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M V P T
× = ×
Il membro destro dell’equazione quantitativa descrive le
transazioni che vengono eseguite in un dato periodo di tempo
T
(per esempio, un anno): è il numero totale degli scambi di
P
beni e servizi in cambio di moneta e rappresenta il prezzo
P T
della transazione media. Per- tanto × è il valore monetario
delle transazioni eseguite in un anno.
Il membro sinistro dell’equazione quantitativa descrive la
M
moneta utilizzata per queste transazioni: rappresenta la
V
quantità di moneta esistente nell’economia e rappresenta la
velocità di circolazione della moneta rispetto alle transazioni.
Dato che il numero delle transazioni è difficile da misurare, gli
economisti spesso ricorro- no a una notazione leggermente
diversa dell’equazione quantitativa, nella quale al numero delle
T, Y:
transazioni, viene sostituito il prodotto aggregato,
Moneta × velocità = prezzo × prodotto aggregato
M V P Y
× = ×
P P
rappresenta il prezzo dell’unità di prodotto aggregato, quindi
Y
× è il valore monetario del prodotto aggregato, cioè il PIL
V
nominale. In tale notazione è la velocità di circolazione della
moneta rispetto al reddito.
2. Cosa implica l’ipotesi di una velocità di circolazione della moneta
costante?
Se ipotizziamo che la velocità di circolazione della moneta sia
costante, possiamo interpretare l’equazione quantitativa come
una teoria del PIL nominale. A velocità di circolazione costante,
l’equazione quantitativa afferma che:
MV PY
=
V M)
Se è costante, una variazione della quantità di moneta (
PY).
causa una variazione proporzionale del PIL ( Inoltre, se
ipotizziamo che anche il prodotto aggregato sia esogenamente
determinato dai fattori di produzione e dalla tecnologia,
giungiamo alla conclusione che la quantità di moneta determina
teoria quantitativa della
il livello dei prezzi. Questa viene detta
moneta.
3. Su chi grava l’imposta di inflazione?
L’imposta di inflazione grava su chi detiene moneta: con
l’aumento generalizzato dei prezzi, il valore reale della moneta
che gli individui detengono diminuisce; in altre parole, dato che
i prezzi aumentano, una data quantità di moneta serve ad
acquistare una minore quantità di beni e servizi.
4. Se l’inflazione passa dal 6% all’8%, cosa accade ai tassi di interesse reali e
nominali, secondo l’effetto di Fisher?
L’equazione di Fisher esprime la relazione tra tasso di interesse reale e
i
tasso di interesse nominale. Il tasso di interesse nominale è
r
pari al tasso di interesse reale più il tasso di inflazione :
G
i r
= + G
Questa equazione ci dice che il tasso di interesse nominale può
variare in conseguenza di una variazione sia del tasso di
interesse reale sia del tasso di inflazione. Il tasso di interesse
reale, per ipotesi, è indipendente dall’inflazione: come abbiamo
visto nel capitolo 3, il tasso di interesse reale si aggiusta in
modo da equilibrare risparmio e investimento. Quindi, la
relazione tra tasso di inflazione e tasso di interesse nominale è
diretta ed esattamente proporzionale: se il tasso di inflazione
aumenta di 1 punto percentuale, il tasso di interesse nominale
aumenta di pari misura. Tale relazione è detta effetto di
Fisher.
Se l’inflazione aumenta dal 6 all’8%, l’effetto di Fisher implica
che il tasso di interesse nominale aumenti di 2 punti
percentuali, mentre il tasso di interesse reale rimane invariato.
5. Elencate tutti i costi dell’inflazione di cui siete a conoscenza e
classificateli in quello che considerate l’ordine di importanza.
Tra i costi dell’inflazione attesa sono compresi:
Costo delle suole. Una maggiore inflazione implica tassi di
(a) interesse nominali più eleva- ti, il che a sua volta induce gli
individui a detenere saldi monetari più bassi. Se detengono
saldi monetari più contenuti, gli individui devono recarsi in
banca con maggiore frequenza, per rifornirsi di contante.
Questo è scomodo (e provoca un più rapido consumo delle
suole).
Costo del menu. Una maggiore inflazione induce le imprese
(b) a variare più frequentemente il prezzo dei beni e dei servizi
che offrono. Questo potrebbe comportare dei costi, collegati
alla stampa e alla diffusione di cataloghi e listini.
Maggiore variabilità dei prezzi relativi. Se le imprese non
(c) aggiustano i prezzi istantaneamente, una maggiore inflazione
comporta una maggiore variabilità dei prezzi relativi. Dato
che le economie di mercato si fondano sui prezzi relativi per
allocare le risorse in modo efficiente, l’inflazione provoca
inefficienze a livello microeconomico.
Drenaggio fiscale. La normativa tributaria di solito non
(d) prevede un adeguamento del carico fiscale all’inflazione. Di
conseguenza, l’inflazione può provocare un’alterazione del carico
fiscale per individui e imprese, spesso in modi che il legislatore
non aveva previsto e non ritiene desiderabile.
Variazione continua del livello dei prezzi. Vivere in un
(e) mondo nel quale il livello dei prezzi cambia continuamente è
scomodo: la moneta è il parametro rispetto al quale si
misurano le transazioni economiche, e tale parametro perde
parzialmente la propria utilità se il suo valore cambia
continuamente.
C’è poi un costo dell’inflazione inattesa:
Ridistribuzione arbitraria della ricchezza. L’inflazione inattesa
(f) ridistribuisce arbitrariamente la ricchezza tra gli individui. Per
esempio, se l’inflazione è più elevata del previsto, i debitori ne
sono avvantaggiati e i creditori svantaggiati. Inoltre chi
percepisce una pensione definita in termini nominali subisce
un danno, perché il potere d’acquisto della moneta
diminuisce.
6. Spiegate il ruolo della politica monetaria e della politica fiscale
nell’innescare e nel far cessare fenomeni di iperinflazione.
Un’iperinflazione riflette sempre le scelte di politica monetaria.
Il livello dei prezzi non può crescere rapidamente se,
contemporaneamente, non cresce anche l’offerta di moneta; e
l’iperinflazione non può avere termine se il governo non riduce
drasticamente l’offerta di moneta. Ma questa spiegazione apre
la porta a un’altra domanda: perché un governo comincia a
stampare banconote in eccesso, e perché smette di farlo? La
risposta va cercata quasi sempre nella politica fiscale: se un
governo deve affrontare un grosso disavanzo di bi- lancio (per
esempio a causa di una guerra o di un altro evento di grande
portata) e non è in grado di finanziarlo con l’indebitamento,
per pagare i propri conti non ha altra scelta che stampare
moneta. Soltanto quando questo problema fiscale viene risolto
– riducendo la spesa pubblica o aumentando le imposte – il
governo può sperare di rallentare la crescita dell’offerta di
moneta.
7. Definite i termini variabile reale e variabile nominale e fornite un esempio
di ciascuna.
variabile reale
Una è una variabile misurata in unità che
rimangono costanti nel tempo: per esempio, una variabile
misurata in «euro costanti». In altre parole, le unità di misura
variabile
vengono aggiustate rispetto all’inflazione. Una
mi nale
o
n è misurata in unità (per esempio euro) correnti: quindi
il valore della variabile non viene aggiustato per l’inflazione. Per
esempio, una variabile reale è un Bacio Perugina, mentre una
variabile nominale è il valore corrente di un Bacio Perugina (che
negli anni 1960 era di 50 lire e nel 2001 di 50 centesimi di euro,
che corrispondevano a circa 1000 lire). Il tasso di interesse che la
banca vi dichiara – diciamo l’8% – è un tasso di interesse
nominale, dal momento che non è aggiustato per l’inflazione.
Se, per esempio, l’inflazione è del 3%, il tasso di interesse reale
– che misura l’a umento del vostro potere d’acquisto – è il 5%.
PROBLEMI E APPLICAZIONI PRATICHE
1. Durante la seconda guerra mondiale sia la Germania sia l’Inghilterra
avevano un piano che prevedeva l’utilizzo di un’arma fatta di carta: ciascun
paese stampava la moneta dell’altro, con l’intento di usarla per
«bombardare» il nemico gettandone grandi quantità dagli aerei. Perché
questa sarebbe potuta essere un’arma efficace?
Un’arma di carta sarebbe potuta essere efficace per le stesse
ragioni per cui l’iperinflazione è negativa. Come è noto,
l’iperinflazione rende i prezzi più variabili, altera in modo arbitra-
rio gli obblighi fiscali, rende l’unità di conto meno utile e, infine,
aumenta l’incertezza e causa una ridistribuzione arbitraria del
reddito. Se l’iperinflazione è sufficientemente spinta, può
indebolire la fiducia del pubblico nella politica economica e
nell’economia.
Osservate che, se aerei stranieri avessero lanciato banconote, il
governo «bombardato» non avrebbe ottenuto un’entrata da
signoraggio dalla conseguente inflazione; pertanto i benefici
normalmente associati all’inflazione sarebbero andati perduti.
2. Qualcuno una volta ha detto che «l’inflazione è il ripudio del debito». Cosa
intendeva dire, con questa affermazione? Siete d’accordo? Perché? È
rilevante che l’inflazione sia attesa o inattesa?
Un modo per capire questa affermazione è pensare che il
governo sia un debitore netto del settore privato in termini
B
nominali. Chiamiamo il debito pubblico misurato in euro. Il
B/P, P
debito in termini reali è pari a dove è il livello generale
dei prezzi. Aumentando l’inflazione, il governo aumenta i prezzi
e riduce il proprio debito in termini reali. In questo senso
possiamo dire che il governo ripudia il debito. Questo però
accade solo se l’inflazione è inattesa: in caso contrario il
pubblico chiederà un più alto tasso di interesse nominale. Il
ripudio si verifica ancora (cioè, all’a umentare dei prezzi il valore
reale del debito continua a diminuire), ma non più a spese dei
detentori del debito, poiché essi vengono ricompensati da un
più alto tasso di interesse nominale.
3. Alcuni storici dell’economia hanno notato che, durante il periodo in cui era
in vigor