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MOTIVAZIONE
57) La definizione di motivazione e le principali teorie
La parola motivazione deriva dal termine latino "motus" e cioè "movimento": è qualcosa che porta
un individuo a compiere una determinata azione, a perseguire un obiettivo o a mantenere il proprio
stato. In altre parole la motivazione è un insieme strutturato di esperienze soggettive che spiega
l'inizio,la direzione, l'intensità e la persistenza di un comportamento diretto ad uno scopo. Il
comportamento umano, al pari di quello di ogni essere vivente è motivato da una serie di cause ed è
orientato ad una serie di scopi, nonché alla soddisfazione di una serie di bisogni mediante singole
azioni o una serie di attività fra loro correlate. Essa è collegata ad un insieme di fattori sia interni,
come i bisogni, che esterni all’individuo, come le sue convinzioni circa il proprio valore personale,
gli obiettivi e le aspettative di successo, le possibilità ambientali e sociali.
Una teoria classica distingue la motivazione estrinseca (comprende premi, elogi, incentivi,
approvazione sociale: è quando un comportamento viene messo in atto per ottenere qualcosa che va
al di là dell’attività in quanto tale); dalla motivazione intrinseca (comprende
interesse,curiosità,successo o potere: si tratta di una motivazione ad affrontare un compito per sé
stesso e non per finalità esterne). L'idea di un comportamento dettato da pulsioni ed istinti è
presente in teorie differenti:
ad esempio in quella di Freud secondo cui la motivazione è una pulsione innata, un istinto biologico
che porta l'individuo a comportarsi in un certo modo sotto la spinta di elementi consci ed inconsci;
per lui esistono due pulsioni primarie: quella di vita (Eros,pulsioni sessuali e quelle di
autoconservazione) e quella di morte (Thanatos, impulsi di aggressione e di distruzione, desiderio di
controllo e potere); poi abbiamo la teoria comportamentista che considera la motivazione e
l'apprendimento come prodotti di variabili controllabili attraverso i rinforzi e gratificazioni (si pensi
alla legge dell'effetto di Thorndike);
Hull invece associa al concetto di pulsione uno stato di eccitazione che porta al soddisfacimento di
bisogni primari quali la fame,la sete e la sessualità.
58) La teoria dei bisogni di Maslow 21
Una delle prime teorie della motivazione fondata su prove empiriche è quella basate sull’idea dei
bisogni. Secondo lo psicologo Maslow, la motivazione è la manifestazione di alcuni bisogni primari
che vengono rinforzati od ostacolati dall’ambiente.
Secondo Maslow, esiste una gerarchia di bisogni in cui quelli di base, in quanto funzionali alla
sopravvivenza, hanno la precedenza sugli altri. Alla base vi sono i cosiddetti bisogni fisiologici ( la
fame e la sete); seguono i bisogni di sicurezza (la ricerca di un rifugio, la sicurezza economica), i
bisogni di appartenenza (senso di intimità, amore), i bisogni di stima (ad esempio attraverso rapporti
di reciproco rispetto fra pari) e i bisogni di autorealizzazione (espressione di attività nobili quali i
comportamenti altruistici). Questa teoria ha però suscitato delle critiche in quanto la manifestazione
dei bisogni umani non segue necessariamente una struttura così rigida, ma varia a seconda delle
condizioni che vive l'individuo.
59) La motivazione alla riuscita
La motivazione alla riuscita rappresenta la necessità di fare le cose al meglio per un desiderio
intrinseco di raggiungere il successo, evitare il fallimento, divenire competenti nelle attività che ci
vedono quotidianamente impegnati.
Molti studiosi sostengono che nell’uomo vi è una motivazione intrinseca a esplorare, conoscere,
comprendere il mondo; il piacere di riuscire e il disagio del non farcela sono dei meccanismi
funzionali alla motivazione. Un'altra fonte della motivazione molto importante è l’autostima, cioè il
bisogno di avere un’immagine positiva di sé. Secondo lo psicologo americano Aktinson,la
motivazione alla riuscita risulta da due opposte tendenze: ottenere il successo ed evitare il
fallimento.
In un suo studio egli dimostrò che le differenze individuali legate alla motivazione alla riuscita si
manifestano nella scelta di compiti di diverse difficoltà: in un suo esperimento delle persone
dovevano infilare in un piolo degli anelli lanciandoli dalla distanza che preferivano; le persone che
avevano ottenuto punteggi elevati nelle prove, sceglievano distanza più impegnative ma non
impossibili,mentre,le persone con bassa motivazione alla riuscita, con la paura di fallire stavano
vicine al bersaglio o a distanze eccessive, per garantirsi il successo o crearsi un alibi per il
fallimento. Il modello delle "scelte a rischio" di Aktinson spiega in che modo una persona spinta da
due opposte motivazioni (il desiderio di successo e la paura del fallimento) sceglie se affrontare o
no un compito. La tendenza al successo e la tendenza ad evitare il fallimento sono indipendenti.
Distinguiamo quattro categorie di individui che si collocano in una delle due tendenze:
sovramotivati; orientati al successo; orientati ad evitare il fallimento e orientati al fallimento.
L’essere umano, fin da piccolo, manifesta il bisogno di conoscere e sentirsi competente (teoria
dell'autodeterminazione) inoltre, si è più motivati a cimentarsi con situazioni scelte personalmente
che non con quelle imposte da altri.
60) La teoria attribuita
Dal punto di vista della motivazione, successi e fallimenti hanno effetti diversi a seconda delle
cause cui vengono attribuiti.
Si possono distinguere delle cause interne, quali l’abilità personale, l’impegno e cause esterne,
come quelle legate alla situazione, al caso o all’aiuto degli altri. Gli effetti dell’attribuzione sono
diversi a seconda dei propri risultati (autoattribuzione) o altrui (eteroattribuzione). È tendenza
comune quella di individuare cause interne per i propri successi e cause esterne per i propri
fallimenti, e al contrario, nel caso degli altri, cause esterne per i successi e cause interne per i
fallimenti. Questo effetto viene chiamato "errore edonico di attribuzione", ovvero un errore di
ragionamento imputabile ad una motivazione fondamentale: la necessità di salvaguardare
l’immagine di sé.
La teoria attributiva è un'interpretazione in chiave cognitiva della posizione di Atkinson; la
motivazione alla riuscita viene interpretata come una disposizione cognitiva e non emotiva. Nella
teoria attribuita la motivazione deriva da processi cognitivi che riflettono sulle cause dei propri 22
risultati. Gli individui motivati al successo e quelli motivati a evitare il fallimento si differenziano
sistematicamente nello stile attributivo, cioè nella modalità personale, utilizzata per spiegare i
risultati propri e altrui. Gli individui motivati al successo tendono ad attribuire il conseguimento dei
propri obiettivi a fattori interni (la propria abilità), ed i fallimenti a cause variabili nel tempo (scarso
impegno o la sfortuna). Questo stile attributivo comporta nel caso di successo sentimenti di
autovalutazione decisamente positivi e in caso di insuccesso può portare a manifestazione di rabbia.
Gli individui motivati ad evitare il fallimento hanno uno stile attributivo che vede il fallimento
dovuto a cause stabili nel tempo, come la mancanza di abilità, e il successo come il risultato di
fattori esterni, come ad esempio, la facilità del compito o l’aiuto degli altri.
61) Motivazione e autostima
L’autostima coincide con la valutazione delle informazioni contenute nel concetto di sé e deriva dai
sentimenti che il singolo ha nei confronti di se stesso. Alcuni studi dimostrano che l’autostima si
forma sin dalla prima infanzia dall’interazione positiva di quattro fattori fondamentali: il rapporto
con i genitori, l’auto-controllo dei sentimenti negativi, l’auto-accettazione, la condotta
interpersonale. Altre ricerche hanno evidenziato che l’autostima può essere entitaria (c’è o non c’è)
o incrementale (è possibile migliorarla): quando la concezione dell’autostima è entitaria si teme di
metterla in discussione con il fallimento, quando è più orientata verso la dimensione incrementale le
situazioni difficili vengono affrontate come sfide positive e vi è minor timore dell’insuccesso. Chi
ha un buon concetto di sé e di conseguenza una buona autostima è più motivato e riesce a superare
positivamente più situazioni rispetto a chi ha un concetto di sé negativo. Piuttosto, chi è incerto su
sé stesso o chi teme che altri lo vedano diversamente da come lui si rappresenta, tende a mettere in
atto strategie difensive dette di auto-sabotaggio, accortezze utilizzate per giustificare i fallimenti.
RAGIONAMENTO
62) La logica mentale e i modelli mentali
Secondo alcune visioni razionaliste del pensiero umano le persone non esperte ragionano
applicando delle regole equivalenti a quelle della logica o del calcolo delle probabilità e agiscono in
modo razionale. L'idea che il ragionamento comune coincida con la logica è molto antica, fin da
Aristotele. Fino a pochi decenni fa, per gli psicologici compreso Piaget lo sviluppo cognitivo si
compie nell'adolescenza con l'acquisizione delle operazioni formali, cioè delle regole formali della
logica classica.
Questa posizione, che possiamo definire "teoria della logica mentale", non soddisfa tutti gli studio
in quando non spiega adeguatamente alcuni fenomeni scoperti studiando il ragionamento delle
persone. Il primo problema che la teoria della logica mentale deve affrontare è quello degli errori di
ragionamento: questi tipi di errori possono essere spiegati con gli stessi principi che rendono conto
delle parziali capacità deduttive delle persone non esperte di logica. Secondo la teoria dei modelli
mentali, il ragionamento comune non dipende dall'applicazione di regole formali ma dalla
costruzione e manipolazione delle rappresentazioni mentali delle possibilità descritte dalle
premesse. Secondo la teoria dei modelli mentali, le capacità e gli errori di ragionamento delle
persone non esperte dipendono dal modo in cui vengono rappresentate e interpretate le premesse.
Sulla base di questa teoria è anche possibile predire l'esistenza di vere e proprie illusioni di
ragionamento.
63) Gli effetti di contenuto nel ragionamento 23
Per definizione, le regole logiche sono formali, cioè la loro applicazione non dipende dal contenuto
delle premesse o dal contesto in cui queste sono situate. Consideriamo due versioni del celebre
problema di selezione inventato da Wason
(il problema delle carte e il problema delle buste) in cui le persone