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III. Appello contro l'ordinanza del Tar
Nei confronti dell'ordinanza del Tar che decide sull'istanza cautelare è consentito l'appello al Consiglio di Stato (art. 62). A differenza dell'istanza di revoca, l'appello non è ammesso per fatti nuovi, ma solo per l'ingiustizia dell'ordinanza stessa (gravame). L'appello deve essere notificato entro trenta giorni dalla notifica dell'ordinanza, oppure, in mancanza di notifica, entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione, e deve essere depositato entro trenta giorni dalla notifica. La decisione sull'appello cautelare è assunta dal Consiglio di Stato con ordinanza. Fino alla l. n. 205 del 2000 l'appello nei confronti dell'ordinanza cautelare non era contemplato dalle disposizioni del processo amministrativo, ma era ugualmente ammesso da una giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale l'ordinanza che provvede sulla richiesta di provvedimento cautelare sarebbe stata passibile di.
Appello perché avrebbe avuto un carattere decisorio.
La decisione. Come detto, una volta ultimata la fase di trattazione della causa, i giudici si riuniscono in camera di Consiglio per deliberare a maggioranza di voti. In base al principio della domanda, e cioè della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, il giudice amministrativo è vincolato ad annullare l'atto solo per i motivi indicati nel ricorso. Le pronunce possono estrinsecarsi in una sentenza, se il giudizio viene definito in tutto o in parte, in un'ordinanza, se con esse vengono disposte misure cautelari o interlocutorie o si decide sulla competenza, o in un decreto, nei casi previsti dalla legge. Si possono avere sentenze di rito o di merito: le prime sono decisioni che incidono sulle questioni pregiudiziali, sui presupposti dell'azione e sulle sue condizioni e con esse il giudice può dichiarare l'irricevibilità, l'inammissibilità o
L'improcedibilità del ricorso; le sentenze di merito, invece, accertano se sussistono o meno i vizi dedotti in giudizio. È prevista una decisione semplificata nei casi in cui si ravvisi la manifesta fondatezza del ricorso; la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza del ricorso stesso.
Il rito camerale. Diritto Amministrativo II 17
I giudizi in camera di consiglio davanti al giudice amministrativo a seguito dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo e dopo il decreto correttivo; i casi e i termini del processo camerale, le esclusioni per i giudizi cautelari e per il giudizio sull'accesso.
Nel processo amministrativo, il rito camerale si applica nei casi tassativamente previsti e, cioè:
- nei giudizi cautelari ed in quelli relativi all'esecuzione delle misure cautelari collegiali;
- nei giudizi in materia di silenzio;
- nei giudizi in materia di accesso ai documenti amministrativi;
- Camera di consiglio erepliche scritte fino a dieci giorni liberi prima della camera di consiglio.
- Gli effetti della sentenza di annullamento.
Diritto Amministrativo II 18
La sentenza di annullamento, nell'interpretazione giurisprudenziale che ha recepito l'elaborazione della dottrina, produce tre tipi di effetti: eliminatorio, ripristinatorio e conformativo. In virtù dell'effetto costitutivo, la sentenza di annullamento rimuove l'atto impugnato ed i suoi effetti retroattivamente. Viene ripristinata, in altri termini, la situazione preesistente all'emanazione dell'atto. Quest'ultimo è come se non fosse mai esistito. L'effetto demolitorio non colpisce solo gli atti impugnati ma investe anche gli atti successivi che sono stati adottati sul presupposto dell'atto annullato. Ciò dipende dal fatto che i provvedimenti e gli atti amministrativi sono spesso concatenati tra loro in modo che l'annullamento di un atto presupposto.
travolge gli altri conseguenziali. La catena comincia a monte dell'atto impugnato è annullato. In questo caso l'annullamento colpisce gli atti successivi, ma non quelli precedenti che fanno parte di uno stesso procedimento o di procedimenti connessi. Per definire questo effetto a catena o a valanga dell'annullamento giurisdizionale dottrina e giurisprudenza impiegano il termine di effetto caducante: sono caducanti degli atti adottati sul presupposto esclusivo dell'atto annullato. All'effetto demolitorio si accompagna l'effetto ripristinatorio che sotto un certo aspetto non è un effetto diverso, ma è l'altra faccia della demolizione giuridica. La sentenza ricostruisce la situazione giuridica come si sarebbe realizzata se l'atto non fosse mai stato posto in essere, sempre che i mutamenti della realtà di fatto lo consentano. Nei limiti in cui vi sia spazio per l'attività di ripristinazione spettante all'amministrazione,
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essa è doverosa: il soggetto pubblico ha il dovere, in altri termini, di adeguare la realtà di fatto alla nuova situazione di diritto. Se viene annullato un decreto di esproprio, l'immobile espropriato va restituito al proprietario in modo che quest'ultimo è posto nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l'espropriazione non fosse intervenuta. La restituzione è dovuta perché è venuto meno nell'espropriante il titolo di proprietà sul bene. Il ripristino della situazione anteriore può richiedere non soltanto atti giuridici ma anche attività materiale, come il rilascio di un immobile per essere venuto meno nell'autorità amministrativa il titolo di proprietà, con l'annullamento dell'espropriazione, o il pagamento al dipendente di spettanze arretrate. Da ultimo le sentenze di annullamento sono caratterizzate da un ulteriore effetto c.d. conformativo. Il testo citato
L'effetto consiste in un condizionamento dell'attività amministrativa successiva all'annullamento dell'atto: il soggetto pubblico, in altri termini, nell'esercizio doveroso della propria funzione, dovrà rispettare i limiti nascenti dalla statuizione concreta del giudice e, cioè, la regola di diritto affermata dalla sentenza destinata a regolare o comunque a delimitare la futura attività dell'amministrazione. Mentre l'effetto di annullamento o demolitorio colpisce l'atto impugnato a prescindere dai motivi di ricorso e dal fatto che solo alcuni di essi sono stati accolti o anche uno solo, l'effetto conformativo è strettamente correlato ai motivi di ricorso che il giudice ha ritenuto fondati.
Il decreto ingiuntivo disciplina il procedimento di ingiunzione (artt. 633 ss.). L'estensione della giurisdizione esclusiva ha recentemente comportato l'esigenza
di ammettere pronunce di questo tipo anche nel processo amministrativo. La lacuna è stata quindi colmata dalla l. n. 205 del 2000, che ha introdotto una disciplina specifica per le ingiunzioni nel processo amministrativo, a garanzia dei diritti soggettivi di natura patrimoniale nelle vertenze devolute alla giurisdizione esclusiva. L'art. 118 ha confermato l'istituto del decreto ingiuntivo, ammettendolo nel processo amministrativo nei casi previsti dagli artt. 633 ss. Il decreto ingiuntivo, quindi, può essere richiesto da cui sia creditore di una somma liquida di denaro o da chi abbia diritto alla consegna di una determinata quantità di cose fungibili o di cose mobili determinate, a patto che fornisca del suo credito un'idonea prova scritta:
- il ricorso deve essere depositato presso il Tar competente e su di esso si pronuncia con decreto il Presidente del Tar o un magistrato da lui delegato;
- il decreto, unitamente al ricorso, deve essere notificato
dalla parte al debitore;
III. il debitore può instaurare contro il decreto un giudizio di opposizione, da proporsi con ricorso al medesimo Tar e da notificare alla controparte nel termine di quaranta giorni decorrenti dalla notifica del decreto stesso.
L'importanza pratica del decreto ingiuntivo nel processo amministrativo è stata circoscritta dalla Corte costituzionale (sent. 204 del 2004), che ha limitato l'ambito della giurisdizione esclusiva rispetto alle vertenze di ordine meramente patrimoniale (es. servizi pubblici).
Diritto Amministrativo II 20
Il rito abbreviato.
L'art. 119 disciplina una serie cospicua di ricorsi, che investono atti di particolare importanza. Il legislatore ha voluto prevenire il pericolo che l'attività amministrativa possa essere rallentata o sospesa a lungo per la pendenza del giudizio, in attesa di una decisione del giudice. Il codice, intervenendo in un contesto particolarmente caotico, ha reso organica
la loro natura giuridica, è necessario analizzare attentamente i vari aspetti che le caratterizzano. In primo luogo, è fondamentale comprendere il concetto di termine processuale. Si tratta di un periodo di tempo stabilito dalla legge o dal giudice entro il quale è possibile compiere determinate attività o presentare specifici atti processuali. I termini processuali sono essenziali per garantire il corretto svolgimento del processo e la tutela dei diritti delle parti coinvolte. Un altro aspetto importante riguarda la sospensione dei termini processuali. In determinate circostanze, come ad esempio durante le festività o in caso di calamità naturali, i termini possono essere sospesi, ossia interrotti temporaneamente. Questo permette alle parti di avere più tempo per adempiere ai propri obblighi processuali senza subire conseguenze negative. Inoltre, è necessario considerare le conseguenze della scadenza dei termini processuali. Se una parte non rispetta un termine stabilito, potrebbe incorrere in sanzioni o perdere determinati diritti processuali. È quindi fondamentale essere sempre attenti alle scadenze e rispettare i termini stabiliti. Infine, è importante sottolineare che i termini processuali possono variare a seconda del tipo di procedimento o del tribunale competente. È quindi fondamentale consultare le norme specifiche e fare riferimento alla giurisprudenza per avere una corretta comprensione dei termini processuali applicabili a una determinata controversia. In conclusione, la disciplina dei termini processuali è di fondamentale importanza per garantire il corretto svolgimento del processo e la tutela dei diritti delle parti coinvolte. È quindi essenziale comprendere e rispettare i termini stabiliti, evitando di incorrere in sanzioni o perdere diritti processuali.