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Durante il ‘500, ad occuparsi prevalentemente di arte sono gli artisti e i collezionisti-

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antiquari; queste due figure si contrappongono in modo abbastanza evidente , per cui mentre gli

artisti sono anche conoscitori, i collezionisti si concentrano sulla trattazione puramente teorica

dell’arte: infatti, si ritiene che solamente chi possedesse le conoscenze tecniche del mestiere avesse

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le capacità e il diritto di valutare la qualità e l’attribuzione delle opere d’arte .

Nel XVII secolo, con l’espandersi del fenomeno del collezionismo, che tocca in modo

importante anche la classe borghese, questa divisione sfuma sempre di più e, sebbene in molti

continuano a sostenere l’impossibilità dello sviluppo di un “occhio critico” a partire dalla mera

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lettura , sempre più conoscitori si formano in un ambiente esterno a quello della bottega

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dell’artista .

Inoltre, il peso della loro importanza cresce, tanto a livello economico, quanto sul piano intellettuale

e nell’ambito del gusto. Le attribuzioni dei conoscitori e le valutazioni che danno sulla qualità dei

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dipinti influenzano (e sono influenzate) dal mercato dell’arte . Le disquisizioni diventano

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argomento di dibattiti culturali - all’interno dei quali si svolgono anche ricerche sulla provenienza -

o un modo per intrattenere gli ospiti - come faceva Carlo I d’Inghilterra, il quale chiedeva agli

invitati a corte di attribuire quadri della sua collezione ai quali aveva fatto appositamente togliere il

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cartellino . Stili meno classici ed accademici sono fatti emergere dai contributi di conoscitori e

collezionisti di estrazione borghese, maggiormente distaccati dalle accademie rispetto alla classe

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aristocratica .

La consapevolezza che la valutazione di un dipinto non è più materia di competenza

esclusiva degli artisti ben emerge dalle parole di Roger de Piles nelle sue Conversations sur la

connoissance de la peinture (1677):

1 Vi furono alcuni casi di letterati ed intellettuali che furono anche dei conoscitori, come Ludovico Dolce, autore de

L’Aretino, ovvero Dialogo della pittura (1557), nel quale espone anche dei giudizi stilistici, o Vincenzo Borghini, le

cui lettere contenenti ragionamenti sull’arte furono raccolte in Lettere sulla pittura,scultura e architettura da Bottari

nel 1754.

2 C. De Benedictis, Per la storia del collezionismo italiano. Fonti e documenti, Ponte alle Grazie, 1998

3 Nell’edizione del 1674 de Le ricche miniere della pittura veneziana Marco Boschini scrive: “[…] mi ha chieduto

alcuno di voi, cioè che io vi mostri il modo di pratticare le maniere de gli Autori e di distinguer l’una dall’altra; [...]

Al che francamente devo rispondervi essere cosa questa difficilissima, per non dirvi impossibile, da conseguirsi per

via di lettura.”.

4 Art Market and Connoisseurship. A Closer Look at Paintings by Rembrandt, Rubens and Their Contemporaries , a

cura di Jonckheere Koenraad e Anna Tummers, University of Chicago Press, 2009, De Benedictis 1998.

Di altri avviso è I. Cecchini, che nel suo saggio Quadri e commercio a Venezia durante il Seicento. Uno studio sul

mercato dell’arte, riporta come i dati per quanto riguarda Venezia indicano che ad avere il ruolo di conoscitori sono

per lo più coloro che si sono formati come artisti.

5 Art Market 2009

6 Idem

7 J. Brown, Kings and connoisseurs. Collecting art in Seventeenth-century Europe, Yale University Press, 1995.

8 De Benedictis 1998

“Le premier Entretien [parlando della struttura della sua opera] n’est pas tant pour les

Peintres […] que pour ceux qui aiment la Peinture, et qui desirent y acquerir quelque

connoissance”

e ancora: 9

“Ce seroit une chose bien estrange que les Tableaux ne fussent fait que pour le Peintres”

Tuttavia i conoscitori devono fornire al loro pubblico modalità di valutazione basate sulla

visione diretta dell’opera, aspetto che porterà ad uno spostamento dell’attenzione dalla

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simbologia delle raffigurazioni ai processi di creazione artistica . Si invitano quindi

collezionisti e amateur ad osservare, ad esempio, come l’artista si firma oppure quei dettagli -

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ciocche di capelli, boccoli della barba, lumeggiature sui tessuti secondo Giulio Mancini –

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frutto dell’estro dell’autore e meno soggetti al lavoro di finitura .

Da un lato si hanno dunque conoscitori che non sono artisti - di professione almeno -, dall’altro

la pratica della connoisseurship si avvicina sempre più a quella che si verrà a delineare nella

sua epoca d’oro tra il XIX e il XX secolo: una pratica fondamentalmente legata alla visione

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diretta dell’opera, tanto nel suo insieme quanto nei suoi dettagli , quindi indissolubilmente

connessa a quello che è l’effettivo e tangibile processo artistico di realizzazione.

Nelle brevi biografie che seguono si cerca di mettere in luce quale sia stata la formazione dei

conoscitori presi in esame, per evidenziare tanto gli aspetti di un’educazione intellettuale, tanto

quelli di un eventuale insegnamento artistico pratico. In ultima analisi emerge che, nei casi nei

quali non siano state fornite alcune conoscenze artistiche pratiche e tecniche, il conoscitore ha

supplito in età più matura alla mancanza interagendo di persona con artisti operanti e

prendendo visione diretta di quante più opere gli fosse possibile, senza limitarsi ad un unico

ambito geografico o temporale. Continuano a giocare un ruolo importante le fonti

documentarie primarie, la letteratura artistica precedente e la discussione tra esperti.

9 R. de Piles, Conversations sur la connoissance de la peinture, et sur le jugement qu'on doit faire des tableaux. Où

par occasion il est parlé de la vie de Rubens, & de quelques-uns de ses plus beaux ouvrages, Nicolas Langlois

(Parigi), 1677.

10 De Benedictis 1998, Art Market 2009.

11 L’opinione è condivisa anche da artisti di professione, come Karel van Mander, pittore e critico d’arte fiammingo

della seconda metà del ‘500.

12 Art Market 2009

13 V. Locatelli, "Es sey das Sehen eine Kunst". Sull’arte della connoisseurship e i suoi strumenti, 2014

Vincenzo Giustiniani (Chio, 1564 – Roma 1637)

Figlio di un’importante famiglia genovese, si trasferì ancora giovanissimo a Roma, dove il

padre sfruttò i propri legami di parentela per entrare nel mondo della Curia e diventare un

importante banchiere del papato.

Si sa molto poco della sua educazione, se non che includeva, per volere paterno, anche una

formazione musicale, ma si è deciso comunque di includerlo nella ricerca in considerazione della

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vasta collezione che raccoglierà nei primi del ‘600 , attorno alla quale si riuniranno importanti

personaggi della cultura dell’epoca.

Fino al 1600 – anno della morte del padre – affiancò il genitore nell’attività bancaria della

famiglia, che ormai aveva il monopolio sulla finanza dello Stato Pontificio, ed acquisì importanti

ruoli all’interno della Curia. Alla dipartita del padre fu Vincenzo Giustiniani stesso a gestire

l’impresa, benché, col passare del tempo e con la sua nomina a signore di un feudo, poi elevato a

marchesato, il suo intervento si fece sempre più indiretto e la sua attenzione si spostò sempre più

verso interessi antiquariali e collezionistici, i quali portarono alla formazione di un notevole

patrimonio artistico, in seguito vincolato con un fidecommesso. Alla morte di Giustiniani si contano

poco meno di 600 dipinti – tra cui molte opere di Caravaggio e dei suoi seguaci -, ma egli aveva

raccolto anche una notevole collezione di statuaria antica; per quanto riguarda la pittura, possedeva

esempi di dipinti del XV e del XVI secolo, sebbene avesse indirizzato la sua raccolta verso l’arte a

lui contemporanea.

Da queste passioni e dal mecenatismo da egli promosso, Giustiniani trasse un grande catalogo, la

Galleria Giustiniana, che costituì un inestimabile repertorio di soggetti e forme classiche a uso di

artisti e amatori, mentre, sul piano teorico, fu autore di tre scritti in forma di lettera, raccolti poi

sotto il titolo di Discorsi sulle arti e sui mestieri. Dal brano dedicato alla pittura, indirizzato, come

gli altri due, all’avvocato olandese Theodor (o Dirck) Amayden, emerge un Giustiniani esperto

conoscitore della scena romana, capace di distinguere lo stile e il linguaggio dei singoli pittori, ed

attento osservatore del dato tecnico. Questa attenzione pragmatica alla tecnica in luogo del soggetto

dell’opera, unita alla sua provenienza dall’ambiente borghese, spinge Giustiniani a teorizzare una

gerarchia in dodici tipi della pittura: procedendo secondo qualità e impegno tecnico crescenti si

incontrano lo spolvero, la copia di altre pitture, il disegno - a grafite o penna, ombreggiato ad

14 Collezioni di questa importanza non poteva certo passare inosservate agli occhi degli artisti, i quali spesso le

sfruttavano per sviluppare il proprio gusto e il proprio occhio; sicuramente non meno importanti saranno state per

conoscitori e amanti dell’arte, che spesso si impegnavano in discussioni riguardanti le attribuzioni non tanto per

stabilire un valore dell’opera quanto per indagare la sua effettiva provenienza, quasi in un gioco intellettuale mirato

a smontare le attribuzioni fatte dai mercanti d’arte. 15 16

acquerello o a penna -, il ritratto, la natura morta , la pittura di prospettive e di architetture , la

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veduta e il paesaggio , le grottesche, l’incisione, la pittura “di maniera” , la pittura dal reale ed,

infine, la fusione della pittura “di maniera” con quella dal reale. 19

Giustiniani allargò notevolmente i suoi orizzonti e diede prova della cultura già acquisita

compiendo un viaggio di cinque mesi (tra marzo e agosto del 1606) per l’Europa, toccando

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importanti città italiane, poi tedesche, olandesi, inglesi e francesi.

Giulio Mancini (Siena, 1559 – Roma, 1630)

Figlio di un medico senese, iniziò i suoi studi superiori a Siena, dove, assieme al fratello

Deifebo, i cui interessi si erano rivolti alla matematica, alla storia, all’architettura e al disegno,

frequentò il circolo di Ippolito Agostini, mecenate e collezionista.

Studiò medicina a Padova e Bologna, per poi tornare a Siena, dove ottenne la cattedra di medicina e

poi di chirurgia ed anatomia. Si trasferì con il fratello a Roma alla fine del ‘500, proseguendo la sua

carriera di medico, mentre Deifebo intesseva legami con i personaggi preminenti della città, tra cui i

cardinali Aldobrandini, Borghese e Barberini.

Sfruttando la sua posizione di medico che gli permetteva di incontrare anche artisti e

importanti eruditi e collezion

Dettagli
A.A. 2016-2017
12 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher annachiara.lordoftherings di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte moderna e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Borean Linda.