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La casa della cascata, dell’architetto statunitense Frank Lloyd Wright, ha suscitato un “entusiasmo
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sempre crescente” , e ancora prima di venire completata, ne comparirono fotografie su molti
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giornali e riviste.
Nell’anno 1935 Edgar Kaufmann commissionò a Wright una residenza di vacanza per la propria
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famiglia, nella zona del torrente Bear Run, nel sud-ovest della Pennsylvania.
Kaufmann aveva conosciuto Wright quando il figlio (Edgar Kaufmann jr.) si era recato nel
Wisconsin e aveva lavorato insieme al noto architetto nella Fondazione Taliesin. Quando la
famiglia Kaufmann decise di costruire una residenza atta al soggiorno in qualsiasi stagione, la scelta
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dell’architetto cadde senza alcun dubbio su Wright.
Grazie a questo incarico la carriera dell’architetto subì una forte ascesa, e gli portò un’immediata
celebrità. Infatti “Con il progetto e la costruzione della Casa sulla cascata, completata nel 1937,
Wright a settant’anni balzò a un nuovo, stupefacente livello, realizzando un rapporto ideale tra
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paesaggio, architettura e uomo.”
Edgar Kaufmann jr. scrive che già dai primi schizzi (dai quali poi la realizzazione poco si discostò)
si notò l’intenzione di Wright di posizionare la casa proprio sopra le cascate, e non in modo che le
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guardasse.
“<<Là, in una bella foresta>>, scriveva Wright, <<c’era un’alta e massiccia rupe che si alzava
accanto a una cascata, e sembrava del tutto naturale sospendere la casa da quella rupe sopra la
cascata.>>. Per quanto potesse sembrare naturale a Wright, tale soluzione era letteralmente al limite
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delle possibilità tecniche del cemento armato”.
Anche il committente Kaufmann si aspettava che la casa venisse disposta accanto al torrente, a sud,
ma Wright, avendo notato che Kaufmann amava molto quel luogo e soprattutto il suono della
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cascata, decise di porne la casa al di sopra, in modo che ne venisse riempita del suo fragore.
Kaufmann jr. scrive riguardo alla casa “chi ha vissuto in essa, e con essa, la giudica una casa
comoda e flessibile, una creazione spaziale sempre nuova nel mutare della natura e nella diversità
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delle relazioni umane: posso testimoniarlo.” Ne sottolinea il profondo legame con la natura, che
permette comunque all’abitazione di risultare confortevole.
La collocazione di questa architettura e l’ambiente circostante sono elementi di grande importanza,
la struttura della casa riprende infatti, con le sue terrazze aggettanti, l’andamento delle
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stratificazioni orizzontali caratteristico delle pietre lungo le sponde del torrente.
Wright pone gli abitanti della casa a stretto contatto con la natura circostante, anche grazie a pareti e
pavimenti in pietra. “Tutti gli elementi verticali della casa sono costruiti in pietra locale, con
“sporgenze” o pietre leggermente in rilievo, per conferire alla superficie dei muri un aspetto più
scultoreo. Tutti gli elementi orizzontali sono in calcestruzzo gettato in opera. I pavimenti sono
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ovunque rivestiti di pietra, così come i muri.” Si crea un’armonia dal contrasto tra le ruvide
superfici verticali e quelle lisce orizzontali, ammorbidite ancora di più dal colore con cui sono stati
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dipinti terrazze e parapetti: “un caldo colore ocra leggero, quasi albicocca chiaro” . Kaufmann
scrive che Wright “in un primo momento aveva proposto seriamente a mio padre di indorare tutte le
superfici in cemento. Non solo era molto costoso, ma l’effetto, per quanto stupendo tra i rododendri
e gli abeti, sarebbe stato probabilmente molto diverso da quella atmosfera di ritiro tranquillo che
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avevamo prevista.”
Il forte legame che si crea tra la casa ed il luogo in cui sorge è suggellato dal fatto che dal
pavimento di fronte al focolare (centro dell’intera architettura, e di forte importanza simbolica)
affiori la vetta della roccia su cui la casa è costruita.
L’architetto lasciò al cliente la libertà di decidere molti dettagli minori dell’abitazione: la scelta
cadde spesso su soluzioni e materiali innovativi. Accadde per esempio nella scelta della tappezzeria
da usare per sedili, sgabelli e materassi. “Seppi che era finalmente disponibile anche in America la
gommapiuma in lattice, dopo un periodo di produzione iniziale in Inghilterra.” scrive Kaufmann,
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“La gommapiuma Dunlop originale era meno cara, ed è ancora in uso in tutta la casa.”
“Come era capitato per la gommapiuma, così, proprio quell’anno, s’era cominciato a diffondere un
nuovo tipo di illuminazione elettrica, quella fluorescente.” Kaufmann decise di porre i tubi
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fluorescenti all’interno di cassette radianti, da far correre sotto le finestre lungo le pareti esterne, in
modo che la luce venisse riflessa dal soffitto, sia all’interno che all’esterno del pannello di vetro.
“Ma questi tubi fluorescenti si trovavano soltanto in colori freddi; e fu per pura fortuna che, nella
nostra casa, essi battessero su una superficie color albicocca, prima che la luce riflessa rientrasse
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negli spazi interni.”
Dopo la fine della seconda guerra mondiale si volle restaurare la casa: “Il fumo del carbone dolce
usato come combustibile dalle vicine ferrovie, era penetrato nella foresta, e aveva reso grigi la
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pietra e il cemento.” Per risolvere il problema della tinteggiatura, si scelse un nuovo tipo di
vernice, questa volta, però, l’utilizzo di un materiale innovativo non fu soddisfacente. “Durante la
guerra era stato studiato un nuovo tipo di vernice basata sulla gomma, assai più resistente alle
intemperie e all’insudiciamento della nostra pittura originaria. Mio padre l’adottò immediatamente,
ma purtroppo la vernice aveva un tono di colore gelido, vitreo, che era ben lungi dall’adattarsi alla
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pietra e agli alberi.”
La Casa della cascata, soprattutto per il suo legame con la natura in cui si trova, può sembrare
simile a Casa Farnsworth di Mies van der Rohe (1945-51), anch’essa situata vicino ad un fiume,
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nelle praterie dell’Illinois. Un’affermazione dell’architetto tedesco, infatti, si avvicina al pensiero
di Wright: “Anche la natura dovrebbe avere una sua vita propria; non dovremmo distruggerla con
dei colori, con le nostre case e con i nostri interni; dovremmo invece cercare di creare un’unità
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maggiore fra la natura, le case e gli esseri umani.”
Con qualche analisi si può notare invece la differenza, quasi contrapposizione, tra le due
architetture.
Nell’edificio di Wright “La <<scatola>> è completamente distrutta. Non esistono più pareti, né
schemi geometrici, né simmetrie, né consonanze, né punti prospettici privilegiati, né leggi che non
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siano quelle della libertà e del mutamento.” L’edificio di Mies van der Rohe ,al contrario, è a
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campata unica, ed è costituito solo da due piani orizzontali, che ne formano il pavimento e il tetto.
“La compenetrazione degli spazi interni ed esterni” in casa Farnsworth “non è determinata dai muri
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e la confluenza delle radure del bosco avviene all’interno stesso del volume vetrato.” Qui è la
natura che entra all’interno della casa, invece per la Casa della cascata sembra accadere l’opposto: è
la casa che entra direttamente nella natura. Wright infatti aveva scelto materiali che richiamassero il
luogo (la pietra locale), Mies van der Rohe invece opta per materiali neutri (acciaio laccato in
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bianco e marmo travertino).
Se l’abitazione di Wright sembra nata dalla natura, lo stesso non accade per quella dell’architetto
tedesco: “la presenza dell’edificio nel paesaggio sembrerebbe quasi casuale”, ma comunque viene
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aggiunto “se non fosse per l’armonia che si instaura tra il sito e l’architettura.”
Un altro particolare che differenzia le due architetture è il rapporto con il terreno: Casa Farnsworth
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è sopraelevata da terra , nella Casa della cascata invece “Questa etera sensazione di librarsi
nell’aria veniva compensata dalla primitiva concretezza del pavimento in pietra; nel soggiorno la
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roccia su cui la casa è costruita affiora dal pavimento”.
Anche il percorso di accesso alle due abitazioni è differente. Mies van der Rohe organizza il tutto in
maniera molto semplice e chiara: per accedere a Casa Farnsworth si attraversa una terrazza sospesa,
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che collega il suolo all’area giorno esterna, tramite due brevi rampe di gradini. Wright invece crea
un percorso e nasconde la porta d’ingresso: “Il visitatore, dopo aver percorso una strada di
campagna e attraversato il ponte sul Mill Run, doveva cercare l’entrata della villa, e questa era già
un’esperienza fuori dal comune. Una volta all’interno, sotto il basso soffitto dell’ingresso, lo
sguardo spaziava inevitabilmente dal soggiorno fino alla natura circostante, dall’acqua, agli alberi,
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fino al cielo.” 3
1 E. Kaufmann jr., Frank Lloyd Wright. Casa sulla cascata, Testo e Immagine, Torino 1997, p. 7
2 T. Riley, P.Reed (a cura di), Frank Lloyd Wright 1867-1959, Electa, Milano 1994, p. 123
3 R. McCarter, Frank Lloyd Wright, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 146
4 E. Kaufmann jr. Frank Lloyd Wright…, cit., pp. 8 ,11
5 R. McCarter, Frank Lloyd Wright, cit., pp. 146, 147
6 E. Kaufmann jr. Frank Lloyd Wright…, cit., p. 11
7 T. Riley, P.Reed (a cura di), Frank Lloyd Wright…, cit., p. 103
8 McCarter, Frank Lloyd Wright, cit., p. 146
9 E. Kaufmann jr. Frank Lloyd Wright...., cit., p. 7
10 T. Riley, P.Reed (a cura di), Frank Lloyd Wright… , cit., p. 64
11 Brooks Pfeiffer, Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia 2007, p. 53
12 E. Kaufmann jr., Frank Lloyd Wright…, cit., p. 22
13 Ivi
14 Ivi, pp. 22,23
15 Ivi, pp. 23, 26
16 Ivi, p. 27
17 Ivi, p. 31
18 Peter Carter, Mies van der Rohe al lavoro, Phaidon, New York 2006, p. 83
19 J. L. Cohen, Ludwig Mies van der Rohe, Laterza, Roma-Bari 1996, p. 89
20 Bruno Zevi (a cura di), Frank Lloyd Wright, Zanichelli Editore, Bologna 1979, p.148
21 Peter Carter, Mies van der Rohe…, cit., p.83
22 J. L. Cohen, Ludwig Mies van der Rohe, cit., p. 88
23 Ivi, p. 89
24 Peter Carter, Mies van der Rohe…, cit., p.83
25 Ivi
26 T. Riley, P.Reed (a cura di), Frank Lloyd Wright… , cit., p. 64
27 Peter Carter, Mies van der Rohe…, cit., p.83
28 T. Riley, P.Reed (a cura di), Frank Lloyd Wright… , cit., p. 64
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