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Anni Settanta e Ottanta in Italia
Nel 1970 c'è la fuoriuscita da Bretton Woods, e la rottura della convertibilità tra dollaro e oro lascia
fluttuare le monete, i cui cambi erano prima fissi. La perdita dell'obbligo di parità significa che la politica
monetaria può essere gestita seguendo prospettive politiche autonome e differenziate. La Banca d'Italia
cerca di mantenere comunque la parità con il dollaro (si pensava che Bretton Woods sarebbe stato
sistemato e riproposto a breve) e questo ha fatto si che la lira si svalutasse insieme al dollaro rispetto alle
monete forti europee, in particolare il marco. Questa politica si attua (lo fa oggi lo yuan) perché il dollaro e
la moneta di scambio, che quindi si usava per comprare le materie prime (l'Italia ne importava tante perché
era un Paese trasformatore), e questo rende più competitivo l'export rispetto a quello dei Paesi con
monete forti non svalutate. Questo assetto è completato da altre scelte di politica monetaria che hanno
effetti essenzialmente interni (politica dei due forni: il governo può finanziare la spesa non solo ricorrendo
all'indebitamento, ma anche obbligando la Banca d'Italia a emettere moneta). La richiesta di emissione è
una novità che si afferma nel 1968 e che produce inflazione, facendo perdere il valore del risparmio in
contravvenzione all'art. 47 della Costituzione. I due forni dove viene bruciato il risparmio degli italiani.
Innanzitutto salta il vincolo di bilancio, nel 1966 la Corte Costituzionale aveva dichiarato che si può
finanziare la spesa con l'indebitamento attraverso i titoli del Tesoro, i BOT, titoli di credito variamente
scadenzati. Il Tesoro emette i BOT attraverso offerte pubbliche di vendita, e li comprano le banche con la
loro liquidità. I privati comprano i BOT attraverso le banche oppure direttamente. Con la liquidità che entra
il Tesoro finanzia la spesa pubblica in deficit, portando un aumento del debito. Se i BOT non vengono
collocati nel mercato, e quindi rimangono inoptati, lo compra la Banca d'Italia emettendo moneta e
provocando inflazione. Questo per evitare che il Tesoro sia costretto ad aumentare il tasso d'interesse per
renderli più attrattivi e venderli. L’inflazione attacca il risparmio, quindi chi ha dei depositi bancari vede il
suo patrimonio scendere di valore, e cerca di tutelarsi investendo. Gli investimenti possibili sono il settore
immobiliare, mobiliare e dei BOT. Gli immobili sono però soggetti alla politica dell'equo canone che
disincentiva l'investimento per rendita; l'investimento mobiliare si trova principalmente in Borsa, che però
nel 1963 ha avuto una crisi importante e da allora c’è una grande sfiducia verso l'investimento azionario
perché è poco trasparente e controllato. Si potrebbero tenere i soldi nei depositi bancari, ma i tassi di
rendimento sui depositi sono controllati dalla Banca d'Italia, che li tiene appositamente bassi (più bassi dei
BOT, che così rendono di più e quindi attirano investitori – canalizzazione del risparmio verso i titoli di
Stato). Comunque il tasso di rendimento dei BOT è tenuto più basso del tasso di inflazione (gestito dalla
Banca d'Italia attraverso l'emissione monetaria), in modo che i soldi restituiti alla scadenza del titolo siano
numericamente di più rispetto a quelli dati all'inizio, ma con un minor valore. Il fatto che l'investimento in
BOT sia quello più redditizio (non c'è la libera circolazione dei capitali) fa sì che alla scadenza gli investitori
reinvestano il capitale nello stesso settore, creando una base stabile. Questo permette di fare spese
improduttive, finanziando l'amministrazione e la burocrazia, spesso la politica e le ricerca del consenso, con
meccanismi sempre meno trasparenti grazie ai voti di preferenza e alla decisione delle leggi di spesa nella
commissioni. Alcuni banchieri privati (Sindona – caffè avvelenato in carcere, Calvi – impiccato a Londra)
riescono a fuggire dalla trappola del risparmio portando illegalmente i capitali all'estero camuffandole da
operazioni normali. Di solito riciclano soldi che vengono dal circuito illecito politico, rischiano nei confronti
della legge (solo civile) ma rischiano soprattutto dal punto di vista personale, anche perché avevano le liste
dei nomi di quelli coinvolti nelle loro operazioni. Le banche pubbliche non lo fanno perché i loro funzionari
sono considerati funzionari pubblici, e quindi hanno la responsabilità civile e penale come i funzionari
pubblici (peculato, malversazione) e rischiano anche il carcere. I cambi flessibili introducono il concetto del
rischio di cambio prima sconosciuto (la perdita di valore della moneta che si può avere se il tasso cambia
dal momento della transazione commerciale a quello della conversione nella moneta di base) che è letale
per gli scambi commerciali. Questo attacca pesantemente il funzionamento del MEC, ed è particolarmente
dannoso per i Paesi a moneta forte, perché i Paesi a valuta debole vedono diminuita la loro propensione
all'import verso quei Paesi, creandogli una perdita. I Governi hanno reagito con politiche fiscali commerciali