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STUDIO DI CASO
WEB DOCUMENTARIO - INSIDE BEIJING
Prof: Braga Roberto Dott. Disca Salvatore
WEB DOC INSIDE BEIJING
ci occuperemo dell’analisi del Web documentario Inside Beijing,
In questo breve Paper
realizzato da Claudia Pozzoli, focalizzandoci sulle caratteristiche e particolarità nel dettaglio
cercando di dedurne informazioni utili alla lettura e alla descrizione di questo Web-Doc più
in generale.
E' necessario precisare che partendo da un esempio specifico non potremo arrivare a
definire tutte le caratteristiche sperimentate nell'ambito web-documentaristico, ma ne
saranno colte le specificità più significative, innovative e diffuse.
Perché proprio Inside Beijing? Perché, questo documentario, diverso da quelli che siamo
soliti vedere, raccoglie caratteri innovativi accostati a una certa maturità linguistica,
rappresentando così un esempio completo a livello tecnico, comunicativo e contenutistico.
Anche se la definizione di web documentary si costruirà da sola nel corso dell'analisi del
caso, o così si presume che debba accadere, potrebbe essere utile fornire una brevissima
spiegazione per rendere chiaro di cosa stiamo parlando.
Un web documentary è una tipologia di prodotto mediale sviluppato negli anni duemila che
permette la fruizione interattiva di documentari sul web che differisce dalla forma
tradizionale, a partire da una serie completa di strumenti multimediali.
La capacità multimediale interattiva di internet fornisce ai documentaristi un mezzo unico
per creare produzioni non lineari che uniscono fotografia, testo, audio, video, animazione e
infografica.
La diffusione del web-doc o documentario interattivo è in incremento in tutto il mondo
grazie a televisioni specializzate nella produzione documentaristica e case di produzione di
prodotti video e web. I dati sono fiduciosi e l'esperienza fruitiva è descritta da molti come
unica e coinvolgente. Se non proprio tutto, sicuramente molto, lascia sperare nel futuro di
questo mezzo e nelle sue possibilità. PROPOSITI
Le recensioni e i saggi che caratterizzano i prodotti web-documentaristici, fanno emergere
una diffusa difficoltà di inquadramento di questo nuovo mezzo creativo. Nella maggior
parte dei casi il web-doc viene analizzato o studiato a partire da ciò che lo differenzia dal
documentario classico, dai videogames o da siti internet. E' banale ricordare che le matrici
da cui nasce il web-doc sono il video documentario e le pagine web, come il nome stesso
indica.
Sembra però che questo modo di trattare l'argomento cada a volte nell'errore di considerare
il mezzo web-documentaristico come una declinazione minore del documentarismo
classico, rischiando non solo nel non riconoscere al web documentary una propria identità
autonoma, cosa che avviene spesso con le nuove forme mediali, ma anche quello di vedere
il documentario come una forma obsoleta che si fa "rimediare" per poter sopravvivere.
Se il computer è solo una macchina per la rimediazione in grado di inglobare e
rappresentare al proprio interno altri media, allora il web documentary non è altro che un
documentario rimediato. Quanto detto è vero in alcuni casi in cui viene utilizzata
l'etichetta web-doc per prodotti in cui ci si è limitati a riportare su un medium diverso
dei contenuti video senza aggiungervi nulla. Questo genere di prodotto è però poco
rilevante e sarebbe molto riduttivo estendere la definizione a esperienze come Inside
Beijing.
Nei prossimi capitoli il saggio intende evidenziare le caratteristiche di un web documentary
creato per la fruizione in rete, limitandoci ora a notare che web-doc e documentario classico
coesistono, con scopi, esiti e piattaforme differenti, ciascuna con proprio seguito,
caratteristiche e fruibilità.
Inside Beijing è stato distribuito come canale primario sul web, ma anche in televisione
(CCTV in Cina) (MARCOPOLO in Italia), per due generi di ricezione totalmente differenti.
Da un lato infatti c'è un uso del prodotto che richiede allo spettatore di partecipare fin
dall'inizio in maniera attiva a ciò che sta vedendo e di scegliere cosa vuole vedere e cosa
vuole approfondire, dall'altro c'è una tradizionale fruizione televisiva, per cui lo spettatore
deve solo accendere il televisore e può guardare il documentario restando comodamente
seduto sul divano.
L'audience sembra non creare rivalità tra le due forme, i bacini di utenza a cui puntano sono
differenti, piuttosto la forma web offre possibilità di ampliamento da questo punto di vista
permettendo la ricezione del web-doc senza limiti temporali o spaziali, vantaggi che
caratterizzano questa forma di prodotto mediale aggiungendo che se una persona perde un
documentario di suo interesse in televisione, generalmente deve cercare nella
programmazione quando e se il documentario verrà ritrasmesso, ma è molto probabile
che la stessa persona perda nuovamente il documentario.
Non è detto poi che il documentario trovi una distribuzione in tutti i paesi, cosa che
impedisce a molti di poter vederne i contenuti.
Ecco dov'è che il web-doc intercetta nuove fette di pubblico poco attente alla
programmazione televisiva, provenienti da tutto il mondo, non disposte o impossibilitate
a vedere la tv. L’IDEA
Il progetto, nato inizialmente con il supporto del sito PeaceReporter e del mensile e di
Emergency, in seguito alla chiusura di entrambe le testate ha rischiato di bloccarsi, ma è
riuscito a mantenersi in piedi ricorrendo al metodo del crowdfunding.
Si tratta di un progetto multimediale avente come scopo fondamentale l’esplorazione,
attraverso immagini, parole e suoni, della città di Pechino.
Si tratta quindi di un prodotto crossmediale, dove abbiamo una versione televisiva, un
forum dove si possono esprimere opinioni, un sito interattivo, che interessa maggiormente a
noi, accennando, senza approfondimenti, anche altre forme.
Ci si concentrerà quindi sulla versione Web-documentaristica di Inside Beijing.
Nato del 2012 dalla collaborazione tra gli italiani Gabriele Battaglia, giornalista e blogger
esperto di Oriente, e la videomaker Claudia Pozzoli, oggetto principale è la città di Pechino,
capitale della Repubblica Popolare Cinese e centro nevralgico della vita politica e culturale
del Paese, megalopoli di superficie pari quasi a quella del Belgio e dimora di 18 milioni di
persone.
La preparazione del documentario lineare di 50’ minuti, oltre al sito, ha richiesto più di
cinque mesi di riprese, tra interviste e fotografie, più tre mesi per realizzare definitivamente
il progetto cross mediale.
Il progetto comprende inoltre un reportage, pubblicato sul mensile E di Emergency nel
maggio del 2012, in cui la città è raccontata attraverso le parole di Gabriele Battaglia e le
fotografie di Thomas Hoepker, Stuart Franklin e Ian Teh, e una videoinstallazione che
raccontano i diversi volti dalla capitale dal punto di vista soggettivo di una bicicletta che la
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percorre. SINOSSI
È un web-doc quindi che descrive Pechino con parole, immagini, suoni e rumori. Si
focalizza soprattutto su due aspetti tra loro connessi: lo sviluppo urbanistico della città e
l’evoluzione della cultura cinese. Quali contenuti esprimono i luoghi della città? Perché a
Pechino c’è una piazza enorme e mancano gli spazi pubblici? Che relazione c’è tra la
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cultura ufficiale e quella popolare, che emerge dal ventre della città stessa?
Siamo condotti così dal distretto di Chaoyang, isola degli expat e della ricca borghesia
cittadina, rappresentato dai suoi simboli, quali l’ultramoderna Sanlitun Plaza e l’imponente
torre di CCTV, a piazza Tianamen, centro politico ed amministrativo della città alla cui aura
di solennità non sfuggono neanche i più scettici, fino ad arrivare al distretto di Dongcheng,
il cuore della città antica, che, con il suo fitto reticolato di hutong e i molteplici colori ed
di una popolazione che basa la propria esistenza sulla comunità, ne costituisce l’anima
odori
più autentica e sincera.
1 http://www.chinapolis.it/inside-beijing-uno-sguardo-nella-capitale/
2 http://www.docucity.unimi.it/film/inside-beijing/
La videoproiezione termina con una vista dell’impressionante skyline di Pechino, illuminato
dalle luci notturne dei grattacieli, su cui la camera si ferma fino al sorgere del sole, quando
tutto ricomincia e tutto si prepara nuovamente a cambiare.
MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO
Per comprendere com'è fatto Inside Beijing, ci piacerebbe poterlo smontare, e osservare al
suo interno il moto degli ingranaggi che lo fanno funzionare.
Nell'era della "software culture", in cui la produzione, la distribuzione e la fruizione dei
contenuti culturali è mediata da software e i media stessi sono prodotti di questi ultimi due,
la meccanica e gli ingranaggi che muovono un oggetto culturale mediale sono software e
codici di programmazione.
Lev Manovich come Noah Wardrip-Fruin, hanno più volte evidenziato la generale assenza
nei testi che riguardano media digitali, di informazioni sulle macchine computazionali che
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rendono i media digitali possibili e sulla necessità di dedicarsi a questo.
E' proprio da qui che vorremmo partire per capire meglio come funziona PV,
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riprendendo la suddivisione proposta da Mark Marino e ripresa da Manovich tra
"Software Studies, Code Studies e Platform Studies".
La versione interattiva di questo Web doc è stato adibito soprattutto per una fruizione
esclusivamente da PC. Si può accedere tramite una pagina web aperta e navigabile il Web
server nginx installato su un server Ubuntu di Linux.
La pagina principale del sito di Inside Beijing è stata scritta con il linguaggio server PHP il
quale si occupa di creare le pagine HTML5+CSS, mentre il software utilizzato per
permettere maggiore interattività è il Flash di Adobe. Per il forum invece hanno usato
communifire che gestisce le varie pagine di discussione.
I contenuti video hanno richiesto a loro volta software specifici, in particolare Final Cut
Pro per il video editing e Apple Color e Motion sono serviti per i processi di color grading,
color correction e per le animazioni e le grafiche.
3 Manovich L., Software takes command, 2008. www.softwarestudies.com
4 Marino M., Critical Code Studies. Electronic book review December 12, 2006. www.electronicbookreview.com .
Dal punto di vista grafico il sito è particolarmente curato, i grafici hanno usato colori e stili
che richiamavano quelli dominanti a Pechino, come il rosso, colore simbolo della bandiera
cinese e il grigio, in negativo, perché la città è resa cupa dallo smog.
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