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affinché i padri di famiglia siano invogliati a mandare i propri figli a
studiare.
2. «Il secondo è che […] abbiamo attualmente i giovani e gli uomini mi
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più eruditi, ricchi di conoscenza delle lingue e di tutte le scienze».
Lutero esorta i genitori a mandare i figli a scuola in quanto ci sono le
persone migliori per insegnare loro, che compirebbero un’opera
estremamente utile. Il monaco afferma che con questi insegnanti così colti e
preparati, in soli tre anni si potrebbe istruire un giovane che raggiungerebbe
delle conoscenze maggiori e più approfondite, rispetto a quello che ha
imparato col metodo di insegnamento precedente, caratterizzato da svariati
anni di studi.
3. «Il terzo motivo è certo il più importante, cioè il comandamento di
Dio, che per mezzo di Mosè con tanta insistenza spinge ed esorta i
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genitori ad istruire i figli».
Dio affida agli anziani un grande compito, quello di istruire i giovani anche
se questo dovrebbe essere una preoccupazione spontanea come gli animali
con i propri cuccioli. Addirittura, l’esimersi dall’educare i bambini è cosa
molto grave tanto da dover essere chiamati a renderne conto a Dio stesso.
Visto che la maggior parte dei genitori non sa o non vuole educare i propri
figli, Lutero insiste con i consiglieri e i borgomastri ad impegnarsi affinché
i giovani vengano istruiti. I motivi per cui i genitori non mandano i figli a
scuola sono:
- Alcuni genitori anche se hanno la possibilità di far studiare i figli,
non lo fanno perché si accontentano di averli generati;
- Altri non sanno come si debbano educare i figli, essi sono capaci
solo di sfamarli;
- Anche se sono capaci di istruire i propri figli, manca il tempo per
farlo;
- Ci sono tanti bambini orfani;
- Quelli che non hanno figli non si preoccupano di questo.
3 M. Lutero, Scuola e cultura, Claudiana, Torino 1990, 33.
4 Ivi, 34. 3
Perciò compete al consiglio e alle autorità dedicare ai giovani la massima cura e
attenzione. Infatti, poiché il bene, l’onore, il corpo e la vita di tutta la città sono
stati affidati alla loro amministrazione, non agirebbero onestamente davanti a
Dio e al mondo se non cercassero giorno e notte, con tutte le loro forze, la
prosperità e il progresso della città. […] La vera e massima prosperità, salvezza
e forza di una città è avere molti buoni cittadini colti, intelligenti, rispettabili,
educati, che potrebbero poi ammassare tesori e ogni bene, conservarli e usarli
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.
bene
La necessità che ogni credente si accosti alla lettura della Parola
autonomamente, porta Martin Lutero a richiamare la fondamentale
importanza dell’istruzione. La libera interpretazione dei testi sacri richiede
infatti la capacità di leggerli e comprenderli; occorre dunque fornire a tutti,
in modo obbligatorio e gratuito, l’accesso all’istruzione elementare.
Lutero si rivolge a tutte le autorità politiche della città affinché esse
provvedano all’apertura delle scuole popolari, finanziate dallo Stato e
finalizzate a fornire a tutti i credenti, senza distinzione di censo e di genere,
gli strumenti per la salvezza dell’anima, che la Riforma colloca nel rapporto
diretto con Dio attraverso le Scritture. Quindi, a tutti deve essere impartita
una medesima istruzione di base, anche alle donne, le quali sono valorizzate
nel loro ruolo di future madri ed educatrici.
Non soltanto la famiglia deve essere richiamata al suo ruolo educativo, ma
anche al suo dovere di far accedere i figli all’istruzione pubblica,
un’istruzione che fornisca gli elementi indispensabili per l’inserimento
sociale e l’integrazione culturale.
Il curricolo della scuola popolare luterana si fonda sulla necessità di fornire
l’alfabetizzazione necessaria per l’accostamento diretto al testo sacro.
La lettura deve effettuarsi sulla Bibbia e nella propria lingua; ecco perché
Lutero traduce in tedesco l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento.
Il lavoro non è più inteso come strumento per acquisire meriti presso Dio,
ma come attività a cui Dio ci chiama per testimoniare la nostra fede.
Importante è il canto corale, che è un momento comunitario che avvicina a
Dio.
5 M. Lutero, Scuola e cultura, Claudiana, Torino 1990, 39. 4
Lutero è promotore della scuola di massa ed è consapevole delle difficoltà
che gli strati più poveri della popolazione possono riscontrare. Desidera una
scuola dove si impari con piacere e giocando e per poche ore al giorno, in
modo che i giovani passino il resto della giornata giocando o aiutando la
famiglia.
1.2. Lutero ai genitori
Sei anni dopo, con i Sermoni sul dovere di mandare i fanciulli a scuola,
indirizza invece ai padri di famiglia, un invito alla lungimiranza che
uscendo dal dominio religioso, indica per la prima volta al popolo la
possibilità di una elevazione culturale e sociale.
Esorta i genitori a mandare a scuola i figli e a non pensare solo a farli
lavorare per portare la pagnotta a casa in quanto è opera del diavolo non far
istruire i propri figli.
Siccome il diavolo vede che nel nostro tempo non gli riesce di agire e di aver
successo come vorrebbe, pensa però di imporre la sua volontà su chi verrà dopo
di noi, e quindi ora, sotto ai nostri occhi li prepara in modo che non apprendano
né sappiano nulla, per cui, appena saremo morti, avrà a disposizione un popolo
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.
nudo, sprovveduto, indifeso, di cui potrà fare ciò che vuole
Lutero ribadisce che l’uomo non vive di solo pane, quindi bisogna studiare
per poter aiutare il prossimo. Egli sa molto bene che molti predicatori hanno
passato anni difficili, in cui hanno patito la fame, ma essi hanno fatto la
volontà di Dio.
La riforma comporta un nuovo rapporto con la cultura. Lutero teorizza la
necessità di mantenere nelle scuole l’insegnamento di discipline tradizionali
del trivio (grammatica, retorica, dialettica) e del quadrivio (aritmetica,
geometria, astronomia e musica). Ritiene anche il mantenimento di
un’istruzione superiore dove la conoscenza delle lingue è indispensabile
almeno per coloro che vogliono diventare maestri e pastori del popolo. Nel
6 M. Lutero, Scuola e cultura, Claudiana, Torino 1990, 81 5
curricolo superiore sono perciò presenti il greco e l’ebraico, necessario oltre
al latino, per un’accurata filologia del testo sacro. 6
CONCLUSIONE
Mi sembra che in Lutero la scuola popolare sembri restare confinata entro i
limiti angusti di una “strumentalità di base” a fini religiosi, senz’altra
prospettiva formativa di ordine intellettuale o culturale in ampio senso. In
sintesi: allorché Lutero pensa ed agisce da teologo, il suo interesse va alla
scuola popolare e si adopera perché il potere politico ponga l’istruzione a
fondamento della propria vita civile. Quando, però, è chiamato a fare i conti
con la realtà, con la rivolta che la sua stessa predicazione ha provocato ed
alimentato in tutte le classi sociali, dal ceto mercantile a quello contadino,
egli fa una scelta di campo, politica, che riduce di fatto la scuola popolare a
pochissima cosa. Per salvare la Riforma egli si appoggia ai prìncipi, e con
una simile scelta deve occuparsi con impegno dell’istruzione superiore,
cioè di quella scuola che è strumento di emancipazione del ceto medio e di
conservazione del potere. Si può capire, allora, come la vera costruzione
nuova e duratura della Riforma sia la scuola secondaria.
Leggendo il libro sono rimasto colpito dalla passione educativa di Lutero,
che quasi supplica, e a volte sembra minacciare delle pene dell’inferno a
tutti coloro che hanno responsabilità di governo e agli stessi genitori, perché
facciano tutto ciò che è in loro potere per incentivare l’istruzione e mandare
i figli a scuola.
La lettura di questo libro mi ha dato l’occasione di approfondire la
conoscenza della figura di Lutero e di considerarla da un’angolatura diversa
dalla solita. Normalmente lo si considera solo per la Riforma della Chiesa,
senza dare molta importanza a ciò che la Riforma abbia comportato non
solo dal punto di vista religioso, ma anche politico, sociale e culturale.
In un certo senso sono rimasto deluso, non dal modo d’intendere
l’istruzione e l’educazione da parte di Lutero, ma da ciò che avviene oggi.
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Mi sembra che non ci siamo staccati molto dal 1530, data in cui questi
trattati sono stati scritti. La storia in un certo senso si ripete. A quell’epoca
c’era il disinteresse verso la scuola perché era più necessario procurarsi di
che vivere, e si è dovuto lottare e lavorare parecchio per far capire
l’importanza dell’istruzione. Oggi, che l’obbligo scolastico è stato
conquistato e si potrebbe godere appieno dei vantaggi che offre la scuola,
non la si apprezza, non le si dà il valore che meriterebbe. Ad esempio, si può
verificare anche il caso in cui, i genitori, pur rispettando le leggi dello stato
mandano i figli a scuola, ma non danno importanza più di tanto, a quello
che avviene nell’ambito scolastico. Vogliono che la scuola non li disturbi
eccessivamente quindi non partecipano alle riunioni, ai colloqui e a tutto ciò
che la scuola organizza. Alcuni genitori vedono la scuola solo come un
servizio di babysitteraggio, infatti chiedono servizi come il pre-scuola e il
post-scuola perché non sanno dove collocare i propri figli. Spesso questa
categoria di genitori, è anche quella che difende i figli quando sono
indifendibili, non facendo così, il loro bene. I giovani, preferiscono marinare
la scuola per non affrontare interrogazioni e verifiche, oppure non vedono
l’ora di essere liberi da questa noia (scuola). In classe manca il rispetto nei
confronti dell’insegnante. Spesso egli deve prestare attenzione a cosa dice al
discente perché si ritrova il genitore a lamentarsi oppure potrebbe subire
reazioni violente da parte dei ragazzi che si sentono liberi di poter dire e fare
ciò che vogliono. Per quanto riguarda la questione degli anni di studio, in
riferimento a ciò che diceva Lutero, a me viene in mente la scuola
frequentata dai nostri nonni: ai loro tempi spesso, si arrivava alla quinta
elementare e poi si andava a lavorare, chi era più fortunato poteva
frequentare anche i tre anni delle medie e in pochi accedevano agli studi
superiori. Già con il diploma delle scuole medie, si era in grado di curare la
contabilità nelle ditte, senza l’aiuto di strumenti tecno