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OGM
Organismo Geneticamente Modificato
● Si ottiene inserendo nel DNA
● dell'organismo "ospite" uno o più geni
estranei, prelevati da organismi anche
molto diversi tra loro e che in natura
non potrebbero in alcun modo
scambiarsi il materiale ereditario
Oggi gli OGM vengono usati soprattutto
● in agricoltura
piante resistenti a un determinato
● erbicida o in grado di produrre di
continuo un insetticida
Soia 62% delle
coltivazioni GM
Mais 22%
Cotone 11%
Colza 5%
Direttiva sugli OGM
La prima direttiva europea atta a uniformare l'approccio degli Stati Membri riguardo agli organismi
geneticamente modificati risale al 1990 (Direttiva 90/220/CEE). Secondo le procedure riportate in
questa direttiva sono stati autorizzati al rilascio deliberato nell'ambiente, per scopi sperimentali e
non, 17 organismi diversi, tra cui 14 piante (ad esempio diverse varietà di mais, colza e soia) e due
vaccini (quello per la rabbia e quello per la malattia di Aujeszky, ad uso veterinario).
Inoltre, in accordo con il Regolamento CE 258/1997 sui nuovi prodotti e nuovi ingredienti
alimentari[1], una serie di prodotti derivati da OGM ma non contenenti OGM - ovvero sostanze
prodotte a partire da piante geneticamente modificate, ma non contenenti i semi portatori della
modifica genetica introdotta - sono entrati nel mercato europeo: oli di soia e di colza, amido di mais
ecc. Questi prodotti sono stati sottoposti a una procedura di autorizzazione semplificata, basata sul
principio di sostanziale equivalenza. Questi prodotti sono stati perciò autorizzati seguendo una
procedura con meno passaggi poiché era possibile dimostrare che non c'era nessuna differenza dal
punto di vista nutrizionale, organolettico e tossicologico rispetto ai corrispettivi prodotti ottenuti a
partire da colture convenzionali.
Tra il 1990 e il 1997 la mobilitazione degli attivisti anti-OGM ha fatto sì che il dibattito sugli OGM
entrasse nelle agende politiche degli Stati Membri e dell'Unione europea. La crescente impopolarità
degli alimenti OGM, giustificata in parte dalle odierne ricerche scientifiche [1][2], ha fatto naufragare
la politica di apertura cautelativa verso gli OGM iniziata con la direttiva 90/220/CEE. Nel 1997
diversi Stati membri hanno iniziato a rifiutare l'autorizzazione all'uso di OGM nei propri territori
appellandosi alla cosiddetta “clausola di salvaguardia”, e nel 1998 diversi Stati, guidati dalla
Francia, hanno votato per un blocco delle autorizzazioni di OGM a livello europeo fino a che non
fosse garantito il diritto di scelta dei cittadini attraverso appropriate norme di etichettatura ed una
revisione della normativa alla luce del principio di precauzione. Come conseguenza, tra il 1998 e il
2004 nessun nuovo OGM è stato autorizzato nell'Unione Europea, venendo a creare una moratoria
di fatto. Gli Stati Uniti, in quanto maggiori produttori di piante OGM, e le multinazionali
agrobiotecnologiche, si sono opposti fortemente a questa moratoria denunciando il mancato
rispetto degli accordi sul commercio internazionale, regolati dall'Organizzazione Mondiale del
Commercio, basati sul principio che solo pericoli per la salute, scientificamente provati, possono
costituire una barriera all'importazione. Un'azione formale presso l'OMC è stata presentata da Stati
Uniti, Canada e Argentina nel maggio 2003, proprio sulla base del fatto che la moratoria europea
non era sostenuta da nessuna evidenza scientifica di rischio per la salute umana, animale o
dell'ambiente.
Per superare tale fase l'Europa ha intrapreso una faticosa strada per la riscrittura del panorama
normativo di riferimento. Il nuovo contesto normativo, basato sul principio di precauzione, è oggi
composto dalla Direttiva 2001/18/CE che, sostituendo la 90/220/CEE, riscrive le regole base per
l'approvazione di un nuovo OGM; due Regolamenti (1829 e 1830/2003/CE) che regolano
l'autorizzazione e l'etichettatura/tracciabilità degli alimenti e dei mangimi (food & feed) costituiti o
derivati da OGM; la Raccomandazione 556/2003 che indica le linee guida sulla coesistenza tra
colture OGM e convenzionali, cui le norme nazionali e regionali dovrebbero allinearsi.
l'autorizzazione di piante geneticamente modificate destinate all'uso in alimentazione umana o
animale. Le aziende che hanno sviluppato un certo organismo devono presentare domanda di
autorizzazione alla Commissione europea e produrre un dossier che riporti tutte le informazioni
scientifiche disponibili che permettano di valutarne la sicurezza per la salute umana, animale e
dell'ambiente. La valutazione viene effettuata dall'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare
(EFSA), che fornisce il suo parere scientifico alla Commissione. È compito della Commissione di
proporre, sulla base dell'opinione dell'EFSA, se garantire o rifiutare l'autorizzazione. Tuttavia non
sono solo considerazioni scientifiche, ma anche politiche, ad entrare in gioco nel processo di
autorizzazione. Infatti la proposta di autorizzazione viene votata da uno specifico comitato nel quale
tutti gli Stati Membri sono rappresentati da propri esperti in materia (tramite una procedura definita
comitologia, tramite la quale la Commissione esercita le competenze esecutive assegnatele dagli
organi legislativi). Se non si raggiunge un consenso nel comitato, la decisione viene rimandata al
Consiglio dei ministri, dove deve essere sostenuta dalla maggioranza qualificata. In caso in cui non
si raggiunga la maggioranza in Consiglio, l'onere della decisione ritorna alla Commissione. Dal
momento dell'entrata in vigore del regolamento, cinque varietà di mais e due di colza OGM sono
state autorizzate per la produzione di alimenti e/o mangimi. In tutti questi casi la maggioranza non è
stata raggiunta né nel comitato di esperti né nel Consiglio, e quindi l'autorizzazione è stata data
dalla Commissione, sulla base del parere positivo espresso dall'EFSA.
Il secondo regolamento, 1830/2003[5], completa il primo dettando le norme per l'etichettatura e la
tracciabilità degli OGM e introduce l'obbligo di etichettare come “prodotto da OGM” anche gli
alimenti nei quali non è possibile reperire materiale genetico, come gli oli. Viene ammesso dal
regolamento un limite dello 0.9% per la presenza accidentale di OGM (purché autorizzati) in
alimenti non OGM.
Completa il quadro normativo la Direttiva 2001/18/EC[3] sul rilascio deliberato di organismi
geneticamente modificati nell'ambiente, che ha sostituito la precedente Direttiva del 1990. Punto
cardine delle norme europee è la grande attenzione rivolta alla valutazione di tutti i rischi potenziali,
basata sul principio di precauzione, e il fatto che tutte le autorizzazioni sono garantite per un limitato
periodo di tempo durante il quale deve essere effettuato un accurato monitoraggio degli effetti
La situazione normativa in italia
L'Italia, in quanto Stato membro dell'Unione europea, ha l'obbligo di recepire le Direttive
comunitarie e di ottemperare i Regolamenti. Di conseguenza non è possibile limitare l'importazione
di prodotti OGM autorizzati a livello europeo né vietarne la coltivazione se non per motivazioni
scientificamente supportate. La penetrazione delle colture geneticamente modificate in Italia è stata
comunque fortemente contrastata dai ministri per le politiche agricole e forestali Pecoraro Scanio
(nel 2000-2001, Governo Amato II) e Alemanno (dal 2001 al 2006, Governo Berlusconi I e II).
2000: il "decreto Amato"
Il primo tentativo di bloccare l'ingresso di prodotti OGM in Italia risale al 2000 con un decreto del
Governo Amato che bloccava l'uso di prodotti alimentari derivati da 4 mais OGM, autorizzati a livello
europeo in accordo col Regolamento 258/97 basato sul principio di "sostanziale equivalenza".
Nonostante un parere dell'Istituto Superiore di Sanità non avesse evidenziato alcun rischio per la
salute umana derivante dal consumo di tali prodotti, il decreto invocava la clausola di salvaguardia,
prevista dal Regolamento 258/97, motivato dalla mancanza di una seria analisi dell'impatto
ambientale (sebbene si trattasse di prodotti alimentari e non di materiale vivente, quindi non
ponessero il rischio di riproduzione incontrollata nell'ambiente) e sul fatto che fu rilevata la presenza
di tracce della proteina transgenica (tra le 0,04 e le 30 parti per milione). Nel 2004 una sentenza del
TAR del Lazio ha annullato tale decreto in quanto non era stata prodotta alcuna prova di
pericolosità collegata a tale presenza e pertanto non esisteva alcun motivo per considerare
pericolosi tali prodotti.
2001: la ricerca scientifica
Al decreto "Amato" seguì nel 2001, da parte di Pecoraro Scanio, un provvedimento di stop a tutte le
sperimentazioni in campo agrobiotecnologico, sebbene precedentemente approvate a norma di
legge. Tale atto portò alla protesta degli scienziati italiani (nella maggior parte appartenenti ad
università e centri di ricerca pubblici), che sottoscrissero un testo pubblicato il 5 novembre 2000 sul
Domenicale del Sole 24 ore di cui redattore e primo firmatario era Roberto Defez, ricercatore del
CNR di Napoli. Tale testo raccolse oltre 1500 sottoscrizioni ed in prima linea i premi Nobel Renato
Dulbecco e Rita Levi-Montalcini, ma anche Edoardo Boncinelli, Silvio Garattini, Tullio Regge,
Angelo Spena e altri, contro l'atteggiamento di totale chiusura nei riguardi della ricerca scientifica
sugli OGM. Nel 2002 il neoministro Gianni Alemanno, nonostante le rassicurazioni formulate
durante la campagna elettorale, con un altro provvedimento chiese la sospensione delle
sperimentazioni in corso presso gli istituti che dipendevano dal Ministero delle Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali.
2003: la presenza accidentale e il recepimento della 2001/18/CE
Un altro tema molto delicato è quello della presenza accidentale di OGM nelle sementi
convenzionali. Per diversi anni l'Italia ha adottato una politica di tolleranza zero, nonostante in
Europa fosse accettata una soglia di tolleranza dello 0,5% (1 seme su 200). Sulla base di questa
politica nel 2003 la Regione Piemonte ha ordinato la distruzione di 381 ettari di mais in cui era stata
rilevata una contaminazione di OGM compresa tra lo 0,1 e lo 0,02% (ovvero tra 1 seme su 1000 ed
1 seme su 5000, l'analisi veniva comunque effettuata su 3000 semi). Tale decisione non fu seguita
dalle altre Regioni e dal Ministero, ma gli agricoltori interessati dalla distruzione non hanno in
seguito ricevuto alcun indennizzo.
L'Italia nel 2003 si è dotata di una soglia tecnica dello 0,04999%, che pur essendo molto più bassa
di quella europea costituisce un parziale allentamento della pressione[non chiaro] sul comparto
sementiero che procura la semente in Italia.
Sempre nel 2003 l'Italia ha recepito la Di