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Iniziamo dunque con l'elencare questi ultimi. Si trova come preminente il tipo derivato dal latino
CAUDA(M), a cui fanno capo le risposte "k'ua" (e il rispettivo plurale "k'ue"). Anche la risposta
"k'oda", ottenuta a Sampeyre, è da ricondurre all'etimo latino CAUDA(M), ma va osservato che
forse è stata influenzata dalla lingua nazionale. Sampeyre è infatti sita in territorio occitano, motivo
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per cui ci si aspetterebbe in questo punto una risposta di tipo [k'uo] , [k'o]. Controllando però il
materiale di presentazione all'ALEPO, si scopre facilmente che Sampeyre, pur appartenente all'area
di cultura occitana, linguisticamente ha subìto una forte apertura nei confronti del dialetto
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piemontese, risultando ad oggi «completamente piemontizzata» e dunque forse anche più sensibile
all'influenza della lingua nazionale. Leggiamo anche che Sampeyre è sede, in località Becetto, di un
importante santuario dedicato alla Natività di Maria, costruito nel Duecento e metà di pellegrinaggi,
e che in tempi moderni il paese è diventato meta anche turistica. Dunque non è una località di forte
isolamento, motivo per cui possiamo comprendere questo fenomeno di italianizzazione. Nella
sezione conclusiva del protocollo 530-Sampeyre, quella dedicata agli informatori, possiamo notare
anche che per la voce Equiseto, indagata nel 1994, ha risposto l'informatore 530. GRI-M-m-928. Di
questa persona, celata dietro una stringa alfanumerica per le normative sulla Privacy, possiamo
leggere che ha partecipato in modo marginale all'inchiesta (solo per il supplemento sulla flora
spontanea), che al momento dell'inizio dell'inchiesta aveva 66 anni ed era in possesso della licenza
media, ma soprattutto che svolgeva un'attività di raccolta di erbe per gli erboristi. Non sembra,
perciò, inopportuno immaginare che l'informatore avesse una conoscenza botanica specializzata che
lo spinse a dare una risposta conforme allo standard italiano. Questa ipotesi viene rinforzata dalla
riformulazione, ottenuta in seguito all'intervento della moglie dello stesso informatore, che si
sostituisce ad un lessotipo "merze" (lett. "i larici") molto diverso e forse ritenuto, in prima battuta,
meno corretto. Non va dimenticato, infatti, che «una qualsiasi risposta [...] non è mai da intendere in
senso assoluto. Essa è semplicemente la risposta che quell'informatore, appartenente a quella
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generazione, a quel gruppo sociale, a quella categoria professionale» ha dato in quella specifica
occasione. Inoltre, considerando l'intero sintagma [k'oda kaval'ina] notiamo che, se "coda" ha una
schietta apparenza italiana, "cavalina" è invece un esito dialettale, riconoscibile dalla [l] scempia
7 "Cuo" viene riportato come prima traduzione del termine "coda" in Di Crosa 1982.
8 Canobbio-Telmon 2003, p. 295.
9 Canobbio-Telmon 1985, p. 31 (in corsivo nel testo). 5
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che si contrappone alla geminata italiana . Potrebbe dunque trattarsi di un fenomeno di ibridazione,
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nel senso discusso da Berruto nel suo contributo Tra italiano e dialetto , con materiale proveniente
dalla lingua nazionale e materiale (almeno fonologico) dialettale. Sempre tenendo conto che, come
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sottolinea Berruto, «il punto cruciale è qui dato dai parlanti» che hanno tra loro competenze e
tendenze diverse e quindi possono creare autonomamente termini ibridi.
Al punto 390 Chiomonte troviamo la risposta [k'o], sempre nel significato di "coda" e
derivata dal latino CAUDA(M), ma di esito provenzale. É infatti presente nel Tresor, che lo indica
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come termine geograficamente diffuso, tipico delle parlate alpine, occitane, guasconi e limosine .
Altro tipo lessicale per il termine "coda" è "p'enu" (presente al punto 024 Bibiana come
"coda di topo") o "pn'a" (presente al punto 510 Oncino). L'etimologia latina condurrebbe al verbo
PENDEO "pendere giù", forse nel derivato PENDULA o nel participio presente PENDENS. Le
voci "pnà", "pnass" e "penass" compaiono nei dizionari piemontesi come varianti dal medesimo
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significato di "coda" . La concordanza con il dialetto piemontese non stupisce sicuramente a
Bibiana, centro "fuori territorio" nella classificazione dell'ALEPO, dunque sito oltre i confini
dell'area del Piemonte Orientale considerata gallo-romanza. Nel protocollo dedicato leggiamo che
la parlata di Bibiana è di tipo pedemontano rustico e che i bibianesi stessi definiscano la loro parlata
non solo con un nome legato all'etnico ([bibjan'ɛ_ iz]), ma anche [pjemunt'ɛ_iz]. Va però notato che la
vocale finale [u] esula dalla norma piemontese ed è forse da ricondurre a quelle leggere influenze
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occitane a cui si accenna nel protocollo . Per quanto riguarda, invece, la risposta di Oncino, è da
osservare che anche questa località, nonostante rientri a norma di legge nel territorio occitano, dagli
anni '70 risulta fortemente piemontizzata. Inoltre, l'informatore 510.RP1-M-s-948 è nato a Torino e
può dunque avere utilizzato materiale fonetico piemontese.
Ai punti 710 Argentera e 720 Aisone, due località relativamente vicine, entrambe lungo il
corso dello Stura, troviamo il tipo "como". Il Tresor attesta la natura provenzale del termine che fa
derivare direttamente dall'antico provenzale "coma" e infine dal latino COMA (mutuato a sua volta
κοµη) 16 17
dal greco . L'antico significato di "criniera", attestato già nella poesia trobadorica , pare
confermato nel valore semantico da un'altra delle risposte ottenute ad Argentera: appunto "criniero".
Sarà opportuno accennare qui al fatto che le risposte "como" e "criniero" ad Argentera sono state
tratte da altri materiali, dunque non sono la risposta principale, mentre ad Aisone "como" è riportata
10 Casi di "cavall", "cavallaria" e "cavallier" sono segnalati da Honnorat, ma come "vieux langage antérieur au XVI
siècle" (Honnorat 1971, p.447).
11 Holtus-Metzeltin-Pfister 1989
12 Holtus-Metzeltin-Pfister 1989, p. 113
13 Mistral 1966.
14 Sant'Albino 1859.
15 Canobbio-Telmon 2003, p. 164.
16 Mistral 1966, p. 578.
17 Levy 1973, alla voce «coma». 6
come rilievo linguistico-percezionale dell'informatore ("altrove in Valle si dice così"). C'è forse da
leggere in questa secondarietà delle risposte un possibile indebolimento della natura provenzale
nelle parlate della valle, per il quale l'informatore deve fare maggiore fatica a ritrovare il termine
primitivo. Effettivamente già nei cenni linguistico-culturali di Aisone il redattore fa riferimento a
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un' «opera di sfaldamento a opera del piemontese e dell'italiano» .
Altro lessotipo importante è "erba cavallina", anche nella variante con l'aggettivo
sostantivato, "la cavallina". Per quanto riguarda la ragione di tale forma, possiamo escludere la
possibilità che sia da collegare a un effettivo uso per i cavalli. Gli unici riscontri di un uso per il
bestiame sono pertinenti ai soli bovini, come attestano anche le dichiarazioni degli informatori. Più
plausibile è un ragionamento di similitudine, sul tipo "erba simile alla coda di cavallo", che
accorciato della parte centrale, per comodità del parlante, avrebbe dato appunto "erba cavallina" o,
in forma ellittica, "la cavallina". Molto diffuso, lo troviamo complessivamente in undici punti: 011
Carema, 012 Traversella, 310 Novalesa, 340 Chianocco, 370 Coazze e 440 Villar Pellice ("erba
cavallina") e ai punti 230 Lemie, 360 Condove, 390 Chiomonte, 410 Pramollo e 430 Perrero
("cavallina"). La testa del composto, cioè il sostantivo "erba" < HĔRBA(M), resta foneticamente
invariato in ogni punto: ['ɛrba]. Curiosamente ciò sembra avvenire indipendentemente
dall'appartenenza linguistica dei punti in cui compare, siano essi franco-provenzali come
Chianocco, Carema, Coazze e Novalesa, piemontesi come Traversella o occitani come Villar
Pellice. "Herba" compare effettivamente come voce provenzale nel dizionario di Honnorat, mentre
Mistral indicherebbe come termine corretto "erbo". Notando che il dizionario piemontese-italiano
riporta "erba", possiamo forse ipotizzare che l'omogeneità sia dovuta ad influenza piemontese, se
non direttamente italiana. Probabilmente questo adattamento è abbastanza consolidato, se teniamo
conto della presenza di "herba" nel Dictionaire provençal-français e in ragione dell'epoca di
compilazione del lavoro di Mistral. Queste considerazioni devono però sottostare al problema
creato dalle diverse possibili grafie che si sono utilizzate nel tempo per la lingua provenzale.
Sappiamo che -a finale può essere pronunciata [ɔ], o [a] a seconda dei dialetti, quindi la presenza di
['ɛrba] non necessariamente va considerata un piemontesismo o un italianismo. Purtroppo un
confronto con la carta I-II-1/S Erba non può essere d'aiuto perché raccoglie le risposte di due soli
punti (025 Pamparato e 920 Frabosa Soprana), nessuno dei quali interessato dalla presenza di
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composti con "erba" nella carta che stiamo analizzando . Segnaliamo comunque che le pronunce
riscontrate nei due punti sono rispettivamente ['ɑɾba] a Pamparato e [ɛi_ ba] a Frabosa Soprana.
18 Canobbio-Telmon 2003, p. 324.
19 La carenza di risposte è spiegata dal fatto che la parola non è stata indagata direttamente, ma anzi la carta è costruita
su materiale supplementare fornito alle domande Q551 Quali sono le specie di erbe che riconosce nel campo il
falciatore? e Q5765 Erba cipollina. 7
Maggiori differenze fonetiche presenta invece l'aggettivo "cavallina". Le principali si notano nel
primo gruppo fonetico, ovvero nella sillaba CA-, che può declinare in tre modi: [ka], [ʃa] e [ʧa].
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Questi ultimi sono così divisi :
- [ka]: 011 Carema, 012 Traversella, 015 Moncalieri, 310 Novalesa, 340 Chianocco, 360 Condove,
370 Coazze, 410 Pramollo, 430 Perrero, 440 Villar Pellice, 530 Sampeyre, 630 Monterosso
Grana, 710 Argentera, 720 Aisone, 910 Chiusa Pesio;
- [ʧa]: 230 Lemie, 380 Bardonecchia;
- [ʃa]: 390 Chiomonte.
Il gruppo [ka] è sicuramente prevalente. La forma con occlusiva velare sorda, derivata
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dall'equivalente latino CA-, è esito tipico delle parlate piemontesi e occitane che, a differenza del
francese, non pal