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-MATERIALE
Le dimensioni che caratterizzano il setting come contenitore materiale sono il
tempo e lo spazio. Queste dimensioni devono essere tali da consentire espressione
e comprensione.
Il tempo infatti deve essere sufficiente per permettere all’utente di presentare la
sua domanda in tutte le componenti (emotive e cognitive) e allo psicologo di
elaborare un processo di pensiero sulla domanda stessa.
Il tempo quindi deve essere sufficientemente dilatato e lo spazio
sufficientemente confortevole. Infatti, le caratteristiche fisiche del setting
devono garantire comodità e tranquillità, al fine di permettere l’attenzione e la
concentrazione.
Non basta però definire spazio e tempo, è necessario anche che lo psicologo
chiarisca le sue modalità gestionali dello spazio e del tempo al fine di garantire
all’intervento stabilità e continuità.
-RELAZIONALE
Il setting come contenitore relazionale richiama due aspetti: il processo di
intervento ed il modello di relazione che usa lo psicologo per rispondere alla
domanda dell'utente.
L'incontro tra psicologo ed utente si fonda su una serie di norme generali e
specifiche che trovano una loro formalizzazione nel “contratto, definito come
l'insieme degli accordi presi dallo psicologo e dall'utente al fine di avviare una
relazione orientata al raggiungimento di determinati obiettivi.
I tre aspetti del contratto sono causa, oggetto e forma, ma poiché lo
psicologo lavora in diversi contesti le sue caratteristiche sono variabili sia sul
piano contenutistico sia formale.
Qualsiasi contratto include margini di indeterminatezza, inoltre la sua
definizione, soprattutto nella fase iniziale dell'intervento, è influenzata dal modo
in cui la situazione è rappresentata emozionalmente ed è quindi irrealistico poter
stabilire in modo chiaro e definitivo causa ed oggetto del contratto.
Secondo Grasso le finalità e il modo di raggiungerle si definiscono lungo il
percorso. Si avrebbero così due versioni del contratto: iniziale, in cui si
stabiliscono le regole e mostra differenza nel modo in cui le parti definiscono la
causa e l'oggetto dell'accordo, e terminale, dove le parti tendono a condividere
causa ed oggetto dell'intervento senza eccessive distorsioni.
Tra i due stadi intercorre un processo di negoziazione che permette alle parti
di concordare il significato da attribuire alla richiesta, permettendo all'utente
di riappropriarsi della sua capacità decisionale.
-MENTALE
Il setting mentale non è un contenitore indifferente ai contenuti, non accoglie
qualsiasi cosa ma è attivo e selettivo rispetto agli elementi presenti in quella
porzione spazio-temporale. La mente dello psicologo, come ogni mente, osserva e
inquadra i fenomeni in categorie che si fondano su criteri teorici, motivazionali
ed esperienziali.
Cosa si intende con il termine “setting” e quale è la sua funzione?
7.
Il setting può essere inteso come l'insieme delle condizioni che delimitano,
ospitano e sostengono l'intervento psicologico.
Esso effettua una marcatura spazio-temporale e determina un processo di
differenziazione tra dentro e fuori. Come qualsiasi frame, rappresenta un confine
con cui viene delimitato, dallo psicologo, il territorio dell’intervento psicologico
differenziandolo da altri territori.
Il setting però non si limita a circoscrivere una porzione spazio-temporale ma la
qualifica, diventando uno strumento con cui si attribuiscono significati
cognitivi ed emotivi allo scenario in cui operano psicologo e utente.
Secondo Grasso, quali sono le prospettive che permettono di
8.
inquadrare il concetto di “setting”?
Secondo Grasso le prospettive sono due: la prospettiva minimalista e quella
complessa.
-Prospettiva minimalista
Il setting ha una funzione strumentale per avviare un intervento che si immagina
asettico e neutrale. L'interesse dello psicologo si concentra sulle capacità del
frame-cornice di instaurare le condizioni di isolamento della relazione.
La concezione minimalista del setting è in sintonia con un modello di
conoscenza positivistico, in cui l’oggetto di conoscenza ha qualità oggettive e
indipendenti dall’osservatore e dal contesto, quindi è possibile e utile separarlo
dalla situazione e dal rapporto con chi lo studia.
Questa concezione rinvia ad una prospettiva individualista dove è privilegiato
l’intervento tecnico sull’utente a scapito delle dimensioni relazionali e
contestuali.
-Prospettiva complessa
In questo approccio si considera la complessità della realtà, al contrario di quello
minimalista in cui si cerca di semplificarla.
Il setting si configura come realtà composita intesa come cornice, come insieme
delle azioni utili per attivare i dispositivi relazionali e, infine, come territorio
regolamentato da norme il cui fine è definire il modo in cui si deve entrare in
relazione.
In questa prospettiva si abbandona l'ottica positivistica e si riconosce che la realtà
è sempre fusa con le interpretazioni che ne danno le teorie elaborate dall’uomo
per comprenderla.
L’oggetto di studio non è l'individuo isolato ma le sue dinamiche relazionali e
contestuali.
Il setting è quindi cornice e territorio dell’intervento psicologico ed in quanto
territorio è delimitato da precise coordinate spazio-temporali e questo consente
di considerarlo come un contenitore materiale, costituito da elementi concreti.
Essi rappresentano la dimensione strutturale su cui si fonda la prassi.
Si è però osservato che il setting rende possibile l'azione dello psicologo non
solo perché contiene fisicamente i soggetti coinvolti ma anche perché stabilisce
una relazione che si fonda su regole e procedure.
LEZIONE 24
Quali sono le differenze tra il colloquio e l'intervista?
5.
La differenza tra colloquio e intervista non è chiara ma sfumata, e nemmeno
riconducibile solo alla strutturazione ed alla tipologia delle domande.
Il colloquio non è strutturato, le domande sono aperte dando più libertà di
espressione al paziente per le risposte, è centrato sull'interazione tra psicologo
e paziente ed è più attento al processo interattivo vero e proprio.
L'intervista, al contrario, può essere semi-strutturata o strutturata, le domande
sono chiuse e quindi l'utente ha delle risposte dicotomiche (sì/no) oppure una sola
delle possibilità presentate come risposta, è centrata sull'ottenimento di
informazioni ed è quindi più attenta al processo conoscitivo.
Clementel vede un continuum tra intervista e colloquio ai cui poli vi sono due
modalità:
-La modalità intervista richiede l’uso di domande mirate e con gradi diversi di
strutturazione dell’incontro, al fine di verificare le ipotesi dell’intervistatore e
acquisire tipi diversi di informazioni che servono ad orientare il comportamento
del soggetto e/o le scelte dell’intervistatore.
-La modalità colloquio intende esplorare il problema dal punto di vista del
soggetto, il motivo per cui è venuto, cosa si aspetta, l’idea che ha di sé, il tipo di
interazione, il cambiamento che si attende.
Definisca e descriva l'intervista.
6.
L'intervista è una forma di conversazione nella quale due persone si impegnano
in una interazione verbale e non verbale nell'intento di raggiungere una meta
precedentemente definita.
Per Lis, l'intervista è: “uno strumento che ha lo scopo di conoscere opinioni,
atteggiamenti, percezioni, esperienze e caratteristiche della personalità,
ponendo al soggetto delle domande, stabilite fin dall’inizio e disposte in un
ordine ben determinato a seconda delle risposte che richiedono”.
Le interviste si possono classificare in strutturate, semi-strutturate e non
strutturate.
-Le interviste strutturate (o standardizzate) prevedono che l’intervistatore ponga
le domande come sono formulate nel protocollo dell’intervista e ne rispetti
rigorosamente la successione.
-Nelle interviste semi-strutturate l’intervistatore pone un certo numero di
domande specifiche, ma può decidere di porne anche altre, a patto che siano
funzionali ad una migliore comprensione di quello che la persona intervistata
dichiara.
-Nelle interviste non strutturate l’intervistatore dispone di uno schema che gli fa
da guida, però, se lo ritiene opportuno, potrà variare l’ordine delle domande e
aggiungerne altre. Si adatta l’intervista alla situazione per raggiungere gli scopi
prefissati.
La scelta del tipo di intervista da adottare dipende dagli obiettivi che ci si pone,
dalla complessità del fenomeno studiato e dal numero degli intervistati
coinvolti.
Quali sono le differenze tra l'intervista strutturata e il colloquio
7. clinico?
Per Sanavio e Cornoldi, a differenza del colloquio clinico, l’intervista
strutturata è una tecnica standardizzata, quindi differenti intervistatori
dovrebbero ottenere medesime risposte, valuta un costrutto specifico e la
valutazione determina un punteggio o una classificazione relativa a quel
costrutto.
Ripassa domanda 5 per il resto!
Descriva caratteristiche e funzioni del colloquio clinico e
8. dell'intervista.
L'intervista è una forma di conversazione nella quale due persone si impegnano
in una interazione verbale e non verbale nell'intento di raggiungere una meta
precedentemente definita.
Per Lis, l'intervista è: “uno strumento che ha lo scopo di conoscere opinioni,
atteggiamenti, percezioni, esperienze e caratteristiche della personalità,
ponendo al soggetto delle domande, stabilite fin dall’inizio e disposte in un
ordine ben determinato a seconda delle risposte che richiedono”.
Le interviste si possono classificare in strutturate, semi-strutturate e non
strutturate.
-Le interviste strutturate (o standardizzate) prevedono che l’intervistatore ponga
le domande come sono formulate nel protocollo dell’intervista e ne rispetti
rigorosamente la successione.
-Nelle interviste semi-strutturate l’intervistatore pone un certo numero di
domande specifiche, ma può decidere di porne anche altre, a patto che siano
funzionali ad una migliore comprensione di quello che la persona intervistata
dichiara.
-Nelle interviste non strutturate l’intervistatore dispone di uno schema che gli fa
da guida, però, se lo ritiene opportuno, potrà variare l’ordine delle domande e
aggiungerne altre. Si adatta l’intervista alla situazione per raggiungere gli scopi
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