Farmaci antagonisti del recettore H2 istaminico: farmacocinetica,
farmacodinamica, usi clinici, dosi terapeutiche, effetti collaterali e
principali interazioni tossiche con farmaci.
Alla categoria dei farmaci antagonisti dei recettori istaminergici H2 compaiono
la cimetidina, ranitidina,famotidina e nizatidina. Tutti e 4 sono rapidamente
assorbiti attraverso il tratto gastrointestinale e ad eccezione per la nizatidina
l'effetto di primo passaggio è rilevante. Le emivite sono comprese tra 1 e 4 ore
ma la durata d'azione dipende dalla dose somministrata. Gli H2 antagonisti
sono antagonisti competitivi dei suddetti recettori, dei quali una delle principali
localizzazioni è rappresentata dalle cellule parietali della mucosa gastrica.
Pertanto, questi farmaci ,anche se sono stati progressivamente sostituiti nella
maggior parte delle indicazioni cliniche, sono impiegati nel trattamento del
reflusso gastroesofageo o nell'ulcera peptica da stress o da helicobacter pylori
in associazione con altri antibiotici. Per quanto concerne le dosi terapeutiche la
cimetidina ha una posologia usuale di 800 mg per 2 volte al giorno;la ranitidina
e la nizatidina di 150 mg per 2 volte al giorno;famotidina 20 mg per 2 volte al
giorno. Gli antagonisti H2 sono farmaci con alto indice di sicurezza e gli effetti
collaterali compaiono in meno del 3 % dei pazienti e consistono in diarrea o
stipsi,cefalea, astenia e mialgie. La cimetidina ad alte dosi o per lunghi periodi
può causare ginecomastia ed impotenza nell'uomo e molto raramente gli H 2
antagonisti possono dare discrasie ematiche. La cimetidina interferisce con
diverse importanti vie di metabolizzazione epatica dei farmaci mediate dagli
enzimi del citocromo p 450 e gli H2 antagonisti competono con la creatinina ed
alcuni farmaci (procainamide per esempio) per i trasportatori responsabili della
secrezione tubulare. Tutti questi agenti inoltre, ad eccezione della famotidina
,inibiscono la metabolizzazione gastrica dell'etanolo particolarmente nelle
donne.
Derivati dell’acido fibrico (fibrati): farmacocinetica, farmacodinamica,
usi clinici, dosi terapeutiche, effetti collaterali, tossicità e principali
interazioni tossiche con farmaci.
I fibrati svolgono un azione sul metabolismo delle lipoproteine attivando i
recettori PPARα che fungono da fattori trascrizionali determinando : aumentata
degradazione delle VLDL per attivazione delle lipoproteinlipasi ;regolazione
positiva di ApoA-I e ApoA-II; regolazione negativa di ApoC-III. L'assetto lipidico è
così modificato portando riduzione di VLDL,LDL,trigliceridi e aumento di HDL. I
fibrati dopo somministrazione orale sono rapidamente assorbiti, si legano alle
proteine plasmatiche e dopo essere stati glucoronoconiugati vengono escreti
quasi totalmente per via urinaria. Questi farmaci sono utili nelle
ipertrigliceridemie in cui predominano le VLDL e per quanto concerne la
posologia il gemfibrozil è somministrato alla dose di 600 mg 2 volte al giorno e
il fenofibrato alla dose di 145 mg/die. I fibrati sono in genere ben tollerati ma
possono dare rash cutanei, cefalee, mialgia, miopatia con rabdomiolisi e in
alcuni casi riduzione dell'ematocrito. Sia gemfibrozil che fenofibrato potenziano
l'attività degli anticoagulanti cumarinici e se dati con inibitori delle riduttasi si
aumenta il rischio di miopatia. Nonostante gli effetti collaterali in seguito all’
associazione con le statine, questo tipo di associazione con i fibrati è proposta
per i casi più gravi.
Disturbi della menopausa :i principi generali della terapia ormonale
sostitutiva ,i farmaci usati in terapia, loro caratteristiche
farmacocinetiche e farmacodinamiche, effetti collaterali,
controindicazioni, preparazioni e posologia, e principali interazioni
tossiche con farmaci.
In aggiunta ai segni ed i sintomi che insorgono dopo la cessazione della
funzione ovarica, quali perdita delle mestruazioni, alterazioni del sonno ed
atrofia genitale , si può avere un'accelerazione della perdita di massa ossea e
modificazioni del profilo lipidico che possono contribuire ad accelerare le
patologie cardiovascolari aterosclerotiche rilevate nelle donne dopo la
menopausa. Gli estrogeni costituiscono insieme ai progestinici i componenti
della terapia ormonale sostitutiva. La terapia sostitutiva con estrogeni ha
effetto favorevole sui lipidi circolanti, sul controllo dei sintomi della menopausa
e nel prevenire e trattare gli effetti dell'osteoporosi. I progestinici in
associazione con gli estrogeni contrastano gli effetti trofici di questi ultimi
sull’endometrio. Sia i progestinici che gli estrogeni sono ben assorbiti per via
orale e dopo essere metabolizzati nel fegato sono escreti con le urine. Gli
estrogeni coniugati hanno posologia pari a 0,3-1,25 mg/ die o di 0,02 mg/ die di
etinilestradiolo ;dosaggi intermedi consentono di prevenire la riduzione della
densità ossea post menopausa. Pazienti a basso rischio osteoporotico possono
essere trattate con preparazioni topiche anche se in questo caso si ha
assorbimento e per questo dovrebbero essere somministrate ciclicamente. La
somministrazione di un progestinico con estrogeni previene il rischio di
sviluppo del carcinoma dell’endometrio. Somministrando estrogeno per i primi
25 giorni del mese e aggiungendo il progestinico medrossiprogesterone
durante gli ultimi 10-14 giorni, il rischio è solo la metà di quello delle donne non
trattate con la terapia ormonale sostitutiva. L'azione di questi farmaci è relativa
al legame con recettori specifici appartenenti alla famiglia dei recettori nucleari
(degli estrogeni o dei progestinici) e tra gli effetti collaterali compaiano
emorragie uterine , nausea, cefalea, ipertensione, cancro,come già accennato.
Gli estrogeni non dovrebbero essere usati in donne con neoplasie estrogeno-
dipendenti o in pazienti con malattie epatiche ed essere evitato da donne
fumatrici. Le preparazioni orali hanno più effetto di quelle transdermiche ;per
via transdermica è alla dose di 50-100 microgrammi l'estradiolo o di 0,625
milligrammi di estrogeni coniugati e 2,5 milligrammi di medrossiprogesterone
acetato. Gli estrogeni da soli sono assunti nei giorni 1- 14 e la combinazione nei
giorni 15-28. Gli estrogeni dati in associazione a benzodiazepine comportano
un aumento della sedazione mentre se dati con antiepilettici si ha un aumento
della loro clearance.
Amine simpaticomimetiche dirette: farmacocinetica, farmacodinamica,
usi clinici, dosi terapeutiche, effetti collaterali e tossici, principali
interazioni tossiche con farmaci.
I simpaticomimetici diretti agiscono direttamente su uno o più recettori
catecolaminergici e possono essere classificati in: catecolamine; agonisti Alfa
adrenergici; agonisti beta adrenergici; agonisti dei recettori dopaminergici. Tra
le catecolamine endogene compaiono: adrenalina, noradrenalina, dopamina.
L'adrenalina interagisce sia con i recettori Alfa che con i recettori beta e gli usi
clinici si basano sulle sue azioni sui vasi, cuore e muscoli bronchiali.
L'adrenalina viene impiegata per lo più per la rapida risoluzione delle reazioni
di ipersensibilità a farmaci, per prolungare l'azione degli anestetici locali o per
ripristinare il ritmo cardiaco in pazienti con arresto cardiaco. Questa amina può
essere data per via sottocutanea, intramuscolo, endovena e inalatoria e una
volta assorbita è degradata dalle MAO o COMT epatiche. Tra gli effetti
collaterali più gravi compaiono emorragie e aritmie cardiache e il suo utilizzo è
controindicato in pazienti con antagonisti non selettivi dei recettori beta per
aumento del rischio di emorragia cerebrale. La noradrenalina ha invece Minore
azione sui recettori beta 2 con azioni dunque rilevanti sul sistema
cardiovascolare ed è disponibile sia per via orale che endovenosa. La
noradrenalina è usata nelle fasi complicate dello shock cardiogeno alle dosi di
1,5 μg/Kg/min dando bradicardia e aumento della pressione. La dopamina
agendo con i recettori dopaminergici è usata nel trattamento dello shock
settico e cardiogeno ma a dosi elevate può esercitare un effetto inotropo
positivo agendo sui recettori beta 1. Somministrata per via endovenosa ha
un'emivita di 2 minuti, durata d'azione di 5 minuti e il metabolismo è anche in
questo caso ad opera delle MAO e delle COMT. Questa catecolamina è usata
nello shock cardiogeno alle dosi di 10 μg/Kg/min causando però vasocostrizione
e tachicardia. Gli agonisti Alfa 1 inducono vasocostrizione e sono usati come
decongestionanti o midriatici in preparazioni per uso topico o sistemico. Le dosi
previste sono pari a 300 μg/die con emivita di circa 3 ore e aumento delle
resistenze vascolari come effetto collaterale che può aumentare sia tali farmaci
sono associati gli inibitori delle MAO. Gli Alfa 2 agonisti sono disponibili per via
orale e transdermica rispettivamente alle dosi di 150-300 μg e 1-3mg
manifestando tuttavia ipotensione addirittura additiva se dati insieme ad altri
farmaci antipertensivi. L’ emivita è di 12 ore e causano xerostomia e
sedazione. Sono usati nell'ipertensione arteriosa. Tra i beta1 agonisti solo la
dobutamina è impiegata per via intracardiaca in casi estremi, mentre i beta 2
agonisti sono essenziali e nel trattamento del broncospasmo dei pazienti
asmatici alle dosi di 1 mgper via inalatoria. Si danno preferibilmente per via
inalatoria in modo da dare rapida insorgenza d'azione e l'emivita è di 3-4 ore
circa. Per brevi periodi tali farmaci possono causare tachicardia, ipossiemia e
per lunghe terapie tachifilassi abitudine. E’ sconsigliata la concomitante
assunzione dei beta 2 agonisti con i beta bloccanti non selettivi in quanto
questi ultimi potrebbero dare broncospasmo. Gli agonisti D1 trovano impiego
nella ipertensione arteriosa nel 3 gli agonisti D 2 nel morbo di Parkinson per via
orale con effetti spiacevoli quali nausea, cefalea, ipotensione ortostatica.Gli
agonisti D 2 sono forniti per via orale alle dosi di 7,5 mg con emivita compresa
tra le 2 e le 8 ore . Con gli inibitori delle MAO possono manifestare crisi
ipertensive e pertanto è sconsigliato il loro concomitante utilizzo.
Noradrenalina e dopamina nel trattamento dello shock cardiogeno:
farmacocinetica, farmacodinamica, principi generali della terapia, dosi
terapeutiche, effetti collaterali e tossici.
Lo shock cardiogeno è una condizione medica molto grave che insorge molto
spesso a seguito di un infarto del miocardio e che si caratterizza per una ridotta
capacità ventricolare con conseguente inadeguata irrorazione e ossigenazione
degli organi e tessuti del corpo. La terapia farmacologica è fondamentale
soprattutto nelle prime fasi dello shock in quanto evita un peggioramento della
situazione e tra questi figurano la noradrenalina e la dopamina. La
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