Il documento costituisce una preziosa risorsa per la traduzione del «De magia» e dei «Florida» di Apuleio. Il mio lavoro infatti non si limita a tradurre meccanicamente il testo, ma propone tra parentesi la traduzione delle parole meno conosciute al fine di facilitare lo studio: in altri termini, solleva quasi del tutto lo studente dal compito gravoso di cercare ogni singola parola sul vocabolario, perché questo lavoro è quasi sempre già stato fatto.
Inoltre, il lavoro offre anche una panoramica sulla tradizione oratoria della Roma del tempo di Apuleio, con incursioni anche nella cultura greca; ogni paragrafo del «De magia» è inoltre corredato da un sintetico commento, assente invece nei «Florida». Il testo risulta dunque utile tanto a chi voglia solamente tradurre l’opera quanto a chi necessiti anche di un suo commento letterario.
Il documento che pubblico misura pp. 136 senza interlinea, ed è organizzato in modo da porre in parallelo il testo latino con quello italiano, in modo da rendere il più agevole possibile lo studio e la consultazione. I 103 paragrafi del «De magia» non sono stati tutti tradotti ma, come si evince dalla mole del lavoro, comunque la maggior parte.
Il presente lavoro su Apuleio l’ho pubblicato anche separatamente, vale a dire in due documenti separati contenenti il «De magia» e i «Florida», per chi necessitasse di una sola di queste opere. Su Apuleio ho inoltre pubblicato anche il libro III delle «Metamorfosi».
Di seguito propongo due estratti di traduzione, tratti dal par. 4 del «De magia» e dal lib. XVIII dei «Florida»:
Capillus ipse, quem isti aperto mendacio ad lenocinium decoris promissum dixere, vides quam sit amoenus ac delicatus, horrore implexus atque impeditus, stuppeo tomento adsimilis et inaequaliter hirtus et globosus et congestus, prorsum inenodabilis diutina incuria non modo comendi, sed saltem expediendi et discriminandi: satis ut puto crinium crimen, quod illi quasi capitale intenderunt, refutatur.
La (mia) stessa capigliatura, che costoro con aperta menzogna dissero essere tenuti lunghi (promissum) per essere seducente con la bellezza (“per lenocinio della bellezza”), vedi (giudice) quanto sia bello ed elegante, aggrovigliato ed impedito per il suo stato ispido (horrore), simile ad un’imbottitura di stoppa e irto in modo ineguale e tutto annodato e gonfio, quasi del tutto impossibile da pettinare (inenodabilis) per la lunga trascuratezza (diutina incuria) non solo nell’acconciarli (comendi), ma addirittura nello spartirli: è stata confutata a sufficienza, mi sembra, l’accusa riguardante i capelli (crinium crimen) che loro mi hanno intentato come se fosse capitale (quasi capitale).
Quapropter, ut poetae solent hic ibidem varias civitates substituere, ut ille tragicus, qui in theatro dici facit: Liber, qui augusta haec loca Cithaeronis colis,
item ille comicus: perparvam partim postulat Plautus loci de vostris magnis atque amoenis moenibus, Athenas quo sine architectis conferat, non secus et mihi liceat nullam longinquam et transmarinam civitatem hic, sed enim ipsius Karthaginis vel curiam vel bybliothecam substituere.
Pertanto, come gli autori di drammi sono soliti, proprio qui, ambientare la scena in varie città, come il famoso tragico che fa dire in teatro: “Libero, che abiti questi augusti luoghi del Citerone”,
o il celebre comico che similmente (item) (scrive): “Plauto vi chiede una parte minuscola della vostra grande e bella città (loci moenibus), in cui portare Atene senza bisogno di architetti”, non diversamente (non secus) mi sia lecito ambientare (substituere) la scena non in una città lontana (longinquam) e transmarina, ma nella curia o nella biblioteca della stessa Cartagine.
...continua