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LUDWIG MIES VAN DER ROHE
Il Padiglione di Barcellona
MIES VAN DER ROHE, 1928-1929, BARCELLONA “Al giorno d’oggi il
fattore economico
rende obbligatorie la
razionalizzazione e la
standardizzazione
nella residenza in
affitto.
D’altra parte, la
crescente complessità
delle nostre esigenze
richiede flessibilità. In
futuro si dovrà fare i
conti con entrambi gli
aspetti. A questo fine la
struttura a scheletro è il
sistema costruttivo più
adatto. Esso infatti
rende possibile
l’impiego di metodi
costruttivi razionalizzati
e consente la libera
suddivisione degli
interni. [...]
Questo dovrebbe
soddisfare, a mio
avviso, tutte le normali
esigenze.”
BIANCHI SILVIA Mies van der Rohe
Politecnico di Milano - Corso di Scienze dell’architettura - Elementi di Architettura
Prof. Roberto Spagnolo
Il Padiglione di Barcellona può essere definito come una portante, un basamento in travertino che richiama Negli anni Quaranta e Cinquanta, Philip Johnson,
delle architetture cardine dell’International Style, grazie l’orizzontalità delle lastre di copertura e delle superfici Sigfried Giedion e Bruno Zevi danno un’interpretazione
all’opera di Mies van der Rohe. lucide. Il cuore dell’edificio è una lastra di onice dorato e omogenea della disposizione degli spazi con i concetti di
Per farsi un’idea dei fondamenti di questo movimento lucidato (l’equivalente del nucleo del camino che Wright fluidità e continuità tra interno ed esterno, derivanti
riporto alcune frasi da “The International Style” di Henry- sistemava in posizione centrale), scelta in modo da dall’assenza di un centro spaziale chiaramente
Russell Hitchcock e Philip Johnson, del 1932. formare un disegno simmetrico, così importante che delimitato.
“L’effetto di massa, di solidità statica, fino ad ora qualità determina l’altezza di tutto l’edificio. E’ il materiale scelto E’ quindi caratteristico di questa architettura l’effetto di
principale in architettura, è completamente scomparso; al che determina l’unico ornamento. “trasparenza” fra l’interno e l’esterno prodotto dall’utilizzo
suo posto c’è un effetto di volume, o più precisamente, di congiunto di ampie superfici a vetri e lastre a sbalzo
superfici piane delimitanti un volume, come è visibile La superficie specchiante dell’acqua contribuisce a proiettate verso l’esterno. Giedion, autore svizzero,
nella maggior parte degli edifici. Il simbolo architettonico deformare la limitazione spaziale dell’edificio. Le lastre avvicina per questo motivo Mies agli architetti olandesi
fondamentale non è più il mattone compatto ma la del pavimento proseguono oltre il bordo dando Van Doesburg e Van Eesteren. Essi partono dallo stesso
scatola aperta. Infatti la maggioranza degli edifici è l’impressione che l’acqua continui a scorrere sotto il principio di decomposizione: il cubo visto come
riducibile, nella sostanza come nell’apparenza, a semplici basamento, e creando una continuità visiva tra interno e “contenitore tradizionale dell’architettura” esplode in una
superfici piane delimitanti un volume”. esterno. L’effetto riflettente ricercato dall’architetto è pluralità di piani disposti radialmente che si protendono
evidente nella vasca più piccola dove la figura femminile dall’interno della casa e “non si fermano ai muri esterni,
Mettiamo a confronto il mio caso studio e le opere di un classicheggiante che sorge dall’acqua con le braccia come con Van Doesburg, ma si irradiano nel panorama
altro architetto essenziale alla comprensione di questo sollevate verso il sole, “il mattino” di Georg Kolbe viene esterno”.
periodo stilistico, Frank Lloyd Wright che peraltro Mies riflessa non solo dall’acqua, ma anche dalle pareti scure.
conosce e apprezza. “Wright ha preceduto Mies nel Bruno Zevi, nel suo testo “Poetica dell’Architettura
rompere con l’idea tradizionale di casa come scatola”. Costruito con finalità cerimoniali e rapprentative, il suo Neoplastica” compie un’analisi comparata dei progetti di
L’architetto olandese sembra aver scomposto la scatola, r u o l o m o n u m e n t a l e v i e n e fi s s a t o d a l l e g g e r o Mies e dei principi di scomposizione dei piani del
invece per Mies essa non esiste proprio più: parte da uno innalzamento su un basamento in travertino, come un movimento moderno, analizzando in particolare Le
spazio mai racchiuso in quattro mura, ma ininterrotto tra antico tempio romano. Corbusier. Lo spazio di Mies si aprirebbe quindi a una
esterno e interno. Nel Padiglione di Barcellona, Mies Salendo le scale in direzione del podio, gradualmente nuova dimensione temporale che integra, nella sua
introduce per la prima volta alcune significative entrano nel campo visuale del visitatore l’ampia terrazza, continuità spaziale, l’edificio, la città, il territorio. Le
innovazioni, sfruttando i principi della “pianta libera” e lo specchio d’acqua più grande su cui galleggiavano le Corbusier invece rinchiude lo spazio in una forma
degli “spazi fluenti”. Alcune articolazioni del suo volume ninfee poi i percorsi che si moltiplicano. E’ la geometrica elementare con valenza scultorea
erano ottenute mediante letture illusorie della superficie, scomposizione dei piani murali, isolati e disarticolati, che dell’architettura. La concezione dello spazio di Mies è
quale ad esempio quella realizzata grazie a schermi in guidano il visitatore attraverso un percorso in uno spazio diverso: è lo spazio stesso ad essere l’elemento
vetro colorato verde, impiegati in modo tale da risultare libero, fluido e asimmetrico. unificante che si infiltra nelle stanze, le collega e si
gli equivalenti speculari dei piani principali di chiusura. I critici contemporanei definirono l’edificio come un’oasi prolunga all’esterno concependo la forma non come
Questi piani, rivestiti in marmo verde lucidato, riflettevano che invitava i visitatori dell’affollata esposizione punto di partenza, ma come risultato di un’intuizione
a loro volta la sommità degli infissi verticali cromati che internazionale a una breve sosta. Realizzato sul Mont spaziale.
sostenevano il vetro. Dello stesso materiale degli infissi Juic, fu Mies in persona a sceglierne la posizione, su un
gli otto pilastri cruciformi, liberamente disposti che terreno piuttosto irregolare, che viene restituita dalla “La forma non è il fine, ma il risultato del nostro lavoro”, lo
sostengono il tetto, ma che non hanno nessuna valenza libera distribuzione di piani. Un’uscita sulla destra riapriva scrive lo stesso Ludwig Mies van der Rohe che a questo
di definizione spaziale, ma possono al limite agire in in origine verso la città spagnola, un assemblaggio di stili obiettivo sostituisce un fine più alto: la volontà di
quanto elementi di interferenza visiva in uno spazio già architettonici territoriali sulla collina sovrastante. rappresentare un’architettura che, come l’effetto delle sue
definito. I pilotis sono solo all’apparenza semplici, poiché superfici lucide, sia specchio del presente e si mostri nel
sono uno di quegli elementi che fanno pensare che ci sia Il padiglione è spesso definito come la prima futuro come riflesso del suo tempo.
“Dio nei dettagli”. realizzazione di un’intenzione spaziale antecedente, che
Il Padiglione di Barcellona, in un periodo segnato da forti si fa risalire al progetto della Casa di mattoni dello stesso In questo spazio che ha acquisito una valenza fisica e
luci e ombre quale quello della fine della guerra Mies. La Casa di mattoni conterrebbe in nuce, e in modo materiale indipendente dagli elementi di separazione,
mondiale, doveva rappresentare la nuova Germania in esemplare, le caratteristiche formali di quella che che perdono la funzione di parti delimitanti, lo spazio si
poco tempo e con un budget ristretto. Queste condizioni sarebbe diventata l’architettura di Mies negli anni Trenta, mantiene continuo, nonostante una massa frammentata
contribuirono a concretizzare il tema che rese famoso ossia l’abbandono della forma prismatica risolta piuttosto che non riesce a contenerlo, grazie ai piani orizzontali: il
Mies van der Rohe: “less is more”. La forma della in un’articolazione di frammenti di piani autonomi podio e soprattutto la copertura. La differenza è
struttura infatti è il risultato della semplice composizione disposti ortogonalmente. accentuata dal fatto che queste due vaste lastre sono
di questi otto pilastri grazie ai quali le pareti rivestite in ottenute con materiali opachi.
materiali pregiati vengono assolte dalla loro funzione Collocazione del
Padiglione: Montjuic Dettaglio pilastro cruciforme
Barcellona, Spagna.
“Casa studio per un artista”, quadro
di Van Doesburg “Il Mattino”, statua di Georg Kolbe