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Le regioni nell’esercizio di questa potestà esclusiva devono ovviamente rispettare i limiti
costituzionali, e i limiti che derivano dalla normale gerarchia delle fonti e quindi rispettando la
costituzione, i vincoli dell’ordinamento dell’UE e gli obblighi internazionali, che vincolano anche
la legislazione statale, e sono presentati dal 117(1)cost.
Il sistema precedente era un sistema rigido, il nuovo sistema invece si pone come meno rigido, e
anzi come un sistema che presenta molti margini di flessibilità. Una delle ragioni di flessibilità del
sistema è prevista dalla stessa costituzione, dall’art. 116(3). In questo sistema apparentemente
rigido di riparto di competenze è quindi possibile che le singole regioni interessate possano,
attraverso la legge statale approvata con speciale procedura aggravata (maggioranza assoluta),
ottenere maggiori margini di autonomia anche legislativa e non solo amministrativa. Questo è
possibile in tutte le materie di legislazione concorrente, ma anche tra le materie attribuite alla
competenza esclusiva statale specificamente indicate al 1163, tra le quali figura anche la tutela di
ambiente ecosistema e beni culturali.
Il sistema per quanto riguarda le funzioni amministrative era basato sul sistema del
parallelismo, mentre il nuovo sistema è basato sul principio di sussidiarietà verticale.
Il nuovo 118 cost stabilisce al comma 1 che le funzioni amministrative spettino ai comuni salvo che
siano conferite a enti di dimensioni maggiori (provincie, città metropolitane, regioni) per garantire
uniformità, sulla base die principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Non si presenta
però una distinzione per materia come era nel vecchio articolo 118 cost. Destinatario del nuovo 118
è il legislatore, e questo articolo detta il criterio a cui il legislatore si deve ispirare quando vada a
decidere con legge a chi attribuire una determinata funzione di tipo amministrativo. Principio
cardine è quello di sussidiarietà che privilegia il livello territoriale più vicino al cittadino, per l’idea
per cui quando un ente territoriale debba esercitare un potere amministrativo questo potere è bene
sia affidato all’ente amministrativo che meglio conosce il cittadino. Si tratta infatti di attuare
concretamente le norme generali e astratte contenute dalla legge, e quindi per una migliore
attuazione concreta è bene che ci sia il massimo di conoscenza del destinatario dell’atto da parte
dell’ente emanante il provvedimento.
Non è detto che sia sempre il comune ad essere competente: le esigenze amministrative che
varcano le dimensioni dei comuni possono interessare un livello provinciale o regionale, o
addirittura che richiedano uniformità di esercizio tale da essere di competenza statale. Il principio
di adeguatezza fa riferimento al fatto che le funzioni debbano essere affidate al livello che è
astrattamente idoneo a svolgere il compito al quale è chiamato.
Anche la giurisprudenza costituzionale ha contribuito alla flessibilità del sistema, in particolare
con la sentenza 303/2003. Crea una notevole flessibilità del sistema con una sorta di adeguamento
del sistema di sussidiarietà in materia di funzioni amministrative al sistema di competenze
legislative. Questa sentenza affronta il problema dell’allocazione delle funzioni a livello superiore
di quello comunale per esigenza di unitarietà. Il problema era che la potestà legislativa non è
esclusiva statale e non si ha più il principio del parallelismo con diversi criteri a regolare le
competenze legislative e l’allocazione delle funzioni amministrative. Si era avuto il caso in cui in
una materia concorrente lo stato aveva dettato i principi da dettare con disciplina attuativa del
principio a livello regionale, ma con allocazione di funzioni amministrative a livello statale. Le
funzione amministrative esercitate dello stato sarebbero però dovute essere regolate dalla regione.
Le regioni si sarebbe quindi trovata, con il suo limite territoriale, a regolare una funzione
amministrativa unitaria nazionale. La corte ha affermato che laddove per ragioni di unitarietà
dell’esercizio le funzioni amministrative siano allocate a livello statale, il livello statale attragga a
sé anche le competenze legislative. L’allocazione della funzione ha quindi il potere di attrarre la
competenza legislativa limitatamente all’esercizio di quelle funzioni amministrative, ignorando
quindi una applicazione rigorosa del 117 in materia concorrente. È il principio definito chiamata in
sussidiarietà.
Si recupera in un certo senso l’eliminato principio di interesse nazionale. Questo è vero solo in
parte, e la corte costituzionale afferma che questo non sia vero in quanto la sola allegazione
dell’interesse nazionale non è ora sufficiente per lo stato per esercitare una funzione che non gli
spetterebbe ex 117. La chiamata in sussidiarietà è costituzionalmente legittima solo laddove essa
abbia alla sua base un accordo tra lo stato e le regioni.
In materia di beni culturali si riconosce l’espressione “beni culturali” sia tra le competenze
esclusive statali, sia in materia di competenza concorrente.
Il 117(2) s) stabilisce che la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali sia di
competenza esclusiva statale.
Il 117(3) fa rientrare nelle materie di legislazione concorrente la valorizzazione di beni culturali e
ambientali, e la promozione e organizzazione di attività culturali.
Nessuna delle due norme parla di paesaggio, che pure è previsto espressamente agli art. 9 e 48
cost. Fin da una prima lettura del nuovo 117 emerge questa dimenticanza clamorosa, in quanto né
il parlare di beni culturali, né di ambiente nel 2001 copriva il concetto di ambiente: il concetto di
patrimonio culturale, comprendente sia i beni culturali sia il paesaggio è stato elaborato solo nel
2004 con il codice.
3. Tutele giurisdizionali
La tutela dei diritti soggettivi compete al giudice ordinario. Si ha giurisdizione ordinaria
generalmente in tutti i casi di sanzioni amministrative pecuniarie, e il contenzioso in materia di
impiego. Le situazioni di interesse legittimo sono invece di giurisdizione del giudice
amministrativo. Vi sono anche alcuni casi di competenza esclusiva del giudice amministrativo in
relazione a determinati diritti soggettivi quando la materia chiami in causa sia interessi legittimi
sia diritti soggettivi. Questi casi sono individuati dalla legge. Tra le ipotesi: il contenzioso in
materia di pubblico servizio, le controversie in materia urbanistica. È poi stata attribuita alla
giurisdizione amministrativa anche la competenza circa le domande di risarcimento del danno
(collegate a un caso di giurisdizione amministrativa).
Il giudice ordinario non può annullare i provvedimenti, può limitarsi a disapplicarli. Può adottare,
come per le normali cause civili, sentenze di accertamento e di condanna.
Anche al giudice amministrativo è stata attribuita la possibilità di adottare sentenze di condanna,
ad esempio al pagamento del risarcimento, o al termine del giudizio di ottemperanza adottare il
provvedimento o nominare un commissario ad acta che si sostituisca all’amministrazione
inadempiente e adotti il provvedimento.
Più in generale il potere del giudice amministrativo è quello di annullare il provvedimento
illegittimo.
4. Cosa significa atti ablatori
Sono quegli atti della PA che vanno a colpire un soggettivo sottraendogli situazioni favorevoli o
imponendo obblighi. Si riferiscono a diritti reali, personali o obblighi a rilevanza patrimoniale. Di
fronte a questi atti il soggetto risulta non più titolare di un diritto soggettivo, ma solo di un
interesse legittimo. Esempi classici sono l’espropriazione e la confisca, ma anche l’occupazione
temporanea.
5. Espropriazione per pubblica utilità
L’espropriazione costituisce un diritto di proprietà o altro diritto reale in capo ad un soggetto (la
PA) sottraendo tale facoltà a chi ne era titolare. È valido solo dietro indennizzo e per motivi di
pubblico interesse. Il pubblico interesse fa riferimento al fatto che l’espropriazione sia necessaria
per consentire alla PA di raggiungere un fine pubblico (ad esempio per la costruzione di una
strada)
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1. Il silenzio della PA
Quando alla richiesta di un provvedimento da parte di un privato la PA reagisci con inerzia (non
reagisce), e quindi non adotti un provvedimento entro il termine fissato di 90 giorni. Il silenzio ha
significato solo quando ciò è espressamente stabilito dalla legge, e sono i casi di silenzio rigetto,
silenzio diniego e silenzio assenso. In tutti gli altri casi non ha valenza.
Oggi, sulla base della L241/1990 e della successiva L80/2005 il silenzio assenso è la regola per i
procedimenti a istanza di parte (anche se con ancora molte eccezioni). Questo non vale per i
cosiddetti interessi critici (patrimonio culturale e paesaggistico, salute pubblica, sicurezza e
immigrazione etc). Questo assenso derivante dal silenzio può essere impedito con l’adozione di un
provvedimento di diniego, o revocato per motivi di merito (art.21quinquies L241/1990) o annullato
per illegittimità (art. 21nonies).
Si ha silenzio diniego in pochissimi casi stabiliti dalla legge; pone dei problemi in quanto
equivarrebbe a un provvedimento negativo immotivato (non si rispetta l’obbligo di motivazione)
Il silenzio rigetto si ha quando il silenzio ha valenza di un provvedimento negativo, cioè di rigetto
di una istanza. Sono tipici la mancata risposta a ricorso gerarchico entro il termine di 90 giorni, e la
mancata risposta entro 30 giorni alla richiesta di accesso ai documenti.
Nelle ipotesi di silenzio non significativo, o silenzio inadempimento, se non si ottiene il
provvedimento che doveva essere adottato entro il termine di 90 giorni, si potrà proporre ricorso al
giudice amministrativo, per ottenere che la PA sia obbligata dal giudice a provvedere, se questi
riterrà che il provvedimento doveva essere adottato.
2. I principi della L 241/1990 e gli obblighi imposti alla PA
I principali obblighi derivano dall’applicazione dei tre principi (vedi le tre “E”) (art. 1 e 3bis)
Detta poi:
- all’art. 2 il principio di doverosità dell’esercizio del potere: una volta avviato il procedimento la
PA ha il dovere di procedere e di concludere con l’adozione di un provvedimento espresso
- all’art.3 il dovere di motivazione dei provvedimenti amministrativi; fanno ovviamente eccezione
gli atti a solo contenuto normativo e a solo contenuto generale; questo obbligo corrisponde al
principio di