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Introduzione

In questo breve e sintetico lavoro ho cercato di fare uno studio fenomenologico della religione islamica, cercando di scoprire come un fedele vive l'esperienza religiosa di dentro, cercando di delinearne brevemente le leggi, i miti, le usanze, i principali riti di culto, le principali figure-guida della religione. Ho suddiviso questo studio in 6 parti, corrispondenti alle 6 diverse "dimensioni" che possiamo trovare in qualsiasi religione in quanto tale. Introduco qui sinteticamente il concetto di dimensione.

Nella sua essenza, l'esperienza religiosa è un incontro fra il soggetto e il Sacro, un incontro del tutto particolare, in tal modo che esso si può definire un fenomeno "sui generis", cioè irriducibile a qualsiasi altro incontro o esperienza di altro tipo, sia sociale, che psicologica ecc. Infatti, secondo la celebre definizione di Rudolf Otto, il divino si manifesta al soggetto come un "Mysterium tremendum et fascinans".

Cioè un mistero insondabile, che dà senso a tutta la realtà, di fronte al quale l'uomo trema, prova timore, ma allo stesso tempo ne è attratto. Quando abbiamo questi 3 aspetti con cui l'oggetto si manifesta al soggetto, allora possiamo parlare di esperienza religiosa.

Tuttavia, l'esperienza religiosa soggettiva-interiore non è sufficiente per descrivere completamente una religione, senza far riferimento agli aspetti esteriori della religione, cioè alle sue "dimensioni".

Le dimensioni sono infatti la concretizzazione dell'esperienza religiosa originaria dell'uomo. Sono i fattori più evidenti della religione, ma non sono fattori meramente "esteriori": sono collegati infatti intimamente e necessariamente con l'esperienza religiosa originale.

L'esperienza religiosa personale infatti necessita di essere poi documentata e tramandata (dimensione storico-narrativa), sistematizzata in una serie di

credenze stabili (dimensione dogmatico-teologica), vissuta attraverso una serie di riti (dimensione rituale), in una comunità precisa e organizzata (dimensione sociale), che vive secondo certe leggi o codici etici (dimensione etico-legislativa). Infine questa esperienza religiosa, che è "totalizzante", cioè che tende a comprendere tutti gli aspetti della vita umana, a permearla, si ripercuote anche sull'arte (dimensione artistica), sulla cultura, sul pensiero e fornisce al fedele una "weltanschaung" particolare, che giudica la realtà secondo i parametri dogmatici-etici-morali che il suo credo gli trasmette. Le dimensioni sono quindi i modi per "tradurre", incarnare l'esperienza nella vita e farla vita. Senza queste dimensioni esteriori non abbiamo una descrizione totale dell'essenza della religione. Queste dimensioni, come si ben capisce, non sono indipendenti, ma ognuna influisce sulle altre. Al centroc'è l'esperienza religiosa, il contatto diretto e personale con il Sacro. Qui ho cercato di descrivere brevemente, ma più esaustivamente possibile queste dimensioni, mostrando, dopo aver trattato nelle prime due dimensioni della storia e delle principali credenze teologiche, come si attua per un credente musulmano, nella vita di tutti i giorni, la sua esperienza religiosa di Dio.
  1. DIMENSIONE STORICO-NARRATIVA

    Le origini

    Nell'islam, la dimensione narrativa a mio parere viene a coincidere quasi del tutto con la sua storia delle origini. Infatti, come anche nel caso del cristianesimo, gran parte della dimensione narrativa che costituisce la religione islamica sono fatti storici e quindi documentati, escludendo la veridicità di fatti come l'apparizione dell'angelo Gabriele a Maometto ad esempio, che non rientrano in uno studio fenomenologico, bensì in un campo più filosofico-teologico. Riporto quindi qui brevemente la storia delle origini dell'Islam,

Dacui non si può prescindere per una buona comprensione della sua fenomenologia. All'inizio della storia dell'islam troviamo il profeta Maometto (Mohammad), nato a La Mecca nel 570 circa. Maometto era un arabo. Gli arabi (che vivevano nell'attuale penisola arabica) erano un complesso di popolazioni di stirpe semita, per lo più nomadi, dedite al commercio e alla pastorizia. Dal punto di vista religioso essi avevano assorbito qualche elemento dal giudaismo e dal cristianesimo, ma erano sostanzialmente politeisti. Fra le molte divinità emergeva uno spirito supremo chiamato Allah, cioè "il Dio". Fra i vari culti era fondamentale quello rivolto agli spiriti delle pietre sacre: ogni tribù aveva una pietra sacra che portava con sé, per protezione divina, durante i molti spostamenti; le pietre venivano poste al centro del campo, costruendo una sorta di piccolo santuario. Fra queste pietre, quella oggetto di culto comune era la

Pietra Nera: un grosso pezzo di meteorite di colore nero, non rimovibile e considerata quindi la "casa di tutti gli dèi". La pietra si trova a La Mecca e intorno a essa sorse un santuario, la Ka'Ba (ancora oggi meta di pellegrinaggio), nel quale furono poste statue, immagini sacre e pietre sacre di molti dèi. Il santuario era dedicato al dio supremo Allah. Rimasto orfano di entrambi i genitori, fu allevato prima dal nonno e poi dallo zio.

Dopo alterne vicende, intorno ai venticinque anni, sposò la vedova Khadijah. Fra i trenta e i quarant'anni Maometto attraversò una profonda crisi religiosa, durante la quale si interrogò su Dio e sulla natura, appartandosi spesso in ritiro. Nel 610, esattamente il giorno 27 del mese di ramadan (nono mese lunare del calendario musulmano), sul monte Hira ebbe la prima visione, durante la quale, secondo la tradizione, l'arcangelo Gabriele gli rivelò l'unicità di Allah, di cui

Maometto divenne il portavoce (il Profeta). Secondo la tradizione islamica, le visioni e le rivelazioni continuarono per ventidue anni, fino alla morte di Maometto. Dopo un primo momento di smarrimento, Maometto cominciò ad annunciare pubblicamente il contenuto delle visioni, intraprendendo una lotta contro il politeismo pagano. Ma La Mecca, oltre a essere un nodo nevralgico dei traffici internazionali, era sede di culto e di importanti pellegrinaggi periodici presso il santuario, all'interno del quale venivano conservati numerosi idoli, venerati dalle diverse tribù, e la grande Pietra Nera, oggetto di culto molto diffuso, perciò il potentato della città, temendo ripercussioni economiche, in un primo tempo ostacolò la predicazione del Profeta, poi passò a vere e proprie persecuzioni contro Maometto e i suoi primi seguaci. Maometto fu quindi costretto ad abbandonare la Mecca per rifugiarsi a Yathrib, l'attuale Medina (che significa appunto "città del Profeta").

“città del Profeta”). Questo trasferimento (egira) ebbe luogo il 16 luglio dell’anno 622 d.C. e costituisce l’inizio del computo cronologico islamico.

A Yathrib venne redatto un documento, la Costituzione di Medina, che definiva, con successive modifiche, le basi giuridiche di un potere riconosciuto dalle differenti tribù, che pur mantenendo un’autonomia per la gestione dei vari problemi interni, accettavano l’arbitrato supremo del Profeta. Il documento sanciva l’unità fra stato e religione: l’islam, “il retto sentiero”, era regola fondamentale sia per il rapporto religioso sia per il contesto politico.

Dopo varie vicende e molti scontri con clan ostili, nel gennaio del 630 Maometto con i suoi seguaci entrò trionfante a La Mecca e distrusse gli idoli presenti nella Ka’ba e la consacrò ad Allah. Tornato a Medina, fece trasformare la sua casa in quella che sarebbe diventata la prima moschea.

fissò le regole per la preghiera, stabilendo in un primo tempo la direzione verso Gerusalemme e, in seguito, segno della crescente tensione con gli ebrei che non si erano convertiti alla nuova religione, verso la Ka'ba, quindi verso La Mecca. Nel 632 il Profeta intraprese l'ultimo pellegrinaggio verso la Mecca; tornato in condizioni precarie di salute a Medina, qui morì l'8 giugno 632, fra le braccia della sua quindicesima moglie, una diciottenne. Alla sua morte, dopo una serie di battaglie e vittorie, Maometto (Muhammad) era ormai padrone di tutta la penisola arabica. Dopo la morte del Profeta, la guida politica e spirituale della comunità islamica fu assunta dapprima da una linea di successione di califfi. Il termine califfo fu il nome dato ai primi successori di Maometto, che guidarono l'islam in sua vece, sostituendolo in tutti i ruoli, tranne quello di profeta. Sviluppi successivi: Il quarto califfo Ali ibn Abi Talib, sospettato da alcuni di essereil riconoscimento dell'autorità dei califfi successori di Maometto, mentre gli sciiti riconoscono solo gli imam discendenti di Alì.

Suo netto rifiuto di riconoscere la pretesa degli Sciiti che la guida della Comunità islamica (Umma) dovesse essere riservata alla discendenza del profeta Maometto. Oggi i sunniti sono la parte più numerosa della religione islamica, e costituiscono circa l'85-90% dei musulmani. Gli sciiti invece, la più numerosa delle minoranze tuttora presenti, costituisce il 10-13%. Nel lavoro qui presentato faremo quindi riferimento al credo e alle usanze della maggioranza dei musulmani, cioè la fazione sunnita.

2) DIMENSIONE DOGMATICO-TEOLOGICA

Il dio "tremendum" dell'Islam: Allah

Nell'Islam, la divinità unica e creatrice di ogni cosa viene chiamato Allāh, come più volte specificato nel Corano. Allāh è l'Essere eterno, supremo, onnipotente e onnisciente, che ha creato e continua a creare l'universo e ogni cosa in esso contenuta. Attributo di Dio importante che merita un breve accenno è l'onnipotenza.

altre religioni monoteiste. Nel Corano, Dio viene descritto come il Creatore e il Sovrano assoluto dell'universo, con il potere di controllare ogni aspetto della vita e della morte. L'onnipotenza di Dio nell'Islam è considerata come una delle sue qualità divine più importanti e viene enfatizzata in molti versetti del Corano. Nel contesto dell'Islam, l'onnipotenza di Dio significa che Egli ha il potere di fare tutto ciò che vuole e che nulla può accadere senza la sua volontà. Questo concetto è espresso nel versetto del Corano che recita: "Dio fa ciò che vuole" (Corano 14:27). Questo significa che Dio ha il controllo completo e assoluto su tutto ciò che accade nell'universo e che nulla può accadere senza il suo permesso. L'onnipotenza di Dio nell'Islam è anche associata alla sua misericordia e alla sua giustizia. Dio ha il potere di perdonare i peccati e di ricompensare i giusti, ma ha anche il potere di punire i malvagi. Questo concetto è espresso nel versetto del Corano che recita: "Dio è misericordioso con i suoi servi, ma è anche severo nel castigo" (Corano 3:30). Inoltre, l'onnipotenza di Dio nell'Islam è vista come un motivo di fiducia e di speranza per i credenti. Sapendo che Dio ha il potere di fare tutto ciò che vuole, i credenti si affidano a Lui e si rivolgono a Lui nelle loro preghiere e suppliche. Credono che Dio possa rispondere alle loro preghiere e che possa intervenire nella loro vita per aiutarli e proteggerli. In conclusione, l'onnipotenza di Dio nell'Islam è un concetto centrale che sottolinea il potere e l'autorità assoluta di Dio sull'universo. Questo concetto è associato alla sua misericordia, alla sua giustizia e alla sua capacità di rispondere alle preghiere dei credenti.
Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
20 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/06 Storia delle religioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ale.rei di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia della religione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Ateneo Pontificio Regina Apostolorum - UPRA o del prof Advani Sameer.