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C. 1 L’ORIGINE DEL CACAO

1.1 Gli Olmechi e gli studi di linguistica

Le recenti ricerche dell’archeologia moderna e dell’etnostoria hanno consentito di

ricostruire le tracce delle più antiche testimonianze relative alla coltivazione e al consumo

del cacao.

Generalmente, si ritiene che il primo incontro tra il mondo europeo e il cacao si avvenuto

quando Colombo, durante il suo quarto e ultimo viaggio verso il Nuovo Mondo, si imbattè

in una canoa mercantile Maya che trasportava diversi prodotti, tra cui chicchi di cacao. Per

cui, gli invasori spagnoli conobbero per la prima volta il cacao, non tramite gli Aztechi

(abitualmente considerati il popolo capostipite nella lunga storia di questo prodotto), ma

tramite i Maya, residenti nella penisola dello Yucatan e del vicino Centroamerica.

Tuttavia, gli studi di linguistica hanno consentito di individuare il popolo che probabilmente

per primo ha coltivato il cacao e che avrebbe trasmesso, nel corso della storia, questa

tecnica di produzione ai Maya e, progressivamente, agli Aztechi: gli Olmechi, la più antica

civiltà delle Americhe(fig. 1).

Figura 1: localizzazione degli Olmechi

Questa cultura nacque verso il 1550 a.C. nelle pianure costiere del Golfo del Messico; gli

Olmechi costruirono importanti centri di cerimonie costituiti da tumuli, piramidi e

gigantesche rappresentazioni delle loro divinità. Tale civiltà declinò verso il 400 a.C.

lasciando documenti scritti che, tuttavia, oggi appaiono quasi del tutto indecifrabili.

1 Tutte le informazioni contenute in questo capitolo sono tratte da: Coe S., La vera storia del cioccolato, Archinto,

Milano, 1997, p. 33 - 96 3

I dati raccolti indicano che gli Olmechi parlavano un’antica forma linguistica della famiglia

mixe – zoqueane, in parte ancora parlata da gruppi di contadini che abitano ancora nel

territorio olmeto e che avrebbe fornito dei prestiti linguistici mixe – zoqueani ad altre lingue

del Centroamerica. In particolare, alcuni di questi prestiti lessicali riguardano le piante

commestibili e la loro lavorazione: tra questi vi è anche la parola “cacao”. In origine

pronunciato kakawa, dalla ricostruzione dei linguisti appare una voce del vocabolario proto

- mixe - zoqueana del 100 a.C., all’apice della cultura olmeca. Purtroppo, non restano altre

possibilità di ricostruzione aldilà degli studi linguistici, in quanto il contesto ambientale di

insediamento olmeco e di relativa produzione del cacao era l’umida foresta tropicale,

assolutamente inadatta per la conservazione dei reperti archeologici.

1.2 Il cioccolato presso i Maya

La famosa civiltà del periodo classico Maya, si sviluppò tra il 250 a.C., anno dei primi

insediamenti nel tavolato del Peten del Guatemala, al 900 d.C. quando si verificò il

cosiddetto crollo della civiltà Maya.

I mixe – zoqueani, ossia i portatori della cultura olmeca, fornirono la parola “cacao” ai

Maya e probabilmente anche l’uso della sostanza.

La civiltà Maya attribuì un importante significato simbolico al cacao, al punto che si trovano

interessanti riferimenti nello stesso Popul Vuh, il libro sacro dei Maya, scritto poco tempo

dopo la conquista con alfabeto spagnolo, in cui si narra la creazione del cosmo e termina

con la conquista spagnola e l’imposizione della legge spagnola.

Il cacao appare diverse volte nel Popul Vuh. Ad esempio, quando gli dei sono impegnati

nella creazione degli uomini e devono individuare la sostanza adatta per formare i loro

corpi:

“E in questo modo essi si riempirono di gioia, poiché avevano scoperto una bella terra,

piena di delizie, ricca di pannocchie gialle e di pannocchie bianche e ricche anche di

2

pataxte e cacao (…)”.

Ma i riferimenti bibliografici non terminano qui, dato che i Maya svilupparono un autentico

“culto del libro”, grazie allo sviluppo di una scrittura geroglifica, con sistema in parte

fonetico – sillabico in parte semantico: tuttavia, il materiale su cui scrivevano, carta

deperibile prodotta dalla corteccia d’albero, ha consentito solo a pochi esemplari di

giungere fino ai giorni nostri.

Tra questi, si ricorda il Codice di Dresda, contenente molto materiale astronomico, tra cui

alcune sezioni dedicate alle attività rituali associate al ciclo sacro di 260 giorni: la

rappresentazione grafica di questo processo consente di osservare un’immagine in cui gli

dei tengono bacche di cacao o piatti colmi di esse. Gli esperti linguisti confermano

l’associazione dell’immagine con il cacao perché, nel testo scritto al di sopra della

raffigurazione di ogni divinità, compare il termine kakaw.

Il cacao compare anche in un altro libro sopravvissuto fino ad oggi, il Codici di Madrid: in

una scena , un giovane dio sta accovacciato agguantando grossi rami da un albero di

cacao. In un altro passo, è rappresentata l’immagine di quattro divinità nell’atto di

perforarsi le orecchie con piccole lance di ossidiana e di cospargere una pioggia di sangue

sacro sulle bacche di cacao (fig. 2).

2 Tratto da: Coe S., La vera storia del cioccolato, Archinto, Milano, 1997, p. 39

4 Coe S., La vera storia del cioccolato, Archinto,

Figura 2: divinità Maya versano il sangue sul cacao, tratto da:

Milano, 1997, p. 42

L’immagine consente di cogliere la forte associazione simbolica tra cacao e sangue

umano, rivelata dagli studi di etnostoria sia nei Maya che negli Aztechi.

Altre testimonianze dell’uso che i Maya del periodo classico fecero del cacao sono rimaste

immortalate nel vasellame elegantemente dipinto che accompagnava il corredo funerario

dei personaggi nobili. Nel caso dei funerali di personaggi dell’elite, infatti, il rito funerario

prevedeva che la salma venisse distesa a riposare su un letto, circondato dal fumo

dell’incenso e dalle musiche; accanto al corpo erano sistemati piatti, ciotole e vasi

contenenti cibo e bevande che il nobile avrebbe potuto consumare nel mondo dei morti.

Su molti vasi è stato individuato il geroglifico riferito alla parola cacao e questo fa supporre

che tali contenitori fossero utilizzati per la preparazione e la consumazione del cioccolato

nei nobili palazzi maya.

Inoltre, su alcuni di questi contenitori sono raffigurate delle immagini che rappresentano9

visibilmente l’uso e il consumo del cioccolato nei Maya. La figura n. 3, a questo proposito,

consente di osservare una donna in piedi nell’atto di versare accuratamente una sostanza

scura in un altro contenitore: è la prima raffigurazione conosciuta che rappresenti la

preparazione di una bevanda a base di cacao (confermato da relativo geroglifico) e illustra

il procedimento di versare la sostanza da un vaso ad un altro per far montare la schiuma,

considerata, come vedremo in seguito, la parte più preziosa e gradevole della cioccolata.

5

Figura 3: una donna versa cioccolato da un vaso ad un altro, tratto da: Coe S., La vera storia del cioccolato,

Archinto, Milano, 1997, p. 47

Tuttavia, non bisogna pensare che tra i Maya e gli Aztechi esistesse un solo tipo di

bevanda al cioccolato: il cioccolato conosciuto nel periodo precedente alla conquista

europea era un complesso assortimento di bevande, farine e polveri a cui si aggiungevano

anche componenti solide e aromi vari.

Alcune di queste sostanze sono indicate nei documenti scritti dei Maya del periodo

classico: ad esempio, il chili, che conferisce alla bevanda un piacevole bruciore. In antichi

dizionari maya sono menzionati altri aromi per la cioccolata, come la vaniglia e il fiore di

spigo.

Un’altra bevanda, forse riservata ad occasioni speciali era preparata con cacao, mais,

semi di sapodilla ed era denominata “tzine”. Più comunemente, invece, si gustava una

sorta di farinata detta “saca” preparata con mais cotto, acqua e cacao.

D’altra parte, non si ha la certezza rispetto alla temperatura preferibile per la cioccolata nel

periodo Maya, ma considerata la loro sofisticata scienza culinaria, è probabile che alcune

bevande fossero consumate e altre calde o tiepide.

L’importanza del cacao nella cultura Maya è testimoniata dall’uso dei chicchi di cacao

come denaro o moneta, una procedura che verrà adottata in seguito, come vedremo, dagli

stessi Aztechi.

Inoltre, le bevande preparate con il cioccolato avevano un ruolo fondamentale anche nei

rituali e nei banchetti maya; ad esempio, il cacao era utilizzato in un rituale che ricorda il

battesimo cristiano: i bambini venivano riuniti all’interno di un luogo recintato da una corda

tenuta da quattro anziani che rappresentavano le divinità della pioggia. Poi, il nobile che

presiedeva la cerimonia prendeva un osso, lo intingeva in un catino pieno di acqua, fiori e

cacao pestato e con questo liquido, in assoluto silenzio, consacrava i bambini su fronte,

viso, mani e piedi.

Alcune teorie etnostoriche evidenziano il diffuso uso del cioccolato anche nelle cerimonie

di fidanzamento e matrimonio. Quando un re maya cercava una moglie, dava al suo

messaggero un recipiente pieno di cioccolato da offrire alla donna. Inoltre, durante il

matrimonio, la sposa porgeva allo sposo un piccolo sgabello dipinto con diversi colori e gli

porgeva cinque chicchi di cacao, dicendogli: 3

“Questi do a te come segno che ti accetto come mio sposo”.

Anche nel corso dei banchetti nuziali la gente festeggiava bevendo insieme il cioccolato.

Nel tardo periodo classico, all’inizio del IX secolo, un gruppo maya si insediò fin

nell’altipiano messicano e fondò un regno strategico mercantile: con ogni probabilità aveva

monopolizzato il commercio del cacao che passava dalla ricche piantagioni ai pendii

messicani. In tarda epoca post – classica, ossia prima della conquista spagnola, il

commercio era sinonimo di commercio di cacao.

Il cioccolato appare, quindi, come una bevanda straordinaria, dai molteplici significati

sociali, culturali, religiosi, economici, inventata dai Maya e dai loro lontani predecessori

Olmechi e tramandata, infine, agli Aztechi.

Furono quindi i Maya ad insegnare per primi al Vecchio Mondo la preparazione del

cioccolato e la stessa denominazione di “cacao”.

1.3 il cioccolato presso gli Aztechi

3 Tratto da: Coe S., La vera storia del cioccolato, Archinto, Milano, 1997, p. 59

6

Il pensiero e la cultura azteca mostrarono un intenso interesse nei confronti del cioccolato.

Il motivo principale probabilmente è da ricondurre al radicato atteggiamento puritano della

vita azteca: gli Aztechi raggiunsero, infatti, un elevato livello di potere e ricchezza e, in

particolare, la classe agiata, insieme ai guerrieri, e ai mercanti, si permetteva un tenore di

vita che non aveva paragone nel resto del Centroamerica.

Tuttavia, esistevano severe restrizioni sull’uso e sul consumo dei beni di lusso che

regolamentavano, attraverso rigide leggi s

Dettagli
Publisher
A.A. 2006-2007
17 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ankh79 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Gotor Miguel.