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IMPIANTI AD IDRANTI

Negli impianti antincendio ad idranti abbiamo una rete di tubazioni in cui è presente acqua in pressione

collegata ad una riserva idrica. Le tubazioni che costituiscono questa rete possono essere fuori terra o

interrate. Nel caso di tubazioni fuori terra possono essere utilizzate solo tubazioni metalliche, a vista o in

spazi nascosti accessibili ed inoltre si deve evitare che queste tubazioni attraversino aree o locali a rischio di

incendio, in caso contrario devono essere fornite di protezione adeguate. Nel caso di tubazioni interrate,

secondo normativa, devono essere posizionate ad una profondità ≥0.8m. Poiché sono tubazioni che

contengono acqua devono essere protette da gelo (T > 4°C), protette da sovra-sollecitazioni ed inoltre

tubaz

devono essere delle tubazioni che costituiscono una rete chiusa ad anello. L’acqua di alimentazione

dell’impianto può provenire da vasche, pozzi, fiumi, serbatoi ed acquedotti. Solitamente tali impianti

prevedono una rete ad anello chiusa interna ed una esterna per aumentare l’affidabilità di alimentazione di

acqua agli idranti. La soluzione più sicura è quella di un serbatoio sopraelevato atto ad assicurare una

adeguata riserva d’acqua in caso di incendio. Per la protezione interna abbiamo idranti UNI 45, cassette

idrante con lancia, oppure Naspi UNI 25, cassetta con rocchetto. Gli idranti UNI 70 sono utilizzati dai vigili

del fuoco e presentano attacchi per manchette.

IMPIANTI ANTICENDIO AUTOMATICI A PIOGGIA O SPRINKLER

Con questo tipo di impianti antincendio si fa riferimento a due gruppi di norme:

 UNI EN 12845 – “Installazione fisse antincendio. Sistemi automatici a sprinkler. Progettazione,

installazione manutenzione” con cui il dimensionamento dell’impianto viene fatto in funzione della classe

di rischio che può essere lieve, ordinario o alto;

 UNI EN 12259 – “Installazione fisse antincendio” – “Componenti per sistemi a sprinkler e a spruzzo

d’acqua” che specifica dei componenti che possono essere utilizzati nel dimensionamento fatto attraverso

la norma UNI EN 12845.

Lo schema di riferimento di impianto a sprinkler è così fatto: 65

È sempre costituito da un’alimentazione che prevede la presenza di un sistema di riserva idrica che

eventualmente può essere collegata anche ad un reintegro nel caso in cui si effettuino prove antincendio.

L’alimentazione, tramite un collettore di alimentazione, è collegata ad una stazione di controllo che a sua

volta è collegata ad un allarme di tipo idraulico. Tramite la rete di distribuzione, la stazione di controllo è

collegata agli erogatori che hanno il compito di aprirsi mettendo in comunicazione la parte interna ed

esterna della rete di distribuzione solo quando la temperatura presente nel locale raggiunge un valore

prefissato ovvero la temperatura di taratura dell’impianto.

Esistono due tipi di erogatori, a lamina fusibile e a bulbo, a cui sono associati dei colori dei bracci delle staffe

in base all’intervallo di taratura nominale.

Esistono tre tipologie di impianti a pioggia previsti dalla normativa UNI EN 12845:

a) ad umido (tubi sempre pieni di acqua in pressione): si utilizzano dove non c’è pericolo di congelamento

del fluido, l’intervento è tempestivo perché all’aumentare della temperatura si aprono gli sprinkler

fornendo un getto d’acqua parabolico per la presenza di frangiflusso;

b) a secco (tubi contenenti aria compressa): sono realizzati per essere attraversati dall’aria compressa e

quindi c’è un ritardo nell’azione antincendio dovuto al tempo necessario allo svuotamento delle

tubazioni di aria;

c) a pre-allarme (unione tra a e b): gli sprinkler sono sostituiti da rilevatori sensibili di fumo che

intervengono a temperature più basse.

IMPIANTI A NEBULIZZATORI O A DILUVIO

Non sono molto diversi dagli impianti a sprinkler ma questi impianti sono destinati a proteggere locali in cui

il rischio incendio è molto elevato tant’è che abbandonano l’idea della selettività a favore di una maggiore

efficacia nel brevissimo tempo. Sono impianti del tipo a secco che utilizzano speciali erogatori sempre aperti

in grado di dividere l’acqua in piccolissime gocce. L’alimentazione del liquido in questo caso avviene solo a

seguito dell’apertura di una valvola a comando manuale o automatica.

IMPIANTI A CO AD ALTA E BASSA PRESSIONE

2

 Ad alta pressione: sono impianti molto efficaci ma al tempo stesso molto rischiosi, infatti, devono essere

utilizzati in assenza di operatori ovvero quando l’evacuazione è terminata. Questi impianti utilizzano una

batteria di bombole contenenti CO allo stato liquido collegate tra loro mediante una rete di tubazioni e

2

valvole di intercettazione agli ugelli che erogano CO due sotto forma di gas.

2

 A bassa pressione: poiché la CO viene conservata a pressioni inferiori rispetto a quelli ad alta pressione,

2

viene conservata allo stato gassoso in recipienti più grandi refrigerati a 20[bar] e a -18[°C].

IMPIANTI A SCHIUMA MECCANICA

Gli impianti a schiuma si distinguono fra:

 Schiume a bassa espansione (rapporto 1:6 a 1:15)

 Schiume a media espansione (rapporto da 1:30 a 1:200)

 Schiume ad alta espansione (rapporto da 1:200 a 1:1000) 66

I rapporti stanno ad indicare il rapporto che c’è tra volume della soluzione acqua- schiumogeno e il volume

della schiuma ottenuta quando si immette aria nella soluzione.

L’azione estinguente delle schiume avviene per:

 raffreddamento: l’evaporazione dell’acqua contenuta nella schiuma sottrae calore all’incendio;

 soffocamento: lo strato denso di schiuma che si deposita sui materiali combustibili isola meccanicamente

gli stessi dal comburente (l’ossigeno);

 isolamento: l’erogazione preventiva della schiuma consente di proteggere dallo sviluppo dell’incendio

eventuali materiali combustibili presenti nell’area interessata dall’incendio che non sono stati ancora

coinvolti nell’incendio stesso.

Un caso particolare sono gli impianti ad alta espansione in cui l’azione estinguente è ottenuta per mezzo di

saturazione volumetrica, riducendo di fatto l’ossigeno presente nell’ambiente interessato all’incendio.

IMPIANTI A GAS SPECIFICI

Le sostanze principalmente utilizzate sono:

• Idrocarburi parzialmente idrogenati (Eptafluoropropano);

• Gas inerti (Inergren (azoto + argon + anidride carbonica)).

Sono particolarmente adatti per l’estinzione degli incendi delle classi A (incendi di materiali solidi), B (incendi

di liquidi infiammabili) e di apparecchiature elettriche )classe E ormai non più a norma).

IMPIANTI AD AEROSOL

Sono generalmente sistemi ad aerosol contenenti sali di potassio. Il funzionamento prevede: un composto

solido di nitrato di potassio, opportunamente innescato, immette nell’ambiente una miscela di gas (in

prevalenza azoto) con in sospensione sali di potassio: questi legandosi ai radicali liberi OH prodotti della

combustione generano dei gruppi KOH stabili che arrestano il proseguimento della combustione inibendo

la fiamma. 67

 Dopo aver fornito una classificazione degli impianti antincendio a pioggia ed aver illustrato il principio di

funzionamento delle diverse tipologie previste dalla normativa, si descriva la procedura per il

dimensionamento di un impianto antincendio a pioggia in umido, riportando i principali riferimenti

normativi. Si fornisca uno schema della valvola di controllo ed allarme di questo tipo di impianto.

Con questo tipo di impianti antincendio si fa riferimento a due gruppi di norme:

 UNI EN 12845 – “Installazioni fisse antincendio. Sistemi automatici a sprinkler. Progettazione,

installazione e manutenzione” con cui il dimensionamento dell’impianto viene fatto in funzione della

classe di rischio che può essere lieve, ordinario e alto;

 UNI EN 12259 – “Installazioni fisse antincendio. Componenti per sistemi a sprinkler e a spruzzo d’acqua”

che specifica dei componenti che possono essere utilizzati nel dimensionamento fatto attraverso la

norma UNI EN 12845.

Lo schema di riferimento di impianto a sprinkler è così fatto:

È sempre costituito da un’alimentazione che prevede la presenza di un sistema di riserva idrica che

eventualmente può essere collegata anche ad un reintegro nel caso in cui si effettuino prove antincendio.

L’alimentazione, tramite un collettore di alimentazione, è collegata ad una stazione di controllo che a sua

volta è collegata ad un allarme di tipo idraulico. Tramite la rete di distribuzione la stazione di controllo è

collegata agli erogatori che hanno il compito di aprirsi mettendo in comunicazione la parte interna ed

esterna della rete di distribuzione solo quando la temperatura presente nel locale raggiunge un valore

prefissato ovvero la temperatura di taratura dell’impianto.

Esistono 3 tipologie di impianti a pioggia previsti dalla normativa UNI EN 12845:

1. Impianti a pioggia ad umido: in questo caso sia nel collettore di alimentazione B sia nella rete di

alimentazione D si ha sempre acqua in pressione costante. 68

2. Impianti a pioggia a secco: in questo caso il collettore di alimentazione B è riempito di acqua in

pressione mentre la rete di distribuzione D è occupata da aria in pressione. È un impianto utilizzato

quando sussiste il pericolo di congelamento dell’acqua.

3. Impianti a pioggia a preallarme: si tratta di un impianto a secco a cui viene accoppiato un sistema di

rilevazione di incendio ed è utilizzato per evitare gli svantaggi dei due tipi precedenti. In caso di allarme

è l’impianto di rilevazione interviene per primo e comanda l’apertura di controllo e il conseguente

riempimento della rete di distribuzione prima dell’apertura degli erogatori.

DIMENSIONAMENTO IMPIANTO ANTICENDIO A PIOGGIA AD UMIDO

Per il dimensionamento bisogna innanzitutto valutare la portata teoricamente necessaria per

l’alimentazione dell’impianto e il volume minimo teorico della riserva idrica. Moltiplicando la densità della

scarica per il valore dell’area operativa si ottiene la portata teoricamente necessaria per alimentare tutti gli

Q = d · A

erogatori contemporaneamente funzionanti: . Tale valore moltiplicato per il tempo

teorica sc op min Q · t

V

minimo di funzionamento fornisce il volume minimo teorico della riserva idrica: = .

teorica min

teorico

I passi successivi sono:

1. Determinazione del livello di rischio incendio secondo normativa UNI EN 12259-1 e UNI EN 12845;

2. Determinazione della disposizione degli erogatori nell’aria operativa: rispettando le distanze minime

tra gli erogatori si determina un numero tale da riempire l&r

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher vincenzo.coviello.92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Impianti meccanici 2 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Bari o del prof Digiesi Salvatore.