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Estratto del documento

Ferrua ritiene che nella formula breve ma potente della Costituzione il contraddittorio non

figuri come semplice diritto individuale ma come una garanzia oggettiva, come una

condizione di regolarità del processo. Il legislatore avrebbe forse potuto parlare di metodo

anziché di principio per sottolineare la forza epistemica del contraddittorio, cioè la sua natura

di strumento utile alla ricostruzione dei fatti.

18) Prove costituende vs prove precostituite

Le prove costituite o costituende si formano all’interno del processo (esempio: una

testimonianza non esiste in natura ma si forma dentro al processo). Le prove precostituite

sono realtà esterne al processo, che ci si limita a portare all’interno di esso (esempi: ripresa

video, impronta digitale, …). In relazione alle prove precostituite, non ha neanche senso

immaginare un contraddittorio nel momento in cui quelle prove di formano.

Con il passare del tempo, le prove precostituite hanno assunto un’importanza preponderante

rispetto alle prove dichiarative. Il contraddittorio nel momento di formazione della prova è un

principio che può considerarsi cardine in un processo nel quale la prova dichiarativa sia

documentalità:

regina. Oggi, siamo in un’epoca definita da alcuni della tutte le nostre azioni (o

quasi) lasciano tracce documentali e diventa sempre più frequente il ricorso a prove di natura

documentale o comunque precostituite. sulla per

Per le prove precostituite il contraddittorio è prova, per quelle costituite è la prova.

19) Forma pura di modello accusatorio

L’ideale sarebbe che il processo si instaurasse immediatamente a dibattimento davanti al

giudice che poi decide nel contraddittorio delle parti. Questo non accade praticamente mai,

tranne quando si procede con un rito molto particolare, il giudizio direttissimo (o processo per

direttissima): in alcuni casi di particolare evidenza della prova, il processo approda

flagranza di reato confessione.

immediatamente alla fase dibattimentale – due ipotesi: a) e b)

Questo modello è impraticabile e non è pensabile che qualunque notizia di reato conduca

immediatamente all’instaurazione del dibattimento – anche perché il dibattimento è

un’attività anche costosa, in termini di risorse materiali e umane. Per questo motivo, nei

processi penali “moderni”, la fase dibattimentale è sempre stata preceduta da una fase di

ricerca della prova: è un’attività preliminare di accertamento dei fatti per capire se ci sono

effettivamente elementi sufficienti per instaurare il dibattimento.

20) Modello misto (prima del 1988) e indagini preliminari

istruttoria,

Questo tipo di processo iniziava con una fase chiamata governata da un giudice

chiamato giudice istruttore. Quest’ultimo riceveva la notizia di reato per il tramite

normalmente della PG e svolgeva l’attività istruttoria (segreta e autonoma) finalizzata a

stabilire se era il caso o meno di instaurare la fase dibattimentale. Se il giudice riteneva di non

avere elementi sufficienti (o emergeva l’innocenza dell’indagato), l’istruttoria si concludeva

con la sentenza istruttoria di proscioglimento. Se invece riteneva di avere elementi sufficienti,

emanava un’ordinanza di rinvio a giudizio: si apriva quindi il dibattimento in cui le prove si

dovevano assumere tendenzialmente nel contraddittorio delle parti – ma era un

contraddittorio limitato perché il giudice (diverso da quello istruttore) conduceva l’esame.

Il problema del modello misto è che l’anima inquisitoria della fase istruttoria finiva per

prevalere su quella tendenzialmente accusatoria della fase dibattimentale. Storicamente, si è

constatato che, alla fine, quegli atti istruttori compiuti dal giudice nella fase istruttoria

finivano per pesare in maniera determinante sulla decisione finale – ovvero la decisione

veniva presa in larghissima misura su prove formatesi non nel contraddittorio. Questo perché

succedeva? In linea di principio, anche in questo sistema si diceva che contavano di più le

prove dibattimentali assunte in presenta delle parti. Ma si ponevano limiti all’ingresso delle

prove acquisite in istruttoria che si sono rivelati molto fragili. In particolare, era possibile

leggere gli atti dell’istruttoria in due casi:

a) se il testimone dichiarava il contrario → si dà lettura del precedente istruttorio difforme

e poi il giudice valuterà quale delle due prove lo convince di più.

b) per aiutare la memoria del testimone → il dibattimento veniva poi celebrato a distanza

di tempo dai fatti, quindi era abbastanza naturale dare più credito alle precedenti

dichiarazioni (raccolte dopo poco tempo dai fatti).

Succedeva quindi che il testimone veniva convocato a dibattimento e il giudice che

conduceva l’esame si limitava a dire che il testimone aveva dichiarato certe cose al giudice

istruttore e ne chiedeva conferma – con il rischio per il testimone di incorrere nel reato di falsa

testimonianza se non avesse confermato.

21) Scelte del legislatore del 1988 in tema di indagini preliminari

Il legislatore del 1988 ha confermato la necessità di una fase di accertamento preliminare; allo

stesso tempo, ha voluto strutturare questa fase di ricerca della prova in maniera tale da

impedire che quegli atti di accertamento preliminare assumano una rilevanza decisiva a

dibattimento: più si dà rilevanza (ai fini delle decisioni dibattimentali) alle prove acquisite

nelle fasi precedenti, più il sistema si colora in chiave inquisitoria. Ovvero, l’idea era che non

si possono recuperare gli elementi raccolti nella fase preliminare.

Perché si era verificato il fenomeno di invasione degli atti di accertamento preliminare?

Ragione superficiale → erano presenti sbarramenti molto deboli all’entrata degli

 elementi delle indagini: per esempio, si poteva dare lettura a dibattimento delle

dichiarazioni precedenti per aiutare la memoria del testimone (ovvero, sempre…).

Quindi la prima scelta del legislatore del 1988 è stata di stabilire che i casi di lettura dei

verbali delle indagini siano veramente casi eccezionali.

Ragione profonda → quella fase preliminare condotta dal giudice istruttore era già a

 tutti gli effetti una fase giurisdizionale: c’era un giudice che assumeva delle vere e

proprie prove. Per cui, a dibattimento, venivano poste a confronto prove assunte a

dibattimento e prove assunte nell’istruttoria: ovvero, due prove del tutto assimilabili.

Un’altra scelta del legislatore del 1988 è quindi stata quella di mantenere la fase

preliminare ma di negare ad essa la veste giuridica di fase processuale e non sono

giurisdizionale: non essendoci processo, né giurisdizione, gli elementi raccolti

prove.

Delineando meglio i cambiamenti introdotti dal legislatore del 1988:

Non è più un giudice che conduce la fase di ricerca della prova, ma è una delle parti: il

- Pubblico Ministero. In questo modo, sparisce quella connotazione di giurisdizionalità

della fase istruttoria perché il PM è un magistrato che non esercita funzioni

giurisdizionali (non decide).

Non si chiama più fase istruttoria, ma fase delle indagini preliminari.

- Inoltre, la fase delle indagini non è neppure una fase processuale: essa precede ora

- l’instaurazione del processo vero e proprio. Si parla di procedimento penale durante le

indagini; quando il PM, al termine delle indagini, chiede il rinvio a giudizio (ovvero

chiede l’instaurazione della fase dibattimentale che viene decisa nell’udienza

preliminare), solo in quel momento si apre il processo.

non si assumono prove,

Soprattutto, nella fase di indagini ma elementi di prova. E non

- si ascoltano testimoni, ma persone informate sui fatti.

La ratio di questi cambiamenti è stata la mortificazione della fase di accertamento preliminare

dal punto di vista sistematico, perché poi quando si arriva al dibattimento non ci sia più il

non sono più due

rischio che arrivino materiali della fase precedente a soppiantare le prove –

entità paragonabili. La prova è solo quella che si assume a dibattimento. Non è pensabile che

la dichiarazione resa al PM conti di più della dichiarazione che poi è stata fatta nel

contraddittorio delle parti.

Tecnicamente, il cambiamento più importante è stato lo spostamento dell’atto di esercizio

dell’azione penale al termine della fase investigativa. Prima, nella fase istruttoria, l’atto di

esercizio dell’azione penale (cioè la formulazione dell’imputazione: enunciazione dell’addebito

a carico della persona) precedeva l’avvio dell’istruttoria. Questo significa anche che, se non ci

sentenza,

sono elementi sufficienti per instaurare il dibattimento, non viene pronunciata una

come accadeva nell’istruttoria: in quest’ultima, si era già in pieno processo e c’era un giudice.

Oggi, non essendoci più né processo, né giudice, né imputazione, la fase di indagini non si

può chiudere con una sentenza – si conclude con un decreto di archiviazione. Non essendo

imputato:

stata esercitata l’azione penale, non c’è neanche un un imputato richiede

un’imputazione. Oggi, c’è un addebito preliminare nei confronti di una persona sottoposta alle

indagini (o indagato).

L’obiettivo del legislatore dell’88 è stato di trasformare la fase accertativa preliminare in una

fase quasi amministrativa: tutto per poter dire che quelle raccolte non sono prove, ed evitare

quindi l’invasione degli atti di indagine preliminare nel dibattimento. Questi concetti si

individuazione di

esprimono anche nelle differenze terminologiche: la ricognizione si chiama

persone o di cose accertamento tecnico.

nelle indagini; la perizia si chiama Solo

eccezionalmente, nel corso delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare, si assumono

prove vere e proprie. È il caso dell’incidente probatorio: per ragioni di urgenza e indifferibilità

(cose deteriorabili o persone possibilmente non riascoltabili in futuro), viene anticipato il

dibattimento – in un’udienza con un giudice in cui la persona viene ascoltata in veste di

testimone e a tutti gli effetti nel contraddittorio delle parti.

Struttura dei libri del codice

Il Libro Terzo intitolato “Prove” contiene una serie di diposizioni generali in materia di prova.

prove; mezzi

Questo libro è suddiviso in: Titolo Primo dedicato alle Titolo Secondo dedicato ai

di prova (testimonianza, confronto, dichiarazioni di imputati di reato connesso collegato,

mezzi di ricerca della prova

perizia, esperimento giudiziale, ecc.); Titolo Terzo

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
67 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher olivia14 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto delle prove penali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Caprioli Francesco.