente nei membri di esse.
Riconosce 2 tipi di società:
a solidarietà meccanica (in cui l'individuo interiorizza così tanto la coscienza collettiva da
– essere guidato automaticamente dalle norme sociali)
a solidarietà organica (dove gli individui si riconoscono nella società più per propria
– volontaria adesione e la coscienza collettiva occupa meno spazio)
nel 1912 Durkheim pubblica uno studio sulle religioni comparando gli elementi che entrano a far
parte di tutte le religioni. Studiando i sistemi religiosi più "semplici" Durkheim sostiene che gli
esseri umani idealizzano la propria unione come gruppo trovando un totem che li rappresenti
(TOTEMISMO). -> spostamento dal culto della società al culto di qualcosa di esterno alla società
e superiore -> venerazione della società stessa.
Secondo Durkheim le religioni costituivano un sistema unitario. Gli umani provano rispetto
verso la società e ne sono devoti -> rappresentano questo con la religione.
4.4 IL "PRELOGISMO" DI LUCIEN LEVY-BRUHL
filosofo che verrà considerato teorico della "mentalità primitiva". Egli tentò di capire se
esistesse una "morale oggettiva". Questo lo portò a fare studi di etnografia nel cercare una
morale universalmente valida.
Egli sostiene che esiste una "natura umana" ovunque identica a se stessa, da tenere in
considerazione.
Secondo L'EVOLUZIONISMO INGLESE il modo di pensare dei primitivi si spiega sulla base di
operazioni mentali individuali e soggettive. Invece le rappresentazioni collettive, per quanto
bizzarre potevano sembrare, erano invece comuni ad un gruppo sociale e trasmissibili di
generazione in generazione. Esse costituivano dei veri e propri "fatti sociali".
Per levy-Bruhl non si trattava di scoprire l'origine di queste rappresentazioni in quanto pensava
che i fatti sociali fossero già dati all'interno di una società. Secondo Levy-Bruhl in un gruppo
sociale primitivo avveniva una esperienza mistica all'interno della quale gli individui non
potevano sviluppare un giudizio proprio e indipendente dalla società -> impermeabilità
all'esperienza (ad esempio continuare ad utilizzare riti magici pur vedendo che non
funzionano).
In LA MENTALITA' PRIMITIVA del 1922, Levy Bruhl disse che la mentalità primitiva è pre-logica
(a-scientifico e a-critico) ma non per questo inferiore, infatti egli sottolinea la diversita di
orientamento della mentalità primitiva rispetto a quella civilizzata.
5. TRADIZIONI POPOLARI ED ETNOLOGIA IN ITALIA
In Italia, ha differenza di Francia, Gran Bretagna e Germania, gli studi etno-antropologici furono
legati poco alla scoperta del mondo coloniale e invece furono più centrati sullo studio denne
tradizioni folkloristiche (ora detta demologia).
5.1 DEMOLOGIA (TRADIZIONI POPOLARI)
→
1861 unità d'Italia. Paese in formazione e concentrato su se stesso. Gran parte degli studi si
occupa di tradizione e ricerca delle origini.
Questo interesse si canalizzò in primis come uno studio demologico sulle tradizioni regionali.
Diverse personalità italiane nella seconda metà dell'800 portarono avanti interessi a cavallo tra
l'etnologia, la psicologia e l'antropologia. PAOLO MANTEGAZZA, era un sostenitore
dell'evoluzionismo biologico e diffuse le idee di Darwin in Italia, diventò titolare della prima
cattedra di antropologia in Italia.
TITO VIGNOLI, fu professore di Antropologia a Milano e direttore del museo di storia naturale.
GIUSEPPE PITRE' fu medico, iniziatore degli studi demologici in Italia e nello specifico in Sicilia,
dove fece una catalogazione delle tradizioni popolari.
5.3 DALL'ESPLORAZIONE EXTRA-EUROPEA ALL'ETNOGRAFIA DELL'ITALIA: LAMBERTO
LORIA
La figura più rilevante dell'etnografia Italiana di fine ottocento/inizio novecento su quella di
LAMBERTO LORIA. Nato in Egitto da genitori Italiani, Loria viaggiò nel Turkestan, in Lapponia e
in Eritrea e raccolse importanti informazioni etnografiche. Nell'ultima parte della sua vita si
dedicò all'etnografia italiana, interrompendo la sua attività di esploratore.
Nel 1901 Loria fondò la Società di Etnografia Italiana e si fece promotore della prima mostra
internazionale della stessa, la quale di focalizzò sulla raccolta e la messa in mostra di costumi
locali delle varie regioni.
Nel 1911 Loria fondò anche il Congresso della società di etnografia italiana, animato da diversi
interventi da vari paesi europei.
6. L'ETNO-SOCIOLOGIA FRANCESE
L'influenza di Durkheim con i concetti i fatto sociale e coscienza collettiva, fu enorme, oltre che
sul pensiero sociologico, anche su quello etnologico francese. L'originalità della riflessione
successiva a Durkheim consistette di tentare di cogliere, dietro i fenomeni sociali, le “ragioni
nascoste” del loro accadere.
6.1 LA MORTE, IL SACRO, IL PROFANO: ROBERT HERTZ
Hertz ebbe una formazione filosofica; l'idea ispiratrice alla base dei lavori di Hertz può essere
ricondotta alla problematica durkheimiana della coesione sociale. Ad esempio per Hertz le
credenze relative alla morte nelle popolazioni primitive non erano (come dicevano Tylor o
Frazer) delle spiegazioni quanto delle rappresentazioni collettive condivise da tutti i membri di
una società.
Hertz mise in rilievo come la morte si rivesta, presso tutti i popoli, di emozioni e di
rappresentazioni differenziate dal punto di vista culturale, ad esempio scrive che in un popolo,
la morte di un capo o di un uomo importante del villaggio si accompagnano grandi riti, mentre
→
la morte di uno schiavo passa quasi inosservata. la morte non mette fine solo all'esistenza
fisica ma anche dell'identità sociale. Attraverso i riti funebri il defunto viene “staccato” dalla
comunità dei vivi e integrato in quella degli antenati.
Presso le società la morte è vista come una transizione da una condizione ad un altra, quindi i
riti funebri sono simili a quelli di nascita o di matrimonio. L'idea di continuità nel passaggio da
vita terrena a ultraterrena è presente in tutte le società e religioni.
Un altro importante studio di Hertz fu “la preminenza della mano destra, studio sulla polarità
religiosa”. Egli avanzò l'ipotesi secondo cui la preminenza della mano destra fosse una vera e
propria istituzione sociale. Egli riprese la distinzione tra Sacro e Profano già operata da
Robertson Smith e disse che la divisione in queste due dimensioni spinge i popoli a strutturare
l'universo secondo un principio bipolare . Tutto è distribuito tra destra e sinistra. La destra
solitamente associata al positivo e la sinistra al negativo.
6.2 I RITI DI PASSAGGIO: ARNOLD VAN GENNEP
Arnold Van Gennep si mosse tra etnologia e folklore. Una delle sue opere più importanti fu “i
riti di passaggio” del 1909 che però non venne ben accolto dalla corrente all'epoca dominante,
di scuola Durkheimiana.
Questo testo di Van Gennep si focalizzava sul fatto che la vita degli individui è scandita in fasi
che vengono sottolineate da riti di passaggio (come lui stesso li definiì). Tali riti investono
aspetti tanto più numerosi nella vita quanto più indietro si va con le società.
Van Gennep distinse, all'interno dei riti di passaggio, 3 fasi:
→
riti preliminari separazione
– →
riti liminari margine
– →
riti postliminari aggregazione
–
conferendo grande importanza a quella centrale, già trattata precedentemente da Hertz che
aveva parlato di “stadio transitorio”, cioè il periodo di decorrenza tra il lasciare una fase ed
entrare in un altra.
Lo studio sui riti di Van Gennep proseguì con “lo stato attuale del problema totemico” in cui
egli critico a Durkheim e Mauss il riconoscere nel totemismo le forme di origine della
classificazione della realtà.
Per Van Gennep il principio classificatorio era un istanza che precedeva qualunque altra
attitudine dell'intelletto tra cui quella religiosa.
I riti di passaggio sono i riti secondo cui l'uomo classifica l'universo sociale.