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Diritto romano - Analisi del digesto 18.1.80.2 Pag. 1
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DEI POSTERIORES , DAL GIOVALENO DEGLI

EPITOMATORI )

Il libro XVIII del Digesto tratta del tema delle obbligazioni e dei contratti ; in

particolare il titolo primo si occupa dell'azione di compravendita “ De Actione

De Empti Venditi “.

Il frammento in esame è di Marco Antistio Labeone , che fu un giurista romano

dell'epoca augustea ( 27 a.C. - 305 d.C. ) , allievo del giureconsulto Trebazio.

Labeone , oppositore del Ius Respondendi Ex Auctoritate Principis , è il

fondatore della scuola dei Proculiani , più innovatrice rispetto alla rivale scuola

dei Sabiniani , fondata da Capitone.

Il testo è suddiviso in tre strati : il primo riconducibile al giurista Giavoleno

( epoca traianea ) ; il secondo a Labeone e il terzo ai compilatori giustinianei.

All'interno del secondo è riscontrabile un ulteriore strato riconducibile a Servio (

I Secolo a.C. ), autore del responso.

Il frammento presenta una struttura tipicamente casistica : riprende casi

concreti a cui il giurista dà una risposta.

Il testo in esame si può scomporre in tre parti : la prima corrisponde alla

fattispecie ( “ Silva [ … ] Venierat “ ) ; la seconda consiste nella questio ,

ovvero la domanda che viene posta al giurista , ( “ Quaeretbatur […] Utrius

esset “ ) e la terza corrisponde al responso ( “ scio [ … ] emptoris “ ).

Il casus tratta della cessione di un bosco ceduo nel quinquennio.

Nella questio posta al giurista si chiede chi sia il proprietario della ghianda

caduta sul fondo.

Il responso ha una doppia struttura.

Il giurista Servio sostiene , come prima ipotesi , che bisogna seguire ciò che

appaia sia stato fatto ( quod appareret actum esse ) ; la seconda invece

interviene nel momento in cui vi siano dubbi e incertezze sull'actum.

In quest'ultimo caso abbiamo due alternative : una in cui la ghianda caduta

dagli alberi non ancora tagliati appartiene al venditore ; la seconda in cui la

ghianda ancora sull'albero al momento della potatura appartiene al

compratore.

Analizzando la frase “ primum sequendum esse quod appareret actum esse “

possiamo ipotizzare che sia un emptio venditio , in quanto è un istituto che

nasce tra il III e II secolo a.C.

Nel diritto romano la compravendita è un contratto consensuale che si

perfeziona con il nudo accordo tra le parti e trasferisce solo il pacifico

godimento del bene. Essa non è di per se traslativa del diritto di proprietà sulla

merce; infatti i giuristi romani tengono separato il contratto come fonte di

obbligazione dall'atto ad effetti reali. È un contratto risalente al ius gentium

caratterizzato dalla presenza della formula “ ex fide bona “ ( giudizi di buona

fede ).

Nel diritto italiano vigente , la compravendita è un contratto avente ad oggetto

il trasferimento della proprietà di un bene e/o di un diritto verso il corrispettivo

di un prezzo ( Artt. 1470 e ss. cc. ). Ha effetti obbligatori ; infatti il venditore ha

l'onere di consegnare il bene all'acquirente , rendendolo così proprietario e

assicurandogli una tutela contro l'evizione. In capo al compratore sorge il solo

obbligo del pagamento del corrispettivo.

Nel passo trattato , Labeone sembra concordare con l'idea di Servio di actum in

quanto lo fa rientrare , insieme a gestum e contractum , nella definizione di

contratto. Infatti , l'actum consiste in un insieme di parole o nel passaggio della

cosa.Nel diritto romano l'acquisto della proprietà si perfeziona con un atto

separato successivo.

Seguendo questa ipotesi bisogna verificare se l'atto si è perfezionato con la

dichiarazione : in questo caso le ghiande cadute sono del compratore ; se

invece si ha solo il passaggio della cosa ( tramite emptio venditio ) , le

ghiande , essendo frutti naturali , divengono beni a sé stanti con la separazione

dal bene produttivo ( in questo caso la pianta ) , quindi appartengono al

venditore in quanto ancora proprietario del bosco.

Tuttavia , nel periodo preclassico e classico , si inizia a parlare oltre che di

proprietario anche di proprietà. In questo senso viene talvolta utilizzato il

termine mancipium , la più antica designazione della mancipatio, cioè del modo

formale di alienazione proprio delle res mancipi. Questo istituto si applica solo

per i fondi su suolo italico.

Nel periodo classico si diffonde l'uso del termine dominium , per lo più

specificato come dominium ex iure Quiritium. Il contenuto di questo termine ,

così come elaborato dalla giurisprudenza preclassica e classica , conferisce al

titolare tutte le facoltà di usare e godere del bene traendone i frutti e il potere

di disporre di esso sia parzialmente che interamente. Se poi oggetto della

proprietà è un terreno , essa si spinge in senso verticale verso l'alto e verso il

basso senza specifici limiti.

Seguendo questo filone della giurisprudenza il proprietario delle ghiande

cadute dagli alberi è il compratore.

Un'ulteriore ipotesi riscontrabile nella medesima frase è la locatio conductio

rei , nella quale il locatore cede al conduttore il godimento di una cosa dietro

pagamento di una mercede.

L'accordo delle parti è indirizzato allo scopo di mettere a disposizione una cosa

per un tempo liberamente pattuito dietro il pagamento di un corrispettivo ;

l'oggetto della locazione poteva essere qualunque cosa , mobile o immobile.

La locazione dei fondi rustici dura di solito cinque anni ; scaduto il termine , se

il locatore non chiede la restituzione della cosa e il conduttore ne continua a

godere , si ha il rinnovo tacito del contratto.

La mercede generalmente consiste in una somma di denaro , ma può avverarsi

nei frutti della cosa locata ; in questo caso le ghiande appartengono al

conduttore.

Analizzando l'espressione “ cinque anni “ nel testo italiano , si potrebbe

pensare che il fondo sia stato venduto in un quinquennio. In realtà , dal testo

latino , ci si accorge che la locuzione “ in quinquennium “ si riferisce al bosco

ceduo , cioè al rinnovo degli alberi presenti sul fondo. Pertanto , questa ipotesi

si deve scartare in ragione del fatto che il fondo è stato venduto senza un

termine di tempo per il suo utilizzo.

Un ulteriore atto che si può prendere in considerazione è l'usufrutto , attraverso

il quale l'usufruttuario ha facoltà generali di uso e godimento del bene , con il

conseguente diritto di percepire i frutti della cosa acquistandone la proprietà.

Grava sull'usufruttuario l'onere di conservare la sostanza del bene senza

appropiarsene. In questo caso la conservazione del bene si attua mediante il

taglio degli alberi , il bosco ceduo è un bosco tagliato periodicamente , che a

seguito del taglio si rigenera grazie all'emissione di polloni , cioè di ricacci dalla

ceppaia.

In tal senso , prendendo in considerazione l'istituto dell'usufrutto , le ghiande

appartengono all'usufruttuario.

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
4 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Darth Depa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Biscotti Barbara.