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CASINO NOBILE
Valadier tra il 1802 e il 1806 eseguì i lavori di ristrutturazione e ampliamento del Casino
Nobile inglobando la vecchia struttura e aggiungendovi avancorpi, porticati ed ariose
terrazze.
Per rendere ben visibile il Palazzo a chi arrivava anche da fuori città, all'originaria
semplice facciata in direzione di via Nomentana, ideata da Valadier, fu addossato un
maestoso pronao con loggia monumentale sovrastante chiusa da un frontone triangolare
entro cui è stato posto un altorilievo in terracotta di Rinaldo Rinaldi raffigurante "Bacco
che torna trionfante dalle Indie su un carro trainato da tigri".
Le due piccole ali porticate progettate da Valadier furono sostituite da due portici con
colonne doriche a cingere i fianchi est ed ovest del Palazzo, formando delle sporgenze
semicircolari ai quattro angoli.
La severa e imponente monumentalità dell’edificio veniva introdotta da un’ampia
cordonata d’accesso scandita un tempo da colossali statue antiche.
Ma l’intervento più rilevante di Caretti fu quello relativo alle decorazioni interne che, più
delle architetture, definirono in senso del tutto nuovo la spazialità degli ambienti.
Il piano terra e il piano nobile svolgevano funzioni di alta rappresentanza e presentavano
sale completamente decorate in stili e motivi di volta in volta diversi, perfettamente in
linea con quel gusto della citazione che caratterizza tutta la villa.
Il Casino Nobile, che è già di per sé un “Museo” dal punto di vista architettonico e
decorativo, ospita un piccolo ma pregevole museo dedicato a quanto è stato rinvenuto
nella Villa e proveniente dalla ricchissima collezione statuaria della famiglia Torlonia -
oggi in gran parte ancora proprietà della famiglia e conservata nel Palazzo di via della
Lungara - insieme ad alcuni ritrovamenti fortuiti, che hanno permesso di aggiungere un
ulteriore tassello alla storia della Villa.
Ciò che è esposto ci dà un’idea precisa di come la famiglia Torlonia, in particolare
Giovanni (1756-1829) e suo figlio Alessandro (1800-1880), riuscì, per quasi un secolo, ad
essere protagonista indiscussa di quella tradizione di collezionismo che ha origine almeno
nel XV secolo, quando le residenze delle illustri famiglie romane cominciarono ad
arricchirsi di pregiati arredi.
La provenienza delle opere esposte non è omogenea: sono in parte legate alla produzione
di Bartolomeo Cavaceppi, il noto scultore, restauratore, antiquario settecentesco, a seguito
dell’acquisto, effettuato da Giovanni Torlonia nel 1800 di tutte le opere conservate nel suo
studio; in parte provengono da scavi nelle tenute della famiglia; in parte sono arredi della
Villa, sopravvissuti alle spoliazioni.
A questo nucleo di opere se ne sono aggiunte altre, frutto di un clamoroso ritrovamento
nel 1997, nei sotterranei dell’edificio del Teatro, dove sono riemerse alcune opere collocate,
in origine, nel Palazzo principale, poi scomparse in epoca e per motivi imprecisati.
Si tratta di tre grandi rilievi in gesso di Antonio Canova, di una testa femminile di stampo
michelangiolesco, di alcuni arredi della demolita Cappella della Villa e di un prezioso
frontone in marmo proveniente dalla tomba di Claudia Semne, sull’Appia Antica.
Completa il percorso museale la ricostruzione della Camera da letto di Giovanni Torlonia
(1872-1938), con i mobili che vennero poi utilizzati da Benito Mussolini, all’epoca della sua
permanenza nella Villa stessa, dal 1925 al 1943.
Nell’originaria semplice facciata ideata da Valadier fu addossato un maestoso pronao,
porticato al piano terreno, aperto in una loggia al piano primo, concluso da un frontone
triangolare.
La parte inferiore dell’avancorpo ha un basamento bugnato a conci lisci imitanti il
travertino e forma un atrio coperto che consentiva il transito delle carrozze.
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Immette nel palazzo un vano di forma ellittica, scandito da 12 colonne in marmo bianco.
La volta presenta un’articolata partizione a stucco al cui interno sono raffigurati gli stemmi
della famiglia Torlonia affiancati dalle figure allegoriche della Fama, mentre le pareti sono
rivestite da una pregevole marmoridea che imita il marmo fior di pesco.
I pavimenti in marmo bianco di Carrara e bardiglio hanno una elaborata partizione che
rispecchia il disegno degli scomparti del soffitto.
Al lato sinistro dell’ingresso vi è una sala di grande semplicità, tutta rivestita a
marmoridea imitante la breccia corallina, con soffitti cassettonati interamente decorati da
pregevoli stucchi in parte dorati, con putti, rosoncini e girali.
Vi sono state collocate alcune sculture provenienti dalla Collezione Torlonia e
fortunatamente rimaste nella Villa.
Il Bagno, chiaramente ispirato alle “stufe” rinascimentali sia nella disposizione spaziale,
sia nelle decorazioni ideate da Giovan Battista Caretti, con grottesche su fondo rosso
interrotte da riquadri con storie mitologiche su temi erotici o acquatici eseguite dal pittore
bellunese Pietro Paoletti.
Si susseguono le storie di Leda con il Cigno, del Ratto di Europa, di Pan e Siringa, della
Nascita di Venere, di Diana e Callisto, di Ila rapito dalle ninfe ed altre storie.
Le scene sono dipinte con l’inconsueta tecnica dell’olio su muro ad eccezione, sulla parete
di fondo, di un mezzo fresco che raffigura il soggetto raffaellesco della Galatea, opera
sempre di Paoletti.
Biblioteca Stanza a “Berceau”
La Biblioteca che conserva solo le decorazioni del soffitto con un riquadro di Pietro
Paoletti raffigurante Dante guidato nel limbo da Virgilio ad incontrare i grandi poeti
dell’antichità.
La Stanza a “Berceau” è così chiamata per il motivo decorativo dipinto nella volta che
finge un pergolato.
Al centro era un riquadro, oggi perduto, con putti svolazzanti attorno allo stemma
Torlonia, opera di Domenico Del Frate.
Sulle pareti vi erano vedute di Giovan Battista Caretti oggi completamente perdute.
Funge da congiunzione tra le due ali del Palazzo e risale al primo progetto di Giuseppe
Valadier; scandito da colonne tuscaniche in travertino e chiuso da ampie porte vetrate.
Le due stanze speculari ai lati del Portico sono prive di decorazioni e dedicate alle sale
video e documentazione.
Di fronte alla Stanza a “Berceau” è la Camera di Psiche, così detta per le pitture di Pietro
Paoletti eseguite nella volta, che raccontano la “Storia di Psiche “.
Il ciclo è ispirato agli affreschi raffaelleschi della Farnesina, così come spesso si ritrova in
vari palazzi nobiliari.
Le scene rappresentate sono: Amore che incorona Psiche, Psiche e Giove, Psiche davanti a
Venere, Psiche e Amore dormiente, Amore e Giove e, nel centro della volta, Mercurio che
introduce Psiche al cospetto di Giove.
Camera dei poeti Sala_di_bacco_large
La Camera dei poeti e degli artisti italiani è così denominata per i 32 ritratti, dipinti da
Pietro Paoletti, inseriti all’interno di una articolata architettura dipinta in stile gotico, un
tempo anche arricchita da vedute, vetri colorati alle finestre.
I ritratti sono eseguiti nel consueto e generico stile neo-rinascimentale: accanto a Dante,
Petrarca, Leonardo, Michelangelo e vari altri compare anche Carlo Torlonia, che sostituì il
ritratto di Giorgio Vasari.
La sala adiacente l’ingresso, simmetrica rispetto all’altra posta sul lato sinistro e molto
simile nell’aspetto, è rivestita a marmoridea, imitante il giallo antico ed ha il soffitto a
cassettoni decorati da stucchi con rosette e foglie d’acanto.
Nucleo dell’intera struttura del Casino è la Sala da Ballo, che in altezza comprende due
piani. Caretti conservò l’impianto architettonico dato da Valadier ma inserì due orchestre
laterali e ricoprì ogni parte del salone con dipinti, stucchi, dorature e marmi.
Nella volta sono rappresentate le storie di Amore, affrescate da Domenico Toietti e
Leonardo Massabò mentre nelle lunette sono dipinti il Volo delle Dodici Ore, il Volo delle
tre Grazie, sempre di Massabò e il Parnaso di Francesco Coghetti.
Al piano nobile si accede attraverso una ingegnosa scalinata, ricavata da Caretti in uno
spazio ridotto, con gradini e ripiani in marmo ed una ringhiera a balaustri in bronzo
cesellato, opera di Filippo Ghirlanda.
La scala immette in una anticamera aperta sulla grandiosa loggia del pronao, con soffitti
decorati da Decio Trabalza che rappresentano l’Aurora, il Giorno e la Notte.
La Sala di Bacco è interamente affrescata con le Storie del mito di Bacco, le Stagioni e i tre
Continenti da Francesco Podesti entro una struttura decorativa a grottesche con maschere
e minuti paesaggi, dipinta da Caretti; nella parte centrale del soffitto, crollata in tempi
recenti ma oggi ricostruita e decorata solo riproponendo la spartizione geometrica della
decorazione originale, vi era rappresentato Bacco che ritrova Arianna a Creta.
Il pavimento è a mosaico policromo con Ercole bambino che strozza i serpenti.
La Camera gotica è stata interamente decorata da Giovan Battista Caretti come una loggia
gotica scandita da finte vetrate, con due tondi nel soffitto dipinti da Pietro Paoletti con
episodi della “Gerusalemme Liberata”: l’Erminia tra i pastori e Armida rapisce Rinaldo
addormentato.
Notevole è anche il pavimento in marmo con decori nello stesso stile gotico.
l Gabinetto di Venere è un piccolo ambiente con il soffitto dipinto a cassettoni, nel cui
centro è posto un riquadro che raffigura La Toletta di Venere attribuito a Luigi Coghetti.
A conclusione dei due lati erano le camere da letto dipinte con panneggi imitanti le cortine
di un letto a baldacchino e al centro della volta i riquadri con rispettivamente La Toletta di
Venere e Psiche portata dai venti opera di Pietro Paoletti.
Il piccolo ambiente era usato durante la residenza di Mussolini come budoir e rivestito di
carta da parati.
Durante il restauro del Casino, sotto la carta lungo l’imposta del soffitto è riemerso un
fregio con piccole pregevoli decorazioni ad affresco che richiamano alcuni elementi della
Sala di Bacco.
Attigua alla Sala di Alessandro si apre la Camera Egizia interamente ricoperta da
decorazioni ispirate all’antico Egitto.
All’interno del partito decorativo dipinto da Caretti sono inseriti riquadri di Luigi Fioroni
con Storie di Cleopatra: Incontro di Antonio e Cleopatra, Incoronazione di Antonio e
Cleopatra, Cleopatra inginocchiata davanti ad Antonio.
I riquadri sono inseriti in una complessa decorazione a geroglifici, con colonne e finte
architetture ad imitazione del basalto.
Il pavimento è a fasce di marmo bianco e bardiglio, con al centro due riquadri in mosaico
sempre con scene dedicate alla Storia di Antonio e Cleopatra.
Speculare alla Sala di Bacco è la