Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 8
Mandolino come strumento musicale, Storia strumenti Pag. 1 Mandolino come strumento musicale, Storia strumenti Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 8.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Mandolino come strumento musicale, Storia strumenti Pag. 6
1 su 8
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

STRUMENTI MUSICALI

RICERCA PERSONALE SU

Il Mandolino

DI GIULIA CANELLA

MATRICOLA 820727

Il mandolino è uno strumento musicale appartenente alla famiglia dei cordofoni. È uno degli

strumenti più conosciuti al mondo, non tanto per particolari caratteristiche tecniche e possibilità

sonore, ma per la visione molto semplicistica che lo relega ad una dimensione popolare e giocosa

tipica della tradizione dell’Italia del Sud.

Affidandosi unicamente all’immaginario collettivo, la definizione immediata risultante del mandolino

sarà distorta ed incompleta, poiché spesso, appunto, viene associata ad uno strumento d'uso

popolare, che compare di rado nella musica d’arte. Ciò è da considerarsi errato, in quanto il

mandolino è stato impiegato anche nella musica colta e, di quanto in quando, anche nell’opera

lirica. Alcuni esempi sono ritrovabili in un concerto per mandolino, Concerto in Do maggiore Op.3

n.6, di Antonio Vivaldi, il quale compose anche altri due concerti per due mandolini ed orchestra, e

lo stesso Mozart inserì questo strumento nel suo Don Giovanni. Infine, quattro sonatine gli sono

state dedicate anche da Beethoven.

STORIA

Nella famiglia dei cordofoni, rientra anche la categoria dei liuti, dei quali il mandolino fa parte.

Vi sono due correnti di pensiero sulla storia di questi strumenti: da una parte si pensa che gli

strumenti a fondo convesso siano un’evoluzione della lira greca, mentre quelli a fondo piatto, ad

esempio la chitarra, traggano la propria origine della Citara ellenica. Dall’altra parte, invece, si

ritiene vi siano tra i cordofoni a manico due categorie principali: quello del TAR di derivazione

persiana e quello dell’UD di derivazione araba. Il liuto sarebbe dunque il risultato della linea

evolutiva di quest’ultimo, che compare per la prima volta in Egitto intorno al VII secolo d.C.,

portatovi dagli arabi.

Col passare del tempo, il liuto ha dato vita a nuovi strumenti che pur differenziandosi per legno,

grandezza, forma ed accordatura hanno tutti alcuni aspetti comuni: si tratta della mandora, della

mandola, del mandolino e del calascione.

La mandora è uno strumento simile al liuto, ma di dimensioni più piccole. Nel provenzale del

Duecento appaiono termini come mandoire, boudoire, che sembrano a riferirsi a questo

strumento, ma il nome vero e proprio comparirà solo nel Cinquecento.

È probabile che la mandora nel XVII secolo avesse la funzione di strumento solista associato alla

danza, oppure suonasse nei complessi di liuti e fosse apprezzata per il suo suono vivace ed

acuto. Per quanto riguarda la tecnica, questo strumento era probabilmente suonato con il plettro,

che poteva essere tenuto tra il pollice e l'indice della mano destra o legato ad una delle altre dita.

Tale uso di prassi esecutive miste è indice in ogni caso dell’influenza esercitata dal liuto

rinascimentale.

La mandora ebbe un discreto successo come strumento solistico, sia per la musica dotta sia per

la musica popolare in Francia fino a quando sul finire del Seicento fu soppiantata dalla mandola

italiana, dotata di un’accordatura per quarte. La sua prima apparizione è databile nel 1589 a

Firenze, nell'organico strumentale dei famosi Intermedi alla Commedia ne La Pellegrina di

Bargagli, composti in occasione delle nozze tra Ferdinando I de' Medici e Cristina di Lorena. La

vera espansione, però, di questo strumento avviene tra la fine del Seicento e la metà del

Settecento. La mandola era costruita sul modello del liuto col manico separato e cavigliere a

falcetto. Poteva avere 4, 5 o 6 cori doppi, ponticello mobile e cordiera inferiore.

Nella seconda metà del XVIII secolo si ha il tramonto della mandora in Europa settentrionale e il

conseguente abbandono della tecnica mista di plettro e dita, che si era utilizzata anche con la

mandola.

La mandola italiana aveva aumentato il numero delle corde fino a sei doppie, divenendo il

cosiddetto mandolino lombardo. Nello stesso periodo il liuto scomparve progressivamente,

mentre si diffondeva invece la chitarra.

In quest’evoluzione, solo uno strumento mantiene le proprie caratteristiche originarie: il

calascione. Questo è uno strumento derivante dai paesi islamici, con corde di metallo e manico

molto più lungo della cassa.

Il calascione poteva avere tre diverse taglie: il calascione vero e proprio, lungo 180 centimetri, il

mezzo calascione di un metro circa ed il calascioncino di 60 centimetri. L'esistenza dello

strumento è attestata fra il Cinquecento e l’Ottocento e le testimonianze iconografiche del

Settecento lo raffigurano in mano a contadini e pescatori ed anche in mano agli angeli.

Il calascione poteva avere due o tre corde allacciate al ponticello, il quale era incollato alla tavola

armonica. Oltre che in occasioni di festa e danza, l'uso del calascione è attestato da alcune liriche

di antiche canzoni napoletane nell’accompagnamento al canto; allo stesso tempo, trova posto

anche nella musica colta del XVIII secolo dove gli strumenti montano, però, 5 o 6 corde.

I primi riferimenti al termine “mandolino” sono rintracciabili negli appunti di Antonio Stradivari

(1644-1737), nell'opera di Tomaso Motta Armonica capricciosa di suonate musicali (Milano 1681),

raccolta di canzonette strumentali a due parti, che parla di mandolini a

quattro, cinque e sei corde, e nelle ingiunzioni dei pontefici Innocenzo XI

(1676-89) e Innocenzo XII(1691-1700), secondo le quali il mandolino era

usato nelle chiese assieme a timpani, corni, trombe, oboi, flauti dolci, ottavini e

salteri moderni. L'italiano Carlo Sodi diede un concerto per mandolino a

Londra nel 1713 ed Haendel usa lo strumento nell'opera Alexander Balus del

1743.

Fra Sei e Settecento erano in uso diversi tipi di mandolino, le cui differenze si

individuano essenzialmente nell’accordatura e nel numero di corde. Le

caratteristiche comuni, invece, erano l'uso esclusivo del plettro, l’adozione

prevalente di corde di budello e l'estrema leggerezza dovuta al taglio molto

sottile dei legni.

La pratica musicale mandolinistica è sempre stata legata ad un elevato ceto

sociale. Lo si deduce dalle importanti Signorie dedicatarie delle edizioni

musicali a stampa pubblicate nel XVIII secolo dai maestri italiani. Anche

durante il periodo in cui questo strumento venne relegato al solo ambito della

musica popolare (creando un'idea distorta delle sue origini) è comunque

associato per lo più a fasce artigiane specializzate.

Per tutti i tipi di mandolino esiste un ampio repertorio fornito da autori di musica da camera,

sinfonica e operistica. Tra i più importanti si ricordano Haendel, Vivaldi, Mozart, Salieri,

Beethoven, Bizet, Paganini, Verdi, Mahler e Prokofiev.

STRUTTURA

Cassa

La struttura della cassa di risonanza del mandolino è l'elemento che identifica maggiormente

questo strumento. Il mandolino classico è caratterizzato da una struttura panciuta a forma di

goccia, realizzata mediante doghe che si congiungono al vertice in corrispondenza dell'incastro

con il manico; la parte posteriore della cassa, invece, è irrobustita dallo scudo, una fascia lignea

che circonda la tavola armonica per buona parte del perimetro.

La tavola armonica presenta la peculiare forma a lacrima, è generalmente dotata di tre catene

perpendicolari e risulta piegata all'altezza del ponticello o subito sotto di esso: questa forma

particolare permette allo strumento di supportare l'elevata tensione delle corde metalliche.

Il mandolino classico ha una sonorità dolce ed argentina, un timbro delicato e cantabile, con una

componente di riverbero che fluidifica e rende omogeneo l'effetto del tremolo. Nonostante questo

strumento abbia tutto sommato una voce piccola, rimane comunque molto espressivo. Capace di

diventare languido e sdolcinato, il mandolino dà il meglio di sé con un plettro rigido, non troppo

spesso e di forma allungata.

Manico

Il manico del mandolino è lungo circa 40 centimetri e si raccorda

alla cassa più o meno in profondità, in dipendenza dal modello, così

come il suo profilo posteriore può essere più o meno arrotondato.

Nei mandolini classici il manico ha in genere una marcata sagoma a

'V', mentre nella gran parte degli strumenti contemporanei il profilo

del dorso è maggiormente simile ad una 'U'.

La tastiera si trova sulla parte superiore del manico ed è costituita

da una striscia di legno duro suddivisa in porzioni, ciascuna

corrispondente ad un semitono, spesso adornata con intarsi

segnaposizione in genere replicati a lato del manico. All'inizio della

tastiera vi è il capotasto, una sbarretta d'osso sagomata e

scanalata, che determina spaziatura ed altezza sulla tastiera delle

quattro coppie di corde.

I tasti, contro i quali si premono le corde per ottenere le note volute,

anticamente erano ricavati da segmenti a T di ottone crudo sagomato a mano, metallo facilmente

lavorabile, ma soggetto a rapida usura a contatto con le corde.

Oggi il metallo che costituisce i tasti è alpacca al 18% di nickel. Più di recente alcuni costruttori

hanno adottato per i propri strumenti tasti in acciaio inox. Il numero di tasti varia dai 17 del modello

da studio, ai 29 dei mandolini da concerto a tastiera prolungata.

All'altro capo del manico la parte allargata, denominata paletta, alloggia le cosiddette meccaniche.

L'accordatura avviene mediante una vite, munita di manopola a farfalla.

Corde

Nel mandolino vengono montate principalmente corde in acciaio armonico: si tratta di un metallo

elastico, che permette di ricevere e ritrasmettere in maniera efficace alla cassa le sollecitazioni

impartite dal plettro. Le prime due corde, Mi e La, sono in acciaio nudo, che può essere stagnato,

argentato o dorato, mentre la terza e la quarta, Re e Sol, sono avvolte da una sottilissima spirale di

filo metallico che consente di incrementare leggermente lo spessore della corda, conservando allo

stesso tempo un elevato grado di capacità vibratile. Per l'avvolgimento si utilizza in genere filo di

rame argentato, ottone, bronzo, bronzo fosforoso, acciaio al carbonio, nickel o nickel/cromo,

tenendo presente che ciascuno dei metalli indicati apporta differenti caratteristiche fisiche

comportanti anche diverse sfumature timbriche.

La scelta del materiale e del calibro della corda deve inoltre considerare anche la tipologia di

mandolino, oltre che il gusto individuale. Si può generalizzare

sostenendo che i mandolini di tipo tradizionale a tavola piatta

dispongono di una sonorità solitamente delicata e le cui formanti

si collocano nella regione acuta dello spettro sonoro. Essendo

caratterizzati da una struttura più leggera, sfruttano al meglio

corde di piccolo calibro con i b

Dettagli
A.A. 2009-2010
8 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/07 Musicologia e storia della musica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giulia.canella di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia degli strumenti musicali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Modena Elena.