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FUNZIONI AMMINISTRATIVE:

parallelismo: la Regione era chiamata nelle funzioni in cui aveva competenza legislativa.

Questo per le Regioni ordinarie non è più previsto.

Comune: titolare della competenza amministrativa generale. Si può spostare dal comune alla

provincia, dalla provincia alla regione, dalla regione allo Stato con legge.

Si sono introdotti dei correttivi:

1. necessità dell’esercizio unitario della competenza (Tu ti occupi delle Caserme, ma la

difesa è competenza statale);

2. 

principio di sussidiarietà (insufficienza e inadeguatezza) art. 118 1° comma.

Competenza propria: attribuita dalla Costituzione;

competenza conferita: attribuita dalla legge.

limiti logici di Ross e paragone con Crisafulli

Un limite logico assoluto sarebbe dato, stando alla concezione del Ross, dalle norme sulla

revisione costituzionale: le quali, essendo le vere norme supreme di ogni ordinamento, ne

rappresenterebbero quella che l’Autore chiama la costituzione alla seconda potenza. Tali norma

sarebbero insuscettibili di applicazione al loro stesso mutamento. Per Kelsen poi il limite alla

revisione consisterebbe nella Grundnorm. Per Kelsen dunque tutto è modificabile purchè nei

modi e forme positivamente prescritti vale a dire a condizione che sia rispettata la

concatenazione logica delle norme, dal vertice alla base e viceversa.

norme sulla revisione costituzionale (ma ciò non è vero, altrimenti in Italia l’art. 138

- sarebbe stato violato più volte). Crisafulli dice che non si può cambiare il procedimento

di revisione. Una tesi più recente afferma che si può cambiare il procedimento

mantenendo costanti le linee portanti (la Devolution ha modificato la revisione

costituzionale mantenendo però il referendum). 

Si può distinguere tra potere costituente (illimitato) e potere costituito (limitato) non più

sovrano.

Crisafulli dice che non è detto che il potere sia limitato ma dipende dal diritto positivo. Il

professore dice che è vero che la Costituzione può non porre limiti, ma può anche porli (potere

illimitato).

disposizioni programmatiche cost (artt 36-39.2099)

Crisafulli studiò le norme programmatiche e dimostrò che queste hanno effetti anche

anteriormente all’interesse del legislatore: - concorrono alla determinazione dei principi

generali dell’ordinamento; - pongono un vincolo giuridico perché il legislatore è tenuto ad

attuarle; - rendono illegittime le norme di rango inferiore che contrastano con l’obiettivo da

esse fissato. Quest’ultimo punto vale anche per i trattati non self executing.

Vi è poi una tecnica del legislatore in cui è molto forte l’impronta assiologica: norme

programmatiche (prefigurano le linee di sviluppo dell’ordinamento); tra queste ci sono le

norme sui diritti sociali (ad esempio il diritto al lavoro, che è diverso dalle libertà, le quali sono

immediatamente efficaci). L’obbligo che nasce da un diritto sociale non è giuridicamente

sanzionato.

Le norme programmatiche (e quelle sui diritti sociali) non sono autosufficienti ma hanno

bisogno di essere attuate a differenza dei diritti di libertà.

Le norme programmatiche sono efficaci prima dell’attuazione? Se non lo sono dobbiamo

considerarle come semplici inviti al legislatore, ma finchè il legislatore non li accolga esse

sarebbero come norme non scritte e non avrebbero incidenza nell’ordinamento.

Calamandrei chiama le norme programmatiche “la rivoluzione promessa”.

Invece le norme programmatiche sono da considerarsi efficaci.

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Il problema delle norme programmatiche è un problema di efficacia. C’è infatti da chiedersi se

le enunciazioni che ne fanno uso siano esclusivamente volte al legislatore, oppure se siano

dotate di un’immediata portata prescrittiva.

Se si accoglie la prima impostazione alle disposizioni programmatiche si riconosce la natura di

prescrizioni ad efficacia differita, le quali intanto possono produrre effetti giuridicamente

apprezzabili in quanto il legislatore le renda operanti, adottando le necessarie norme di

attuazione. Con la conseguenza che esse vengono in ultima analisi intese come meri inviti

rivolti al Parlamento.

Se invece si aderisce alla seconda impostazione dalla loro presenza possono dedursi tre

conseguenze. Può ritenersi che a) esse stabiliscano un vincolo giuridico (e non meramente

politico) a carico del legislatore; b) provochino l’illegittimità costituzionale delle norme

gerarchicamente subordinate con esse incompatibili; c) concorrano alla determinazione

generale dei principi dell’ordinamento, utilizzabili sia per il superamento delle lacune sia in

sede di interpretazione sistematica.. e’ quest’ultima la lettura affermatasi in Italia per le

disposizioni programmatiche della Costituzione.

pubblicazioni non necessarie e ripubblicazione

pubblicazioni non necessarie: sono previste dall’ordinamento ma non hanno

- l’effetto delle necessarie (sono indispensabili per l’entrata in vigore dell’atto).

Sono pubblicazioni di norme consuetudinarie (visto il loro oggetto non possono

che essere non necessarie). Magari la pubblicazione serve per raccogliere, ma

anche se non viene effettuata la norma entra in vigore. Contro la raccolta di usi

è ammessa la prova contraria (ma, dice il prof, anche nei confronti della legge è

ammessa prova contraria. La differenza sta in ciò, che nel caso di raccolta di usi

il giudice applica la consuetudine, nel caso della legge il giudice non può

giudicare il tenore della norma: occorre l’erratum sulla G.U.). poi c’è la legge di

revisione costituzionale: c’è pubblicazione che però non produce l’entrata in

vigore ma dà la possibilità del referendum confermativo (pubblicazione

endoprocedimentale).

Ripubblicazioni (di atti normativi già pubblicati e già in vigore): per assicurare la

- conoscibilità (testi unici, meramente complativi e non innovativi). È una

pubblicazione non necessaria. Altro esempio è la raccolta ufficiale (meno atti

della GU in ordine di numero).

Regionalismo Spagnolo e Regionalismo Italiano

Anche in Italia, come in Germania, l’unificazione nazionale è stato un frutto tardivo, essendosi

realizzata nella seconda metà del secolo scorso. E anche in Italia esistevano le condizioni per la

creazione di un ordinamento federale. Ci si riferisce alla presenza di Stati preunitari. Tuttavia la

storia ha seguito un diverso corso. L’unificazione è avvenuta attraverso una serie di annessioni

territoriali al Regno di Sardegna ed ha trovato espressione in un modello di ordinamento

amministrativo direttamente derivato dalla tradizione francese. Si tratta del modello

napoleonico dello Stato unitario centralizzato, il quale ha favorito il fenomeno qualificato della

piemontesizazzione dell’Italia.

Nell’anno 1931 fanno la loro apparizione le regioni, che sono state inventate dalla Costituzione

della Repubblica spagnola. E sono state inventate per venire incontro alle esigenze

autonomistiche di alcune etnie con tradizioni popolari differenziate e talora, addirittura con

lingua propria. La soluzione accolta dalla Costituzione del 1931 presentava caratteri di assoluta

originalità. Ma il regionalismo spagnolo venne spazzato via dal franchismo che ripristinò lo

Stato unitario centralizzato. Tuttavia il seme era stato gettato. E fu raccolto dall’Assemblea

costituente italiana, la quale tra il 1946 e il 1947 ha riesumato il tipo istituzionale dello Stato

regionale, rompendo con la tradizione centralistica pregressa.

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Anzitutto per ragioni politiche contingenti: mediante la soluzione regionale si diede infatti una

risposta alle tensioni autonomistiche che si erano sviluppate in alcuni territori. Ma i motivi

furono anche altri: le diversità morfologiche, nonchè culturali e sociali davano luogo ad una

eterogeneità per la quale sembrava assurdo che, con riferimento a certi oggetti identificati

dalla Costituzione (agricoltura, urbanistica) la disciplina dovesse essere uniforme. Altro motivo

fu poi il consolidamento della riconquistata democrazia: si ricordi la diffusa convinzione che

l’articolazione regionale del potere costituisse un efficace antidoto nei confronti di involuzioni

autoritarie; e poi nello sviluppo di ambiti istituzionale di dimensione infrastatuale si ravvisava

un decisivo fattore di promozione della partecipazione delle popolazioni interessate alla

decisione che ne toccavano più da vicino la vita. Un’ultima ragione dell’opzione regionalistica

della nostra Costituente può essere ravvisata nella riforma dello Stato: si riteneva che la

creazione di una solida rete di poteri locali potesse contribuire efficacemente al superamento di

taluni mali della nostra organizzazione pubblica.

La soluzione italiana restò per circa un ventennio un caso isolato. Ma dagli anni settanta in

Spagna si è avviato un processo di decentramento che ha trovato espressione nella creazione

delle 19 comunità autonome; e in Portogallo i territori insulari delle Azzorre e della Madera si

costituirono in regioni autonome. In Belgio poi alla nascita dello Stato federale si è giunti non

attraverso un processo di aggregazione ma di decentramento.

Quanto alla esistenza di livelli substatali la sua garanzia si colloca sul piano dell’ identificazione

geografica: non sorgono problemi quanto alle Federazioni di tipo aggregativi. Invece negli

ordinamenti regionali, le Regioni non preesistendo agli Stati di cui fanno parte ,a essendo da

essi create in un momento successivo. In tali ordinamenti si registrano due approcci:

c) regionalismo spagnolo: le entità substatali non vengono individuate direttamente

dalla Costituzione, la quale si limita a dettare una disciplina strumentale

prefigurando un processo di autoidentificazione dal basso;

d) modello italiano: identificazione autoritativa delle Regioni mediante un atto di

volontà del legislatore costituente.

In base al modello federale classico le competenze enumerate spettano allo Stato centrale e la

competenza generale all’entità substatale; in base al regionalismo spagnolo si ha il

rovesciamento della situazione.

Il secondo modello è quello più vicino a quello accolto dalla Costituzione italiana del 1947,

informata al principio dell’enumerazione delle competenze regionali. Si differenzia tuttavia da

esso per il fatto di non contemplare la categoria delle Regioni ad autonomia ordinaria. Ed è

stata questa particolarità a far accordare la preferenza al modello federale il quale presenta il

vantaggio di consentire una razionale riforma dello Stato.

La Camera federale

Negli Stati federali poi esiste sempre una seconda Camera rappresen

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Publisher
A.A. 2012-2013
24 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof D'Atena Antonio.