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Il problema dell’impresa civile
L’Impresa Civile, NON svolge "attività industriale" in senso tecnico, poiché, non trasforma materie prime e, d'altro canto, non svolgerebbe
attività d'intermediazione di cui al n. 2 dell'art. 2195; si osserva, infatti, che le imprese minerarie, per esempio, non trasformano materie prime
e che quando un soggetto vende beni propri, non svolgerebbe l'attività "intermediaria nella circolazione dei beni" proprio perché manca
l'attività dell'acquistare e rivendere. Di conseguenza l'imprenditore civile non rientrerebbe nella categoria degli imprenditori commerciali e non
dovrebbe soggiacere al relativo statuto. La figura dell'impresa civile non è però accettata da parte autorevole (e maggioritaria) della dottrina,
oltre a essere praticamente ignorata dalla giurisprudenza; tra le critiche che si pongono a tale figura, la più fondata è quella che riguarda la
disparità di trattamento tra le imprese commerciali vere e proprie e quelle civili; queste ultime (spesso di grandi dimensioni) non potendo
fallire godrebbero di una posizione di favore di cui non si comprende il fondamento; non si capisce, infatti, perché non dovrebbe fallire una
impresa mineraria, magari di grandi dimensioni e con centinaia di dipendenti, mentre potrebbe fallire l'impresa che trasforma i prodotti estratti
in miniera; in entrambi i casi, infatti, si pongono gli stessi problemi di tutela dei creditori, delle maestranze etc.
Piccolo imprenditore. Impresa familiare
Art. 2083 c.c., sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività
professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Per avere un piccolo imprenditore è quindi
necessario che: a) l’imprenditore presti il suo lavoro nell’impresa; b) il suo lavoro e quello degli eventuali familiari prevalga (in senso
qualitativo -funzionale) rispetto al capitale proprio o altrui investito nell’impresa e rispetto al lavoro altrui. Come conseguenza, ad esempio,
non è mai piccolo imprenditore chi investe ingenti capitali (un gioielliere), anche se non si avvale di nessun collaboratore. I piccoli
imprenditori NON falliscono. Le società NON sono considerate, in nessun caso, piccoli imprenditori. Non è un piccolo imprenditore chi ha un
numero consistente di dipendenti o un rilevante capitale. Il criterio della prevalenza del lavoro familiare è applicabile solo all’imprenditore
persona fisica. È Impresa Familiare l’impresa nelle quale collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado
dell’imprenditore: è la cosiddetta famiglia nucleare. Il lavoro familiare nell’impresa era ed è fenomeno largamente diffuso ed era fenomeno
che in passato poteva dar luogo ad abusi ed ingiustizie in quanto il lavoro familiare si presumeva prestato a titolo gratuito. Con la riforma del
diritto di famiglia del 1975 il legislatore ha voluto predisporre una tutela minima del lavoro familiare nell’impresa. Il lavoro familiare non ha
l’obbligo delle scritture contabili.Deve iscriversi nella sezione speciale del registro delle imprese anche se solo con finalità di pubblicità
notizia.
Le attività agricole per connessione
Si tratta di attività oggettivamente commerciali, ma che vengono trattate come agricole a condizione che sussistano: • Connessione soggettiva:
il soggetto che le svolge è lo stesso che svolge attività agricole essenziali coerenti con le attività connesse; • Connessione oggettiva: le attività
devono consistere nella trasformazione, conservazione, commercializzazione di prodotti ottenuti prevalentemente nell’esercizio delle attività
agricole principali, oppure utilizzando prevalentemente le attrezzature dell’azienda agricola.
Il ruolo della distinzione
Il Sistema dei Segni Distintivi sono collettori di clientela in quanto consentono di individuare una data impresa sul mercato e distinguerla dai
concorrenti. Attorno ai segni distintivi ruotano i seguenti interessi: •Tutela per gli imprenditori precludendo ai concorrenti l’uso di segni
similari idonei a creare confusione •Tutela per i terzi che entrano in contatto con l’azienda a non essere tratti in inganno sull’identità
dell’imprenditore. •Tutela di uno svolgimento ordinato e leale della competizione concorrenziale. In generale l’imprenditore gode di ampia
libertà nella formazione dei propri segni distintivi ma deve pur sempre rispettare determinate regole. Ha diritto all’uso esclusivo dei propri
segni distintivi (diritto relativo - strumentale) e può trasferire ad altri i propri segni distintivi.
L’imprenditore agricolo. Le attività agricole essenziali
È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Coltivazione del fondo, selvicoltura ed allevamento di animali sono attività tipicamente agricole. Esse hanno però subito una profonda
evoluzione dal 1942 ad oggi. Oggi il progresso tecnologico può dar luogo ad ingenti investimenti di capitali anche in agricoltura e può
sollevare sul piano giuridico il dubbio se alcuni imprenditori agricoli debbano essere ricompresi sotto la disciplina delle imprese commerciali
(è quindi se è giusto il loro esonero dalla tenuta delle scritture contabili nonché dal fallimento). Al riguardo si è stabilito che è impresa agricola
ogni impresa la cui attività è fondata sullo svolgimento di un ciclo biologico naturale. Nessuna rilevanza ha il modo di produzione (e quindi se
si utilizzano ingenti capitali). L’attuale articolo 2135 afferma che: per coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali si
intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il
fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Il criterio dimensionale. La piccola impresa
Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale
organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Per avere un piccolo imprenditore è quindi necessario che:
1) l’imprenditore presti il suo lavoro nell’impresa; 2) il suo lavoro e quello degli eventuali familiari prevalga (in senso qualitativo-funzionale)
rispetto al capitale proprio o altrui investito nell’impresa e rispetto al lavoro altrui. Come conseguenza, ad esempio, non è mai piccolo
imprenditore chi investe ingenti capitali (un gioielliere), anche se non si avvale di nessun collaboratore. I piccoli imprenditori non falliscono.
Le società non sono considerate, in nessun caso, piccoli imprenditori. Il criterio della prevalenza del lavoro familiare è applicabile solo
all’imprenditore persona fisica.
L’impresa societaria
Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni e/o servizi per l’esercizio in comune di un attività economica con lo scopo di
dividerne gli utili. Oggi le SRL e SPA possono essere costituite anche con atto unilaterale. Le società si caratterizzano per: • Conferimenti dei
soci; - Esercizio in comune di attività economica; -Divisione degli utili. Lo scopo può essere lucrativo oggettivo (conseguire gli utili),
soggettivo (dividerli tra i soci), mutualistico cioè fornire ai singoli soci un vantaggio patrimoniale diretto che può consistere in un risparmio di
spesa o maggior remunerazione del lavoro dei soci, o consortile cioè coordinare attività economiche con oggetto analogo o lo svolgimento di
determinate fasi delle rispettive imprese es. consorzi.
L’impresa artigiana
Secondo la legge quadro del 1985 la definizione di artigiano è basata: · sull’oggetto dell’impresa, che può essere costituito da qualsiasi attività
di produzione di beni o di prestazioni di servizi con alcuni limiti ed esclusioni; · sul ruolo dell’artigiano nell’impresa, richiedendo che esso
svolga in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. Ma non che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori
produttivi. La qualifica di impresa artigiana è riconosciuta anche alle imprese costituite in forma di società di persone, di S.r.l e di cooperative,
purché ricorrano determinate condizioni. Ma, per le società, il fatto di essere società artigiane comporta il solo vantaggio di godere di una serie
di provvidenze (vantaggi) a favore dell’artigiano create dalle regioni. Sono soggette al fallimento. In passato, invece, tali società erano sottratte
al fallimento. Ed era diversa anche la nozione di impresa artigiana. Per la legge del 1956, il dato caratterizzante dell’impresa artigiana
risiedeva nella natura “artistica o usuale” dei beni o servizi prodotti e non nella prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. Per
acquisire lo status di impresa artigiana, l’imprenditore deve iscriversi presso la specifica sezione delle camere di commercio, competenti per
Provincia di appartenenza della sede legale, cui è affidata la gestione dell’Albo delle imprese artigiane. L’iscrizione dovrà avvenire
necessariamente entro i trenta giorni successivi al materiale avvio dell’attività, pena l’applicazione di sanzioni amministrative.
Il piccolo imprenditore nella legge fallimentare
Il fallimento è la più nota delle procedure concorsuali ed è disciplinato dal Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267 (cosiddetta legge fallimentare)
significativamente modificato di recente dal D.Lgs 9 gennaio 2006 n.5 e dal D.Lgs 12 settembre 2007 n.169 (in vigore dall'1.1.2008) che
hanno riformato il diritto fallimentare e le cui disposizioni si applicano ai fallimenti dichiarati a partire dal 16 luglio 2006 (l'art.150 del D.Lgs
n.5/2006 stabilisce che le procedure di fallimento e di concordato fallimentare pendenti alla stessa data sono definiti secondo la legge
anteriore).
I presupposti per la dichiarazione di fallimento sono:
• lo stato di insolvenza del debitore
• la natura di imprenditore commerciale privato: sono esclusi dal fallimento gli Enti Pubblici (ad es. tutti gli enti territoriali: Comuni, Province,
Regioni), gli imprenditori agricoli e i cosiddetti “piccoli imprenditori” che, in base all'art.2083 C.C., sono i coltivatori diretti, gli artigiani, i
piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della
famiglia. Il Decreto del 2006 ha però soppresso il riferimento al “piccolo imprenditore” quale soggetto escluso dal fallimento ed