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Kazimir Malevič: fondatore del suprematismo, concepito quale supremazia della sensibilità pura,
ovvero non rappresentazione; 1913, quadro con un quadrato nero l’arte non è spazio illusorio ma
la sua moralità [entra in gioco l’etica] è la superficie, il quadrato nero rappresenta un assoluto
misticismo.
Giorgio De Chirico: ribellione allo spazio rinascimentale che era composto da una sola fonte di
luce da cui dipendevano tutte le ombre; ci sono più punti di vista nei suoi quadri e disarticola così il
quadro rinascimentale periodo metafisico, destrutturazione dell’arte rinascimentale.
Fernand Léger:1923, riduce tutto il paesaggio urbano su una superficie, ritorna al prerinascimento.
René Magritte: 1928, Ceci n’est pas une pipe non è una pipa, la pipa vera è un’altra cosa, il
quadro è solo una rappresentazione della pipa, realtà ≠ rappresentazione; un quadro è bello o brutto
se le forme funzionano forma ed equilibrio; Magritte definisce chiaramente e distingue i due
ambiti.
Piet Mondrian: linee rette verticali e orizzontali, pieno rigore, la pittura è una questione di pesi e
contrappesi che devono essere in equilibrio.
Luis Morris: cos’ è stata la pittura? La pittura era stata tela, colore e pennello.
Joseph Albers: molti omaggi al quadrato, tre quadrati uno dentro l’altro di tre colori scelti in modo
che non si capisca se crea un’illusione di sprofondamento o di rilievo è pura superficie.
Giulio Paolini: genovese, arte concettuale, prende le tele e le rivolta, le gira per dimostrare che
dietro non c’è niente, la prospettiva è illusoria.
Giorgio Brecht: quadro con scritto solo “Silence” arte procede fino ad annullarsi, tutta l’arte
sarebbe dovuta stare in silenzio si avrà poi la reazione contraria: si ritorna al massimo della
materia, alla costruzione di oggetti con i quali la società possa misurarsi.
Bernar Venet: l’arte è una formula algebrica l’arte una volta era ambiguità e la scienza era la
certezza, ora diventa provvisoriamente esattezza in contrasto con la precedente concezione che
l’arte fosse una domanda dalle molteplici risposte.
Art and language: la materia con cui si crea offre sempre una certa resistenza, video compreso
arte è telepatia, si svincola l’arte dalla materia.
L’arte arriva così all’interno del suo percorso autonomo alla propria autodistruzione, nello stesso
momento in cui la società mette in discussione tutti I valori e la certezza a cui aveva fatto
affidamento fino a quel momento (1968) stretta connessione tra arte e società.
Precedenti della videoarte
1839: la fotografia (fotos= luce grafia= scrittua, scritta dalla luce) viene presentata come invenzione
all’Accademia delle Scienze di Parigi.
1877: Muybridge sperimenta la cronofotografia, passaggio tra la staticità e il movimento.
1895: nasce la cinematografia (scrittura in moviemento), dai fratelli Lumiere Luis e Auguste; il
primo film è una semplice ed obiettiva ripresa degli operai che escono dalla fabbrica del padre, il
quale era un industriale di materiale cinematografico la ripresa non è spontanea ma studiata; nello
stesso anno cominciano i primi esperimenti della TV e della radio; i fotogrammi della pellicola sono
staccati da una linea nera che non si vede per la persistenza retinica dell’occhio, non c’è ancora il
movimento reale, sembra a scatti.
1935: primo esperimento televisivo alle olimpiadi di Berlino.
1954: la Tv arriva in Italia.
Non era ancora possibile registrare l’immagine, era tutto in diretta la cinepresa sminuzza
l’immagine in pixel che vengono lanciati in aria sotto forma di impulsi elettrici, diffusi e
successivamente raccolti negli apparecchi riceventi che li ricompongono secondo l’immagine di
partenza. Per conservare i filmati si usava il telecinema che puntava il televisore e registrava in
pellicola. Poi si depositava negli archivitrasmissioni verità ma con difficoltà di conservazione
fino al 1957.
1957: Ampex inventa un modo di conservare nastro magnetico (plastica con ossido di ferro).
Il cinema si serviva della pellicola fotosensibile mentre la videoarte usava il nastro magnetico è la
tecnica che permette il linguaggio.
La videocamera dell’epoca era molto pesante e si usava solo negli studi professionali.
1965: la Sony inventa il Portapack, telecamera più piccola con microfono incorporato collegata ad
un registratore da portare a tracolla [fuori serviva anche il carica batteria perché aveva una durata di
20 minuti, infatti i primi video artisti operano in due, uno riprende con il portapack e all’esterno
l’altro portava il caricabatteria] importante perché permise di continuare la ricerca dell’immagine
in movimento.
Vantaggi del Portapack rispetto alla videocamera a pellicola:
- molto meno costosa, la pellicola invece era costosa e aveva anche i costi di laboratorio;
- utilizzabile anche con luce scarsa, anche negli spazi interni;
- si poteva registrare sopra al nastro;
- immagine si poteva vedere immediatamente
Svantaggi del Portapack rispetto alla videocamera a pellicola:
- non era possibile fare il montaggio e quindi l’artista era obbligato a fare una ripresa unica, a
crearsi un progetto mentale molto preciso ciò è in linea con il principio dell’arte
concettuale, secondo il quale è più importante l’idea piuttosto che il prodotto;
- l’immagine era sgranata per la bassa definizione, rispetto al cinema che forniva
un’immagine piuttosto nitida non è importante perché si dava maggior rilievo al concetto.
Nasce la videoarte
1965: Nam June paik, artista coreano, laureato a Tokio con un forte interesse per la musica, è
considerato il padre della Videoarte; rappresenta un punto di contatto tra l’arte orientale e
occidentale; il primo videotape è una ripresa con un portapack dal finestrino di un taxi della folla e
del traffico nella V strada a New York, durante la visita di Papa Paolo VI; può essere confrontato
con Duchamp perché registra qualcosa che trova casualmente, ma che ha in sé comunque gli
elementi per far ragionare gli altri e si carica quindi di significati; essendo un video su nastro
magnetico dopo due ore lo porta in un bar in Greenwich Villane e lo mostra.
Andy Warhol: punta la cinepresa sull’Empire State Building per sei ore da un punto fisso
l’opera è creata dalla luce che, cambiando la sua incidenza, cambia l’edificio.
Alcuni ritengono che la nascita della videoarte sia anteriore al 1965.
1952: viene pubblicato il primo manifesto spazialista per la tv e Lucio Fontana intuisce che l’artista
avrebbe cominciato ad utilizzare la tv come mezzo artistico.
1958: Wolf Vostel utilizza non la ripresa ma il televisore costruendo delle camere nere del
Nazismo utilizza oggetti incongrui o negativi (sedie, giornali, foto di animali morti, fino
spinato…) e installava televisori che trasmettevano programmi della tv tedesca: la televisione è uno
strumento di potere e chi lo possiede è in grado di manipolare fortemente la società e ad indurla a
fare ciò che vuole che essa faccia.
1963: Paik, in occasione di una mostra sull’arte elettronica,pone su tredici televisori un magnete che
distorce l’immagine rendendola grottesca.
La videoarte continua la sperimentazione nelle arti visive e corrisponde ad una società che stava
rivedendo se stessa [sperimentalismo, anche la società sperimenta se stessa]. Molti artisti videro in
questo un’occasione per rilanciarsi, da qui il successo della videoarte e la sua veloce diffusione. Fu
usata in realtà anche molto male, perché molti videoartisti non si resero conto che non era possibile
rappresentare ciò che si poteva riprendere con la pellicola cinematografica la videoarte è un
linguaggio nuovo, diverso, che non coglie la profondità.
Negli anni Ottanta si avverte un declino, un’eclissi della videoarte ritorna la manualità insieme
alla materia. Nascono la videoscultura (materiale solido in cui erano collocati televisori, sculture
con dentro televisori) e la videoambientazione (più televisori disposti secondo un percorso).
Con l’invenzione del videoproiettore su schermo grande, la videoarte si avvicina al cinema, va
verso la narrazione, perdendo però così la sua specificità, individuabile nel pixel, nel tempo reale e
nella proiezione su schermo piccolo.
Alcuni registi (es. Antonioni) si avvicinano alla videoarte dal punto di vista tecnologico girano
spezzoni con il nastro magnetico al posto della pellicola. La confluenza tra videoarte e cinema
continua fino al 2003, anno in cui si sancisce l’unità tra linguaggio cinematografico e quello
televisivo.
Michael Wintherbothom: vince il Leone d’Oro a Berlino per aver girato un film con la telecamera
amatoriale.
Gerry Schum
Gallerista tedesco che gestiva una galleria tradizionale, cioè che non usava mezzi tecnologici, a
Berlino. Si trasferisce poi a Düssendorf perché era una città artisticamente più viva e apre la Tv
gallerie.
LandArt
Così come nel 1924 il Manifesto del cinema futurista aveva stabilito che il cinema avrebbe aiutato
gli artisti ad uscire dal quadro, così tra il 1968 e il 1969 l’ultima versione dell’arte concettuale si
ritrova nella Landart: gli artisti escono sulla terra e invece di rappresentarla la segnano con la
propria firma questi segni spariscono quindi inizialmente si fotografano le opere; Gerry Schum
decise invece di fare dei film in modo da rappresentare l’azione, il work in progress dell’opera (in
linea con l’arte concettuale che dà più importazione all’idea che al risultato e al processo più che al
fine). Schum ebbe anche un occhio attento nei confronti del commercio, poiché sperava di poter
vendere di più di quanto avesse guadagnato con i film d’artista.
Landart passa anche per essere la prima compilation di videoarte, in realtà non è così poiché si
tratta di film su pellicola trasferiti su nastro magnetico.
Identifications
Compilation di Schum prodotta nel 1970. Le riprese sono state in parte effettuate su nastro
magnetico e in parte su pellicola, in quanto si vede la presenza del montaggio. L’atmosfera generale
è quella della volontà di dare un nuovo inizio all’arte, di ricominciare dal nulla. In Identification è
presente anche il movimento dell’arte povera, che nasce tra Genova e Torino ed è coordinato da
Germano Cevant. Fare arte povera significava non usare più bronzo e marmo, ma la terra che aveva
la stessa dignit&agr