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4. IL CITTADINO AD ATENE - LE DONNE IN GRECIA
Nell’Atene democratica è considerato cittadino colui chè è maschio, adulto e libero.
La condizione di greco maschio e libero sono necessarie per avere la
cittadinanza piena poiché solo l’uomo libero è capace di autogovernarsi.
L’uomo libero è più valoroso perché capace di combattere per i propri ideali e
non per un padrone, può esprimere il suo pensiero e vive la vita come vuole.
Per cui la libertà diviene un principio, un valore che va affermato e difeso.
Essere cittadino implicava non solo dei diritti ma anche il dovere di partecipare
attivamente al governo della città, alla politeia. Essere cittadino implica
l’esercizio attivo della cittadinanza. Aristotele dice che la cittadinanza
appartiene ai cittadini che gestiscono in prima persona il potere e decidono
sulle scelte della città partecipando all’assemblea, ai tribunali, al consiglio dei
cinquecento. La cittadinanza quindi è riservata ai maschi adulti liberi nati da
padre e madre ateniese ed il resto della popolazione ossia i ragazzi, i vecchi e
gli esiliati hanno una cittadinanza incompleta. Anche le donne fanno
riferimento ad una concezione limitata di cittadinanza.
Nella cultura dell’Atene democratica si ha un collegamento tra uguaglianza e
cittadinanza sia sul piano del mito che dei simboli infatti vi era il mito dell’autoctonia
degli Ateniesi in cui una buona e comune nascita fondano un uguaglianza politica di
tipo aristocratico, detta isonomia mentre sui simboli si ha la figura del focolare
domestico che rappresenta l’unità dei cittadini in quanto legati da vincoli di sangue, e
la comunità diventa il focolare pubblico.
Anche il Socrate ritroviamo un elogio alla cittadinanza e al valore che vi era
attribuito nella frase “Ringrazio gli dei di avermi creato greco e non barbaro,
uomo e non donna, libero e non schiavo”.
5. HOBBES E FREUD
Ogni teoria dell’uomo come soggetto pubblico implica la considerazione dello
stesso come individuo, come soggetto privato. Perciò bisogna tener conto,
quando si struttura una società con le sue relative regole, di determinati
caratteri dell’uomo come la sua aggressività piuttosto che la socievolezza.
Nell’antropologia possiamo scorgere due teorie in merito, la prima quella
dell’anarchismo, caratterizzata dalla convinzione che ogni uomo è
naturalmente socievole e portato a convivere con gli altri e l’altra, quello dello
stato assoluto, che presenta l’uomo come naturalmente insocievole e
aggressivo. Questa teoria condivisa da Hobbes è alla base della filosofia
giuridica e politica dello Stato moderno. Secondo Hobbes l’uomo è simile ad un
lupo, sempre pronto ad aggredire (homo homini lupus) per tanto il suo stato di
natura non è la pace ma la guerra permanente di tutti contro tutti.
Nella visione anarchica la società civile è una tendenza innata dell’uomo
mentre nella visione autoritaria lo Stato va costruito cercando di spegnere le
pulsioni aggressive dell’uomo.
Hobbes contesta l’antropologia politica di quelli che considerano l’uomo uno
zoon politikon ossia naturalmente socievole. Lo riscontriamo nel De Cive in cui
viene indicato l’uomo come timoroso e diffidente l’uno dall’altro facendo un
raffronto con gli Stati del mondo che nonostante vivano vicini ognuno protegge
il proprio territorio con presidi militari, e con la quotidianità in cui ogni sera
chiudiamo a chiave la porta di casa. Il titolo del primo capitolo del De Cive è
Libertas ma è inteso come stato di natura e per Hobbes lo stato di natura è
quello in cui gli uomini si trovano prima di prendere la decisione di formare una
società. Così Hobbes afferma che la condizione naturale dell’uomo è l’anarchia,
lo stato di guerra derivante dall’assenza di leggi, gli uomini non sono individui
sociali ma sono egoisti e tendono a realizzare ognuno i propri interessi a
scapito di quelli degli altri, per cui lo stato di natura si risolverebbe in una
guerra di tutti contro tutti. Per ovviare a questo stato di guerra gli uomini si
accordano in una civile convivenza in cui razionalmente cedono i propri diritti
ad un unico uomo, il sovrano o ad un’assemblea di uomini. La nascita di questa
realtà artificiale fa nascere il cittadino o suddito che deve prestarsi con
obbedienza agli ordini ricevuti non essendo più regolato dalle sue passioni
primordiali.
Nel ‘900 Sigmund Freud riprende da Hobbes la visione dell’uomo e della nascita
della società soprattutto nella teoria della guerra in cui si evince la visione
negativa dell’uomo in cui la sua natura è bellicosa. Per Freud dire che l’uomo è
naturalmente aggressivo è riduttivo perché nell’uomo vi è anche una pulsione
erotica, si muove infatti con sentimenti di amicizia e amore verso gli altri.
L’analisi che viene fatta da Freud anche se in chiave della psicoanalisi riprende
lo stato di natura di Hobbes infatti la condizione originaria dell’uomo vede
l’affermazione piena della libertà individuale che esprime sia le pulsioni
erotiche che quelle aggressive. In questa condizione non avviene alcuna
alienazione dell’individuo ma allo stesso tempo l’assoluta libertà porta ad uno
stato di ansia insostenibile perciò l’uomo decide di ridimensionare le sue
pulsioni in cambio di una convivenza pacifica. Da questa decisione viene creato
lo Stato, il diritto, la religione e l’educazione.
Freud però sostiene che la natura violenta dell’uomo non svanisce con la
creazione dello stato ma viene semplicemente monopolizzata dallo Stato a cui
non interessa che l’uomo sia socievole ma che si comporti da tale. La
differenza sta nel fatto che se l’uomo fosse socievole questo sarebbe un
comportamento duraturo ma siccome l’uomo socializza solo per adattamento,
avviene la guerra. Hobbes sostiene che la guerra è uno stato naturale e la pace
è solo l’intervallo tra le guerre. Anche Freud sostiene che l’aggressività essendo
strutturale dell’uomo è ineliminabile ma anche che per rendere accettabile e
giustificabile la sua aggressività occorre dimostrare che il nemico è una
minaccia per la nostra vita.
6. LOGOS TRIPOLITICOS – EROTODO
I Greci sono stati i primi a costituire i governi democratici e coloro che ne
hanno definito le regole di sistema e i suoi tratti distintivi. Questa descrizione
sulla democrazia la ritroviamo in Erotodo nel dialogo fra tre nobili persini che si
interrogano sulle tre forme di governo possibili da adottare per la Persia dopo la
morte del sovrano Cambise anche se sembra cronologicamente invierosimile.
Le tre forme di governo analizzate solo la monarchia, l’aristocrazia e la
democrazia. La scelta della forma di governo si configura come una scelta di
valori attraverso un ‘analisi razionale . La tesi greca è che ogni popolo con le
proprie tradizioni influenzi la scelta di governo. Otane, il personaggio persiano
fautore della democrazia sostiene che la democrazia è da preferire poiché il
valore è l’uguaglianza e tale principio previene meglio i guasti che possono
divenire da un monarca. Otane infatti si augura che la Persia non sia più
guidata da un tiranno anche perché l’ultimo re Cambise, viene descritto da
Erotodo come un crudele e un folle. La democrazia, perciò è l’unica forma di
governo capace di opporsi alla parte negativa del potere perché la
concentrazione di tutto il potere nelle mani di un unico sovrano porta alla
corruzione, al dispotismo, al contrario in un governo democratico il potere è
diviso ed esercitato a turno, le magistrature sono affidate per sorteggio ed il
potere è sottoposto a controllo. Nel discorso non viene menzionata la libertà.
Inoltre Otane esprime la nozione tragica del potere poiché la cultura greca
vede il potere negativamente perché è fondamentalmente una cultura della
coscienza. Il potere e la coscienza sono ai due estremi come la dicotomia tra
ciò che è ufficiale, il pubblico e la parte individuale. Si analizza anche una
visione scettica sulla possibilità per l’uomo di essere un buon governante
infatti, come ribadiscono i sostenitori della democrazia un potere monopolistico
e autoritario provoca l’infelicità dei cittadini, poiché l’uomo che esercita i suoi
diritti politici riesce a far funzionare bene anche il sistema politico mentre la
tirannide non porta buoni frutti.
Erotodo, attraverso il personaggio Otane, afferma che la democrazia ha in se il
principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge (isonomia) e della
libertà, che fa si che l’uomo sia capace di governarsi da solo e di
autodeterminarsi. Il principio della libertà in democrazia si evince dalla
condizione in cui gli uomini governano e vengono governati a turno e che ogni
individuo può vivere come vuole a differenza dello schiavo che vive come il
padrone gli ordina. La libertà si identifica con la democrazia in quanto gli
uomini vengono liberati dalla tirannide di un sovrano e si autogovernano,
partecipando alla vita pubblica. Anche la sfera privata non è esente dal
concetto di libertà e ne è tratto distintivo lo stile di vita dell’uomo greco. Il fatto
più significativo della libertà della Grecia avviene dopo la battaglia di Salamina
nel 480 a.c in cui grazie alla flotta di Atene viene impedita la conquista della
Grecia da parte dell’impero persiano. E’ proprio la flotta il simbolo e il
fondamento della democrazia ateniese sul quale si fondò l’imperialismo di
Atene definito anche come talassocrazia. Alla base vi è il demos perché come è
scritto nel Vecchio Oligarca “è il popolo che fa andare le navi e ha reso forte la
città”. In sintesi il legame tra libertà e democrazia si ha perché l’uomo greco è
insofferente all’autorità, alla tirannide. Lo si nota anche nelle battaglie poiché
un uomo che combatte per l’ordine del sovrano non sarà mai forte quanto
l’uomo che combatte per i propri principi e valori.
7. LA BATTAGLIA DI SALAMINA – TRIREMI – TECNICA NAUTICA
Il fatto più significativo della libertà della Grecia avviene con la battaglia di
Salamina nel 480 a.c in cui grazie alla flotta di Atene viene impedita la
conquista della Grecia da parte dell’impero persiano. E’ proprio la flotta il
simbolo e il fondamento della democrazia ateniese sul quale si fondò
l’imperialismo di Atene def