E’
L'anafonesi (dal greco anà "sopra" e fonè "suono" = "innalzamento di suono") è
l’innalzamento delle due vocali chiuse toniche, e (che passano r
e o ispettivamente a i e
davanti a determinanti foni consonantici.
a u)
Si innalzano di un tono perché per pronunciarle la lingua e il labbro inferiore sono più in
.
alto
In determinati contesti, queste due vocali, e e o, passano rispettivamente a i e a u, per effetto di un
innalzamento articolatorio (nel pronunciarle, la lingua e il labbro inferiore sono più in alto).
L'anafonesi si produce con [e] e [o] toniche, si verifica, infatti, in due casi:
la [e] del latino volgare diventa [i] davanti a GL e GN, purché provenienti
dal latino classico Lj e Nj
es: familia > faméglia > famiglia; graminea > gramégna > gramigna
con la precisazione che se GN proviene da un nesso latino GN l’anafonesi
non si produce, per esempio lignum > legno, signum > segno ,
a [e] del latino volgare diventa [i] tonica, e la [o] diventa [u] quando
l
segue o seguiva una nasale velare, ossia davanti a nessi NG, NK, tuttavia
nella formula ONK la O si conserva.
Es: LINGUAM>LENGUA>LINGUA
VINCO> VENCO > VINCO
FUNGUM>FONGO> FUNGO
Poiché il fenomeno è tipicamente fiorentino, è anche una delle tracce più evidenti dell'origine fiorentina
dell'attuale lingua italiana. 25
Illustrate ed esemplificate i seguenti fenomeni fonetici: a) chiusura delle
vocali toniche in iato; b) evoluzione della labiovelare sorda latina.
La chiusura delle vocali in iato (o devocalizzazione dello iato) è un fenomeno di cambiamento
linguistico per cui una vocale in iato perde il suo statuto di nucleo sillabico, diventando asillabica; esso
(quando, cioè, sono prodotte con il
/E/ e /O/, aperte
riguarda le vocali toniche
maggior spazio possibile tra lingua e palato) quando, cioè,
o chiuse (
articolata con il minimo spazio tra lingua e palato)
, che, se seguite da un’altra
vocale (che non sia /I/), tendono a chiudersi fino ad arrivare alle vocali estreme
/I/ /U/
La devocalizzazione è frequente in ogni lingua, specialmente nel parlato a ritmo allegro o negli stili
trascurati, a causa della difficoltà che comporta l'articolazione dello iato.
Si tratta di un fenomeno che ha però avuto un ruolo particolarmente importante nel passaggio dal latino
alle lingue romanze. In particolare, nel latino volgare la devocalizzazione ha portato alla creazione dei
fonemi /j/ e /w/, che successivamente hanno portato a modifiche nel sistema consonantico.
Es:
PA-RĬ-ĔTEM > PA-RIE-TEM > PARETE
BA-TŬ-ĔRE > BA-TUE-RE> BATTERE
La occlusiva velare sorda (indicata con il simbolo [k] nell'alfabeto fonetico internazionale e che, nella
, è il )
lingua italiana fono rappresentato dalla lettera C seguita dalle vocali A, O o U o dal digramma CH
seguita dalla semivocale [w]
(rappresentata con il simbolo nell'alfabeto fonetico internazionale (IPA),
produce il suono labiovelare sordo.
/u/)
ma che in molte lingue, compreso l’italiano, corrisponde a
• La labiovelare sorda del latino (primaria),
1) se seguita dalla vocale A:
- in posizione iniziale si conserva: QUALE(M) > quale QUANTU(M) > quanto QUANDO
> quando
- in posizione intervocalica si allunga: AQUA(M) > acqua
2) Se è seguita da vocale diversa da A, perde l'elemento labiovelare e passa a occlusiva velare:
QUĬD > che QUOMO(DO) + ET > come QUAERERE > chiedere
La labiovelare che si è prodotta nel passaggio dal latino volgare all'italiano (secondaria) si conserva
sempre, indipendentemente dalla vocale che segue: (EC)CU(M) + ĬSTU(M) > questo (EC)CU(M) +
ĬLLU(M) > quello
Indicate un fenomeno ciascuno relativo a: a) vocalismo;
b) consonantismo; c) morfologia; d) sintassi avvenuto
nel passaggio dal latino volgare al volgare italiano. 26
La trasformazione del latino parlato, che a un certo punto nell’ambito del più vasto processo che investì
l’intera Europa romanizzata portò in Italia alla “nascita” dell’italiano, fu un processo lento e graduale e fu
caratterizzata da una serie di fenomeni che coinvolsero tutto il sistema della lingua.
In particolare:
- con riferimento alle vocali, venuti meno sia la distinzione tra vocale lunga a e vocale corta a, nonché
sono
il dittongo ae, divenuto e (o ie);
- avuto riguardo alle consonanti, un fenomeno particolarmente importante è è la caduta della consonante
finale
Questi mutanti hanno comportato un importante stravolgimento nel campo della morfologia e della
sintassi, determinando il venir meno delle desinenze, con estrema semplificazione.
In latino, infatti, ogni nome (come ogni aggettivo e ogni pronome) esprimeva la diversa funzione
che le parole avevano nella frase mediante apposite desinenze che variavano funzione per funzione:
ogni nome, infatti, cambiava la desinenza a seconda dei “casi” e, quindi, a seconda delle funzioni
che esso aveva nella frase.
Da un punto di vista sintattico, venendo meno le desinenze e, quindi, i casi, al fine di indicare la
funzione sintattica della parola nella frase si provvide in due modi
1) estendendo il ricorso alle preposizioni;
2) vincolando l’ordine delle parole, che nel latino era libero, all’interno della frase.
Sul piano della sintassi, oltre alla scomparsa dei casi che indicavano i rapporti tra le parole, i
■
fenomeni più rilevanti sono: la tendenza del latino parlato e poi dell’italiano di sostituire la
subordinazione, tipica del latino classico, con la coordinazione, più semplice e più vicina alle
■
caratteristiche di lingua parlata con cui il volgare nasceva; l’affermarsi di nuove forme di
subordinazione, più facili e più chiare
Illustrate la nascita, la storia e le regole d'uso antiche
dell'articolo determinativo
La nascita dell’articolo determinativo rappresenta uno tra i fenomeni che caratterizzano il passaggio
dal latino all’italiano sul piano della morfologia e che si muovono tutti nella direzione di una
sostanziale semplificazione della struttura originaria.
La creazione degli articoli è dovuta, principalmente, all’esigenza del parlante di indicare oggetti,
persone e animali con precisione e gli articoli determinativi, in particolare, derivano d all'evoluzione
fonetica degli aggettivi dimostrativi latini ille (quello), illa (quella) e illud (aggettivo dimostrativo neutro,
corrisponde a "quello") che sono divenuti il,la,lo italiani.
L'articolo non esisteva in latino, solo nel latino tardo, i dimostrativi ILLE/ILLA cominciano a
essere adoperati con la funzione ora ricoperta dall'articolo determinativo.
Nell'antico volgare esisteva un solo articolo maschile: (IL)LU(M) ed era usato indipendentemente
dal contesto sintattico, senza essere condizionato dal suono seguente; successivamente divenne
importante il suono che precedeva l'articolo: non più guardar lo cielo ma guardare l cielo.
In seguito, si introdusse una vocale d'appoggio, anche per consentirne la pronuncia autonoma. A
Firenze la vocale di appoggio fu inizialmente e, successivamente, per chiusura di e protonica, i: el >
il.
Nella Toscana occidentale rimane sempre el; da qui passa nuovamente a Firenze tra la fine del
Trecento e gli inizi del Quattrocento. 27
Con lo sviluppo di il si ebbero due forme per il maschile singolare:
- lo a inizio assoluto di frase: Lo padre mio nacque in mare
- lo dopo parola terminante per consonante: Far lo bene altrui
- il dopo parola terminante con vocale: Fue il padre suo.
La regola si è persa, con l'eccezione di qualche relitto: per lo meno, per lo più.
Per quanto riguarda il maschile plurale: (IL)LI > li amici > ljamici > [ʎi] amici, i fu una successiva
riduzione di gli
Chiarite il significato di segno diacritico e esemplificate tramite il
sistema ortografico italiano
Illustrare la formazione del futuro e del condizionale romanzi
Il tempo futuro in italiano (e nelle lingue romanze) non è la
continuazione della forma sintetica latina (laudabo laudabis, monebo
monebis per la I e la II coniugazione, legam leges, sentiam senties per la III
e la IV), ma è una innovazione che nasce da una struttura
perifrastica, che si diffonde nel latino volgare (cioè, con un po’ di
semplificazione, il latino parlato) e da lì passa alle lingue romanze;
tale struttura era così formata:
infinito del verbo + presente indicativo di habere
La forma verbale futura esprimeva, quindi, in origine, un’idea di
dovere, qualcosa di necessario che si proiettava automaticamente nel
futuro, e da ciò via via assunse il valore di predizione attraverso
passaggi intermedi rappresentati dalla volontà e dall’intenzionalità.
Inizialmente l’ordine della perifrasi era con habeo in prima posizione,
quindi habeo + verbo all’infinito, per poi invertirsi con l’infinito
preposto all’ausiliare (cantare habeo).
La nuova forma sintetica grammaticalizzata è documentata già nella
prima metà del VII sec. d.C. in ambiente gallo-latino, nella Cronica di
Fredegario (daras ‘darai’).
La ragione della nascita del “nuovo” futuro si fonda sulla debolezza
del futuro latino, che si presentava irregolare, avendo due forme
diverse tra le prime due coniugazioni (amabit, monebit) e le altre due 28
(leget, dormiet), quindi con -b- come marca di futuro per la I e la II, e
con la vocale -e- per le altre due. In entrambi i casi gli sviluppi nel
latino volgare avrebbero creato confusione: con le forme del perfetto
e dell’imperfetto per il passaggio da /b/ a /v/ nella I e nella II
coniugazione e con le forme del presente indicativo o del
congiuntivo nella III e nella IV coniugazione.
Per quanto riguarda, invece, il condizionale, va ricordato che tale
modo verbale era sconosciuto al latino (in cui il congiuntivo
assolveva le funzioni sia del congiuntivo italiano sia del
condizionale), mentre si è sviluppato come innovazione nelle lingue
romanze e anche in altre lingue (inglese, tedesco, russo, ecc.).
Il condizionale presente si è formato con lo stesso meccanismo del
futuro, cioè a partire da una struttura perifrastica, analitica: infinito
+ habui (perfetto di habere che in lat. volg. diventa *hebui e si riduce
poi a -ei) e con successiva grammaticalizzazione di habere:
infinito verbale + *hebui >
Tale forma del condizionale in toscano (e da lì nell’italiano standard)
non è l’unica; in particolare va segnalata la formazione di infinito +
imperfetto habebam molto diffusa in vari dialetti italiani (e
precocemente nella ling
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