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IPOTESI BIOLOGICHE ALLUCINAZIONI
Le ipotesi biologiche, insieme all'approccio cognitivo e la teoria del “Source Monitoring”, hanno provato a
spiegare l'origine delle allucinazioni, attribuendone la causa a disfunzioni dell'attività neuronale dovute ad
una alterata trasmissione dopaminergica, tuttavia ad oggi non vi è una chiara evidenza riguardo i
meccanismi fisiopatologici sottesi alle allucinazioni stesse. Il processo neuropatologico alla base del
sintomo è di origine centrale, come dimostrato da alcuni studi riguardo le allucinazioni visive indotte da
sostanze anche in persone cieche e quindi l'origine cerebrale e non dagli organi di senso. Ci si è concentrati
sulla via mesolimbica che utilizza la dopamina come neurotrasmettitore e si è visto come i farmaci usati nel
parkinson o cocaina e amfetamine inducessero deliri e allucinazioni causando una iperattività dopaminergica
della stessa via. Altre sostanze che attivano la via sono lsd e mescalina e anche queste causano
allucinazioni. Questo perchè sono sostanze che si comportano come agonisti dei recettori della serotonina
5ht2a e modulano il rilascio di dopamina. Ulteriori studi sono stati condotti tramite l'imaging cerebrale e
studi elettrofisiologici, l'elettrostimolazione è in grado di causare allucinazioni miste a ricordi, così come la
stimolazione dei lobi temporali e occipitale, infine tramite metodiche quali frmn, pet e spect ha permesso di
ipotizzare che alla base delle disfunzioni vi sia una disfunzione circuitale piuttosto che una specifica lesione.
Ci sono, fondamentalmente, due ordini di teorie: approccio biologico: le AVU potrebbero essere dovute ad
alterazioni genetiche. Wei e Hemmings 49 in uno studio di associazione, comunque mai replicato, ipotizzano
il coinvolgimento del gene del recettore di tipo A della colecistochinina (CCK-A) nell’insorgenza delle AVU.
Questo recettore si trova nel nucleus accumbens ed è implicato nel rilascio della dopamina. Gli autori
ipotizzano un’alterazione nel processo di splicing del trascritto primario che influenzerebbe la funzionalità
del recettore. approccio cognitivo: la maggior parte dei ricercatori è concorde sul fatto che le allucinazioni
verbali uditive siano una sorta di linguaggio interiore (inner speech) erroneamente attribuito ad una fonte
esterna. Il Source Monitoring (letteralmente “monitoraggio della fonte”) è la capacità di discriminare le
informazioni auto-generate da quelle provenienti dal mondo esterno 61 e consta di 3 paradigmi:
discriminazione tra informazioni provenienti da due fonti esterne (ascoltare-ascoltare); discriminazione tra
informazioni provenienti da due fonti interne (self-monitoring) (dire-immaginare); discriminazione tra
informazioni provenienti da una fonte esterna e da una fonte interna (reality monitoring) (ascoltare-dire).
Questa teoria ipotizza la possibilità di un’alterazione di quei processi della memoria episodica coinvolti
nell’immagazzinamento e nel recupero dei ricordi che comporterebbe una confusione nella ricostruzione
degli stessi e della loro origine. I dati provenienti da questi studi hanno messo in evidenza, nei pazienti
schizofrenici che esperiscono AVU, alterazioni di aree implicate nella formazione e nella comprensione del
linguaggio e delle connessioni intra- ed inter-emisferiche tra tali regioni encefaliche
INSIGHT Il termine anglosassone “insight” tradotto in italiano come “comprensione”, “convinzione” ed in
La correlazione tra assenza di
psicopatologia indica il grado di consapevolezza di malattia.
consapevolezza di malattia, sia totale che parziale (il cosiddetto "poor insight" o "unawarness of
illness"), e la non compliance al trattamento è stata ampiamente studiata in questi decenni
considerando il problema dal punto di vista sia psicopatologico, sia clinico, sia neurologico, con
risultati spesso contraddittori. Nel 1913 Jaspers propose una distinzione tra consapevolezza di
malattia e insight propriamente detto che presupponeva, invece, una corretta interpretazione sia
del tipo che della gravità dei propri sintomi: "The term ‘awareness of illness’ is applied to the
patient’s attitude when he expresses a feeling of being ill and changed, but there is no extension of
this awareness to all his symptoms nor to the illness as a whole. It does not involve any objectively
correct estimate of the severity of the illness nor any objectively correct judgement of its particular
type. Only when this is present… can we speak of insight". E Kraepelin, negli anni
immediatamente successivi, usò questo termine per spiegare l’impossibilità di alcuni pazienti
schizofrenici a fornire spiegazioni valide sui loro comportamenti: "i pazienti non hanno una reale
comprensione della gravità della malattia; come rappresentazione della incomprensibilità e
morbosità della loro condotta, i pazienti danno una risposta esplicativa la quale non dice
niente….". La mancanza o la riduzione della coscienza di malattia è ampiamente presente nei
disturbi psicotici: Pilot Study of Schizophrenia del WHO era presente nel 97% dei soggetti e studi
successivi hanno confermato sostanzialmente questi dati. Il problema dell’insight non è comunque
limitato ai disturbi psicotici in senso stretto, ma ha rilevanza clinica anche in altre condizioni
psichiatriche quali i disturbi bipolari e schizoaffettivi, la depressione, il disturbo ossessivo
compulsivo, i disturbi di personalità ed in altre patologie psichiche. Il modello neuropsicologico
Babinski, nel 1914, definì con il termine di anosognosia, cioè di mancanza di coscienza di malattia,
un fenomeno di frequente osservazione nei pazienti con lesioni dell’emisfero cerebrale destro. La
presenza o l’assenza di insight non sembra essere direttamente correlata con la gravità del quadro
psicopatologico e con le sue variazioni nel corso del trattamento
DISTURBI PENSIERO la identificazione dei disturbi e delle forme del pensiero si effettua con
la valutazione del linguaggio ed eloquio: velocità: velocità dell’eloquio, spontaneità delle verbalizzazioni,
estensione delle intonazioni, il volume, la prosodia, i difetti di verbalizzazione come la balbuzie, eventuali
afasie ecc… quantità pattern organizzativi e con la valutazione dei contenuti del pensiero. un soggetto può
presentare un linguaggio formalmente corretto in presenza di alterazioni patologiche del contenuto, un
linguaggio patologico per forma ma non per contenuti, oppure patologico per forma o contenuti, oppure
Il pensiero presenta un ordine
indenne da elementi patologici sia per forma che per contenuti
formale, determinato dalla strutturazione (o ideazione), funzione che relaziona tra loro
le singole idee. È possibile distinguere due tipi di disturbi del Pensiero: Disturbi formali
del Pensiero e Disturbi del contenuto del Pensiero. Fra i disturbi di forma: I disturbi
quantitativi del pensiero rappresentano tutte le condizioni in cui la quantità del pensiero risulta
alterata patologicamente. La logorrea è l’impulso irrefrenabile di un soggetto a parlare senza lasciare spazio
all’interlocutore ed è tipico degli stati ipomaniacali e maniacali. La riduzione della quantità del pensiero è
tipica invece dei soggetti depressi o con disabilità intellettiva, può essere rappresentata dal mutismo (assenza
di risposta alle domande), rallentamento dell’eloquio (difficoltà a mantenere una conversazione e trovare le
parole), povertà dell’eloquio (pronunciare frasi ridotte al minimo) o del suo contenuto (utilizzo di frasi prive
di contenuto). Il blocco del pensiero è l’apice del rallentamento del pensiero ed è un sintomo tipico della
depressione e in casi di estremo rallentamento, si può arrivare appunto al blocco del pensiero in cui il
soggetto si interrompe a metà di una frase, tace per qualche momento e afferma di non ricordare barrage. I
disturbi qualitativi sono tipici della schizofrenia come la RUMINAZIONE in cui il soggetto insiste
costantemente sullo stesso tema, senza mai giungere ad una conclusione. Di solito corrisponde alla presenza
di un’idea prevalente a livello del contenuto di pensiero. Sistema logico di riferimento compromesso
parzialm si ha illogicità o totalm compromesso si ha insalata di parole. TANGENZIALITA’ che è un disturbo
in seguito al quale un soggetto risponde a un precisa domanda in maniera solo marginalmente collegata al
tema della domanda stessa. Nella tangenzialità il fine è solo marginalmente perseguito e il soggetto non
risponde alle domande in maniera diretta e pertinente ma parte da un punto senza mai arrivare alla fine. Un
altro disturbo del pensiero della forma qualitativa è il DERAGLIAMENTO ed è un fenomeno per il quale il
filo del pensiero sembra per un certo tempo essere logico poi improvvisamente devia da un tema ad un altro.
Si verifica un rallentamento dei nessi associativi fino alla perdita di finalizzazione con totale incoerenza. Il
filo del discorso interno tiene per il soggetto al punto che questi sarà meravigliato delle richieste di
spiegazione del senso delle sue parole. L’ideazione incoerente invece è una frammentazione e sconnessione
del pensiero in cui la mancanza di continuità si estende all’interno delle singole frasi, rendendo il discorso
incomprensibile. Il neologismo, si tratta di parole nuove, coniate dal soggetto e prive di significato
generalmente sconosciuto. Spesso sono ottenute attraverso la combinazione di sillabe di altre parole che
hanno per il soggetto uno specifico significato, per lo più risultano incomprensibili. Le risposte di traverso
sono risposte assurde, vaghe nel loro significato e in contrasto con quanto detto prima; si tratta perlopiù di
risposte molto rapide che vengono fornite a seguito di domande più esigenti e con il prolungarsi del
colloquio. La diffusione del pensiero è diffusa ed esprime così come il pensiero magico esprimeva la
convinzione di condizionare una situazione, nella diffusione del pensiero che la persona possa essere
partecipe anche stando in silenzio. È la convinzione dell’immediata partecipazione degli altri ai propri
contenuti del pensiero. Il paziente è convinto che i propri pensieri siano conosciuti e sentiti dagli altri nel
momento in cui sono pensati. Esiste anche l’eco del pensiero, dove il soggetto sente i propri pensieri ripetuti
ad alta voce o come un’eco immediatamente seguente al pensiero stesso. Questo fenomeno è particolarmente
presente quando il paziente legge o scrive. Il furto del pensiero consiste nel fatto che i pensieri del paziente
sono stati sottratti per cui egli ne è completamente privo; è come se una forza esterna avesse sottratto il
pensiero mentre il soggetto lo stava formulando.