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Il personalismo, infatti, è convinto di una vocazione fondamentale di
ciascuno alla comunione. Nel vero personalismo c’è un’alleanza naturale
fra la persona (l’essere umano, individuale e particolare) e la comunità.
La partecipazione personalistica nella comunità, non implica un
adattamento d’interesse, ma è fondata sulla coscienza della dignità e
dei diritti che tutti insieme hanno in comune. Si comprende dunque,
come il personalismo non sia solo in armonia con la comunità, ma
costituisca una condizione essenziale di qualsiasi sana comunità. In
effetti, una comunità non fondata sul rispetto verso la dignità della
persona, termina in una massa senza anima o in uno stato totalitario.
Dobbiamo però ricordare che esiste un personalismo ‘vero’ e uno ‘falso’;
o più esattamente, esiste il personalismo cristiano (che caratterizza
oltre al Concilio Vaticano II anche il magistero sull’uomo di Giovanni
Paolo II) e l’individualismo umanistico e ateo.
Armando Rigobello in un suo libro ‘Il Personalismo’ ci descrive quello
che pensava Maritain a tal proposito: «Nulla sarebbe più falso (…), che
parlare del “personalismo” come di una scuola o di una dottrina. È un
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fenomeno di reazione contro due opposti errori (totalitarismo ed
individualismo), ed è fenomeno inevitabilmente misto. Non c’è una
dottrina personalistica, ma ci sono aspirazioni personalistiche e una
buona dozzina di dottrine personalistiche, che non hanno talvolta in
comune se non la parola persona, e delle quali alcuna tendono più o
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meno verso uno degli errori contrari tra i quali sono situate». È
importante tener conto di questa distinzione perché alcune tendenze
che hanno influenzato il pensiero e la prassi acclesiale dopo il Concilio si
sono ispirate (in modo incosciente) più a principi individualistici che a
quelli personalistici. Il vero personalismo cristiano, esalta la dignità di
ogni persona fatta a immagine di Dio, sottolineando pertanto i diritti di
ciascuno, ma anche i suoi obblighi; la sua libertà ma anche la sua
responsabilità. Il personalismo tiene particolarmente conto della libertà
personale, quella del singolo e quella degli altri, e quindi ha una
coscienza viva della responsabilità personale, insiste in modo particolare
sui doveri verso gli altri e vede il compimento di questi doveri pure
come mezzo di sviluppo personale e di autorealizzazione. Infatti, il
principio basilare del personalismo cristiano consiste
nell’auto-donazione in sintonia con ciò che afferma il concilio nella
Gaudium et Spes: «L’uomo (…) non può ritrovarsi pienamente se non
attraverso un dono sincero di sè» (GS 24). Con questa tendenza alla
donazione, il personalismo è aperto alla creazione di una ‘Communio’,
come la sua applicazione naturale a livello sociale. Al contrario,
l’individualismo (che come abbiamo già detto è un falso personalismo) è
nemico della comunità. Spesso si tende ad accomunare, ad associare,
l’individualismo al personalismo, quando invece, c’è una netta
distinzione. Alcuni scrittori, ad esempio, che si ritengono personalisti,
fanno una facile equivalenza tra personalismo e soggettivismo.
Ragionano non come personalisti bensì come individualisti. Il
6 A R , Il Personalismo, Città Nuova Editrice, Roma, 1975, p. 13.
RMANDO IGOBELLO 3
soggettivismo è totalmente individualista e opposto alla ‘Communio’. Di
fatto una moralità soggettiva distrugge la comunità umana.
L’individualismo si presenta come un tipo di personalismo mutilato e
falso. Anch’esso pone l’accento sui diritti, tralasciando però i doveri.
Esige libertà, però non accetta la responsabilità di dover rispondere
delle proprie azioni. I suoi giudizi tendono a essere soggettivi, promuove
l’arbitrio nella condotta senza preoccuparsi delle esigenze della vita
sociale. L’individualismo tende a essere chiuso e cieco verso i valori che
esistono negli altri, gli manca dunque il rispetto verso gli altri (in modo
particolare verso la loro libertà) ed è sprovvisto dello spirito di servizio:
gli unici vincoli o relazioni che s’instaurano sono solo a scopo d’interesse
personale. L’individualismo è dunque nemico dello sviluppo e della
realizzazione della persona, essendo l’uomo, un essere sociale per
natura, può realizzarsi solamente attraverso relazione di apertura, di
rispetto e di donazione verso gli altri, e non d’isolamento, di egoistica
indifferenza o di sfruttamento (vedi individualismo e totalitarismo).
Concilio e personalismo cristiano sono concordi nell’affermare che: è lo
sforzo di ogni uomo di promuovere il ʻbene comune’, che lo umanizza
effettivamente e lo personalizza sempre di più. Maritain abbiamo visto
oppone al liberalismo e al socialismo un personalismo solidaristico
basato sul raggiungimento del ʻbene comune’. La Gaudium et Spes a
sua volta sottolinea: «Il bene comune si concreta nell’insieme di quelle
condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani,
alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro
perfezione» (GS 74); il bene comune è ritenuto dunque condizione
essenziale che permette all’uomo di raggiungere una vita pienamente
umana. Anche Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus Annus, scrive:
«[…] quando non riconosce il valore e la grandezza della persona in se
stesso e nell’altro, l’uomo di fatto si priva della possibilità di fruire della
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propria umanità e di entrare in quella relazione di solidarietà e di
7
comunione con gli altri uomini per cui Dio lo ha creato».
II
LA PERSONA: UNA DIGNITÀ DA ATTRIBUIRE
O UNA REALTÀ DA RICONOSCERE?
La chiesa attenta ai ʻsegni dei tempi’ ha accettato la sfida della
modernità, proponendo la sua visione dell’uomo nella Gaudium et Spes
(uno dei documenti più belli del Concilio Vaticano II) che getta le
fondamenta di un nuovo umanesimo, quello cristiano, che d’accordo con
Maritain chiama ʻumanesimo integrale’; difende la dignità e la
esso
libertà dell’uomo fatto a immagine di DIO. «La dottrina sociale
maritainiana s’impernia sui concetti di persona e libertà. L’uomo non è
soltanto individuo, ma anche e soprattutto persona, materia e spirito a
un tempo. L’umano consorzio non è una comunità di individui, ma una
società di persone; in essa trova realizzazione quell’umanesimo
integrale che vede l’uomo nella sua figura bipolare appunto di
7 G P II, Centesimus Annus. Lettera Enciclica nel centenario della Rerum
IOVANNI AOLO
novarum, in , Tutte le encicliche di Giovanni Paolo II, Milano, Paoline, 2005, p. 888.
IDEM 5
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individuo-persona». Come individuo l’uomo deve subordinarsi alla
comunità, ma come persona è un valore che trascende tutte le sue
relazioni sociali. Il tema più caro alla speculazione maritainiana, è la
proposta di un umanesimo integrale, capace di reagire alla tragedia
dell’umanesimo contemporaneo che si configura come un umanesimo
inumano e riduzionistico, avendo perso il riferimento alla dimensione
metafisica della persona umana.
La modernità ha cercato di realizzare un umanesimo senza Dio,
percorrendo una strada che poggiava totalmente sull’uomo, sul suo
potere, sulla sua capacità di conoscere la realtà, di organizzarla
scientificamente ed manipolarla tecnologicamente.
All’umanesimo laico, chiuso nell’ordine naturale, è opposto l’umanesimo
cristiano aperto al trascendente, che presenta la concezione teocentrica
dell’uomo, cioè ricondotto a ritrovare se stesso nella luce e nello
splendore di Dio. Così si pronunciano i padri conciliari: «Cristo, che è il
nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore
svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua
altissima vocazione» (GS 22).
Paolo VI scrive: «La chiesa promuove un autentico umanesimo, un
umanesimo integrale e solidale, volto cioè allo sviluppo integrale
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dell’uomo e allo sviluppo solidale della società». L’uomo
contemporaneo è in balia della tentazione del rifiuto di Dio in nome
della propria umanità, un’umanità che non sa più vedere al di là di se
stessa, oltre se stessa. Giovanni Paolo II, a tal proposito, nella Veritatis
Splendor parla di ‘metatentazione’ e dice: «In alcune correnti di pensiero
moderno si è giunti ad esaltare la libertà al punto di farne un assoluto,
8 Grande Dizionario Enciclopedico, a cura della Redazione Opere Enciclopediche della
3
UTET, XII, UTET, Torino, 1976 , p. 84.
9 P VI, Lettera Enciclica Populorum progressio, (26 marzo 1967), EV/2 n. 1050.
AOLO 6
che sarebbe sorgente dei valori. In questa direzione si muovono le
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dottrine che perdono il senso della trascendenza».
La chiesa del post-concilio è dunque impegnata a ridare il senso
integrale dell’uomo (considerandolo anche nella sua trascendenza) alle
culture di oggi, per umanizzarle ed evangelizzarle nello stesso tempo.
Che l’uomo sia un essere trascendente sta a indicare diverse cose,
(come possiamo costatare nella Gaudium et Spes) e cioè che è un
soggetto spirituale, dotato d’intelligenza, quindi capace di conoscere la
Verità: «L’intelligenza, infatti, non si restringe all’ambito dei soli
fenomeni, ma può conquistare con vera certezza la realtà intangibile»
(GS 15); è dotato di libertà, può decidere di sé davanti alla Verità:
«Perciò la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte
consapevoli e libere, (…) tende al suo fine mediante la scelta libera del
bene» (GS 17); dotato di coscienza in cui riflette se stesso e distingue il
bene dal male: «Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il
bene e a fuggire il male» (GS 16); infine è irriducibile al resto del creato
perché unico e irripetibile.
L’uomo è persona, cioè soggetto che per la sua unità di anima e corpo
eccelle e supera tutti gli altri esseri viventi. Egli non può essere
considerato perciò «soltanto una particella della natura o un elemento
anonimo nella citt&agr