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La funzione istituzionale del carcere si identifica
Con la sua funzione sociale prevista dall'art 27 della costituzione che va di pari passo con l'art 2 della costituzione che afferma che La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
La gravità del reato: valutazione ai fini dell'applicazione della pena
Il giudice, per l'applicazione della pena, deve tener conto della gravità del reato, desunta 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione; 2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dall'intensità del dolo o dal grado della colpa.
La metafora della mantide religiosa
La mantide religiosa è
un insetto che da sempre affascina e ripugna gli uomini. La femmina, dotata di innata eleganza, ammazza il maschio dopo l'accoppiamento, quando cioè esso ha assolto alla sua funzione riproduttiva e non le serve più.
LA NATURA ASSASSINA La natura assassina della donna si sviluppa a seguito della sua personalità egocentrica che sfrutta il suo essere donna, peraltro avvenente, per catturare e sfruttare i maschi per raggiungere i suoi scopi, dimostrando così a se stessa e al mondo il suo potere. All'interno del carcere lei riesce a comportarsi bene, ad essere addirittura compassionevole e altruista nei confronti altrui, e a giungere a fine pena senza ribellarsi, mostrandosi sufficientemente collaborante, come se fosse una vittima, vittima della troppa bellezza, del troppo potere seduttivo che la natura le ha donato.
LA NORMA COSTITUZIONALE DI RIFERIMENTO E I PRINCIPI DI RIFERIMENTO DELLA LEGGE 354 1975 La norma costituzionale di riferimento è l'
Costituzione - in funzione del recupero sociale del condannato
LA PENA DI MORTE NEL NOSTRO SISTEMA
La pena di morte in Italia è stata in vigore fino al 1944 nel codice penale civile (con l'eccezione del periodo 1889-1926) e fino al 1994 nel codice penale militare di guerra. L'art 27 della Costituzione afferma che non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. L'Italia ha ratificato il protocollo n. 13 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, sottoscritto a Vilnius il 3 maggio 2002.[21] La legge costituzionale 2 ottobre 2007, n. 1 (Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte), modificando l'art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana ha eliminato le residue disposizioni in tema (eliminando l'ultimo residuo).
diprevisione da parte di leggi militari di guerra), sancendo per via costituzionale la nonapplicabilità.[22] La pena di morte, contemplata nell'art. 17 e nell'art. 21 del codice penale italiano[19] è oggi da ritenersi abrogata nelle parti in questione.LA PERCEZIONE E IL RUOLO DEI TUTORI DELL'ORDINE
È necessario procedere ad una comparazione tra la percezione che hanno della Polizia le persone private della libertà personale e quella invece dei consociati in libertà. In ambito carcerario vi è la sottocultura carceraria che stigmatizza il ricorso alla Polizia, in quanto ogni questione va affrontata e risolta all'interno del carcere tra i detenuti. Questa impostazione culturale è diametralmente opposta a quella della comunità libera dove, chiunque si trovi in uno stato di difficoltà, non esita a chiedere aiuto alle forze dell'ordine. I consociati identificano negli uomini in divisa una
entità sedatrice dei disordini e la protettrice della gente. La percezione e il ruolo dei tutori dell'ordine varia a seconda del contesto, ma a prescindere dal livello di gradimento la polizia viene considerata nelle comunità in cui opera come sostegno/presidio al rispetto della legge, anche all'interno del carcere.LA PREVENZIONE ATTRAVERSO LA "MINACCIA" DELLA SANZIONE PENALE
Prevenire il compimento di possibili azioni criminose è possibile attraverso la minaccia e quindi la conoscenza della sanzione penale a cui si dovesse andare incontro in caso di violazioni di norme penali; la pena, grazie alla sua capacità di intimidire, diviene propulsore di atti conformi alla legge.
LA RECIDIVA
È la ricaduta nel reato ed è prevista dall'art 99 cp. Essa riguarda il condannato per un delitto non colposo che commette un altro delitto. Sostanzialmente rappresenta il fallimento del precedente trattamento rieducativo in ambito
penitenziario.LA RETRIBUZIONE E' AMMESSA NEL NOSTRO SISTEMA. AFFERMARNE LE RAGIONI IN CASO AFFERMATIVO O NEGATIVO
Nell'Ordinamento italiano non è ammessa per la concezione retributiva della pena, l'intento del legislatore infatti è quello di non infliggere ulteriore mortificazione ha chi ha commesso un reato, favorendo i rapporti affettivi e quelli con la società esterna e cercando di favorirne il reinserimento, anche attraverso l'utilizzo di strumenti che rendano più accessibile la riconquista della libertà.
LA RIFORMA PENITENZIARIA DEL 1975
La riforma dell'ordinamento penitenziario del 1975 mette finalmente in pratica, dopo molti anni, un dettato costituzionale rimasto per molto tempo inattuato. Si legge nella Costituzione, art. 27, terzo comma: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".
Principio basilare di questa concezione
è che la pena possa e debba essere tendenzialmente educativa, e cioè debba includere una serie di attività e interventi di natura trattamentale, finalizzati al reinserimento sociale del detenuto.
LA SINDROME DI MEDEA COME CATEGORIA CRIMINOLOGICA
È una sindrome che prende il nome dal mito di Medea. Nel mito Medea uccide i propri figli per punire Giasone, il suo sposo, reo di essersi innamorato di un'altra donna. Ed è proprio questo il punto fondamentale nella sindrome di Medea: l'azione omicidiaria del figlio è letta nell'ottica di uno strumento di potere e di rivalsa nei confronti del coniuge. Sono donne che vivono la carcerazione prostrate dal dolore della perdita subita, angosciate dal senso di colpa per non aver saputo proteggere il proprio bambino, ma anche arrabbiate per la presunta ingiustizia subita a causa della condanna giudiziaria e sociale.
LA SORTVEGLIANZA PARTICOLARE È prevista dall'
Nell'art 14 bis della legge 354/1975, il quale prevede la sottoposizione a tale regime nei confronti di alcuni detenuti ritenuti pericolosi in quanto con i loro comportamenti compromettono la sicurezza negli istituti penitenziari, quelli che con la violenza o le intimidazioni impediscono le attività degli altri detenuti, quelli che nella vita penitenziaria mettono in stato di soggezione altri detenuti.
LA SOTTOCULTURA CARCERARIA
Si tratta di una serie di regole non scritte che unitamente alle regole istituzionali costituiscono quello che viene definito il sistema a doppio binario. Tali regole fanno parte dell'ambiente carcerario e sono generalmente riconosciute dai detenuti, anche da quelli che ne sono contrari solo ed esclusivamente per evitare problemi nella convivenza carceraria.
LA SOTTOCULTURA DELINQUENZIALE
È la cultura dominante in ambito carcerario; è proprio nel penitenziario luogo istituzionalmente deputato alla rieducazione che la
sottoculturadelinquenziale trova possibilità di espansione e sviluppo. I motivi sono tanti, per lo più intrinseci alla vita carceraria stessa, non tanto perché questa non sia adeguatamente regolata dalla legge, ma perché è lo stesso ambiente carcerario che influenza negativamente l'esito rieducativo del carcere. LA STRUTTURA NARCISISTICA DI PERSONALITÀ I narcisisti hanno un esasperato bisogno affettivo di essere ammirati che va oltre il reale valore di sé e i diversi contesti. Questi spaziano dal senso grandioso di sé, fino alla presenza di fantasie relative al proprio valore e potere illimitato, bellezza e intelligenza. L'individuo con questa personalità è fin troppo conscio ed esigente rispetto ai propri diritti, ma non è in grado di provare empatia per gli altri, prova sentimenti di invidia ed è convinto di essere invidiato, ha comportamenti affettivi di tipo predatorio, pretendendo molto.più di ciò che dà. La persona narcisista vive spesso il delirio di onnipotenza proprio perché convinta di essere superiore e in virtù di tale prerogativa ritiene che tutto le sia concesso e, a un certo punto, si aspetta che gli altri si pieghino alle sue volontà.