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La figura di Wundt e il suo contributo alla psicologia scientifica
È grazie a Wundt se oggi si parla di psicologia come materia di studio paragonabile alle altre discipline scientifiche. Trasferitosi a Lipsia nel 1879, segna uno spartiacque fondando il primo laboratorio di psicologia scientifica.
La sua figura è contraddittoria: da un lato si contrapponeva all'introspezione, dall'altro la considerava un metodo fondamentale. Fu considerato fondatore delle psicologie elementistiche, teorie che prevedevano l'irriducibilità della coscienza, ma allo stesso tempo sviluppava concetti precursori delle psicologie globalistiche.
Wundt, come sostenne anche Boring, per via del suo eclettismo divenne lo sfondo di correnti successive, tra cui lo strutturalismo.
Il massimo esponente dello strutturalismo è Titchener, il quale partendo da Wundt arrivò all'elaborazione della propria teoria, il cui manifesto è reperibile in "The postulates of a Structural Psychology".
Lo strutturalismo si...
mentali. Tale finalità era assurda per Titchener e colleghi per i quali non aveva senso parlare di come erano organizzati tali processi se non si fosse capito prima cosa fossero.
Mentre nello strutturalismo si parlava di un parallelismo psicofisico in quanto processi fisici e mentali erano bidirezionali, il funzionalismo considera tali processi mentali come espressione di quelli biologici. Dunque la psicologia ha come oggetto le strutture mentali che sottostanno alle esperienze e al loro utilizzo per il comportamento orientato verso una stimolazione sia interna che esterna.
È importante sottolineare, inoltre, come si passa dall’elementismo al suo opposto. Bisogna infatti tener presente che i funzionalisti ritenevano che le attività mentali globali non fossero irriducibili o scomponibili.
Ciò porta a includere altre funzioni mentali nella teoria, oltre quelli definiti da Titchener. Si può parlare infatti di processi come la sensazione, funzione che riesce
ad adattarsi mediante l'attività spaziale; l'emozione, capace di riadattarsi automaticamente; la percezione, processo mentale indipendente; la motivazione, definita come stimolo persistente che l'uomo deve soddisfare; l'apprendimento, che prevede l'acquisizione di risposte in base a situazioni di problem solving e il pensiero, inteso come flusso continuo di idee. Entrambi i movimenti andarono scemando, da un lato lo strutturalismo finì con la morte dei suoi massimi esponenti, Wundt e Titchener mentre il funzionalismo confluì nel comportamentismo. SECONDA DOMANDA Il cognitivismo emerge come teoria rilevante a partire dagli anni '60 e '70 del Novecento come reazione al riduzionismo comportamentista. Il principale esponente fu Hebb, il quale si pose il problema di capire i processi di mediazione dell'organismo che consentivano di rispondere non immediatamente allo stimolo. Il suo contributo fu fondamentale in quanto rivolseL'attenzione al piano logico dei processi, piuttosto che al livello ipotetico-deduttivo e creo modelli per idealizzare e simulare il sistema nervoso. La black box comportamentista diventa dunque oggetto di studio per comprendere come l'informazione venga selezionata, codificata, filtrata e recuperata. La mente è, in questa visione, metafora del computer, dotata di hardware e software: il primo rappresenta una sorta di magazzino, il secondo comprende i processi che elaborano le informazioni.
Per i cognitivisti la funzione principale della mente diventa la memoria, definita come un processo interno continuo e scomponibile in vari settori. Fu in particolare la memoria a breve termine (MBT) a diventare uno dei temi più affascinanti. Ricordiamo A. Baddeley, il quale descrive la MBT come working memory, ovvero un sistema di memoria in grado di mantenere attiva l'informazione durante un compito cognitivo. Oppure Sperling il quale nel 1960, attraverso vari studi sul
resocontototale e parziale, scoprì l’esistenza di un sistema di memoria a brevissimo termine, denominato successivamente memoria iconica. Se da un lato, quindi, gli anni ’50 e ’60 videro la nascita di varie teorie, concezioni e approcci senza un ordine ben preciso, gli anni ’70 e ’80 furono quelli della divisione del cognitivismo in approcci differenti.
Il primo approccio fu definito ecologico poiché rifiuta la metafora che assimila la mente al computer. Il massimo esponente di tale pensiero fu Neisser, il quale nel suo libro “Conoscenza e realtà” mosse una critica a quei cognitivisti che si focalizzarono sulla attività laboratoriale, dimenticando l’importanza dello studio della vita quotidiana.
Secondo questa ideologia, il soggetto è munito di schemi che permettono di elaborare le informazioni del contesto fisico, culturale, sociale e ambientale.
Il secondo approccio si sviluppa intorno agli anni ’80 ed
È il modularismo di Fodor, il cui manifesto compare nel 1983 ne “La mente modulare”. Fodor fu colui che portò all’estremismo la concezione dominio-specifica dell’architettura della mente, sostenendo l’esistenza di moduli che servivano a codificare e manipolare le informazioni. Mentre nella teoria ecologica l’ambiente influenza lo sviluppo ontogenetico dell’individuo, secondo Fodor l’architettura mentale si adatta all’ambiente nel corso della filogenesi.
Altro orientamento cognitivista è il connessionismo. Tale modello fa uso delle conoscenze sul funzionamento del cervello per cercare di comprendere i meccanismi che sottostanno ai fenomeni. Per raggiungere tale obiettivo è utilizzato il metodo della simulazione.
L’orientamento cognitivista, anche se si dirama in diverse teorie, fu criticato per varie lacune. Per superare tali limiti sono subentrate veri approcci contemporanei come le neuroscienze e il neurocostruttivismo.