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ROMANZI
GIOVANILI
Amore e Patria, 1856. Scritto a 16 anni ed è incompiuto (3 capitoli). Rimane
inedito fino al 1929, quando viene pubblicato da Di Roberto. Ha uno stile
romantico ma può essere definito anche storico.
Il tema di fondo è quello della guerra d’indipendenza americana. Si ha una
storia d’amore che si intreccia con i fatti storici. Nell’incipit viene ripreso il
paesaggio descritto già da Manzoni, ovvero dal generale allo specifico, in
questo caso con le coste americane. Nonostante sia un romanzo giovanile,
alcuni dei temi di Verga già possono essere trovati.
I carbonari della montagna, 1861-62. Anche questo è un romanzo giovanile.
E’ più vicino al genere picaresco e gotico. Le influenze sono Manzoni, Foscolo,
Dumas.
Questo romanzo viene pubblicato a sue spese da Verga e dà l’avvio ufficiale
alla sua carriera. E’ formato da 4 volumi. Ci sono molti spunti autobiografici.
Nel 1808 a Napoli Gioacchino Murat sta dalla parte di Napoleone fino al 1814
con il Congresso di Vienna dove lo tradisce. Verga sta auspicando una
conciliazione tra il regno borbonico e i carbonari che volevano l’indipendenza
per questo non può essere definito romanzo storico. E’ troppo tardi per questa
conciliazione.
Il protagonista viene deluso dai borboni e dalla donna amata. Il tratto
fondamentale di questo romanzo è la fede nell’unità nazionale. C’è una forte
subordinazione classista, gli umili hanno uno stile caricaturale e non c’è un
livellamento di stile tra nobili e umili.
Qui iniziano le similitudini liquide (Fiumana di persone, torrente di passione).
Sulle lagune, 1863. Viene pubblicato su un quotidiano di Firenze in appendice.
E’ un racconto lungo. Forti sono gli echi dell’Ortis (eroe che si sacrifica per la
patria), infatti si svolge quando Venezia è sotto il domini austriaco. E’ la storia
d’amore tra un ufficiale ungherese e una donna veneziana che alla fine
scappano insieme.
Storia di una capinera, 1871.Nel ’71 è già a Firenze. Quando pubblica Storia
di una capinera abbiamo un Verga più maturo. Manda la bozza all’86 Manzoni
che però non risponde. Qui inizia il Verga letterato.
Abbiamo il tema della famiglia, della campagna ecc. Incomincia a fare lo studio
documentato dell’ambiente sociale: chi sono veramente le persone di cui
racconta.
E’ parzialmente autobiografico: quando era piccolo c’era stata una diffusione
della peste a Catania quindi andò in campagna per sfuggire. Si innamora di
Rosalia, educanda del monastero di San Sebastiano.
Ci sono varie similitudini tra la storia di Gertrude e quella di Maria.
Lo chiama così vide una capinera triste in una gabbia che seguiva con lo
sguardo gli altri uccelli liberi nel cielo ma non osava ribellarsi. I bambini la
volevano bene ma morì dopo due giorni nonostante avesse il cibo nella
scodella. I bambini la uccisero inconsapevolmente come aveva fatto la
sorellastra con Maria.
Eva, 1873.
Tigre Reale – Eros, 1875.
Nedda, 1875.
Rosso Malpelo, 1878. Svolta verista.
Nel 1880 e quindi Vita dei campi si ha il Verga maturo e la produzione di
novelle più importante.
Nel 1881 scrive il Ciclo dei Vinti, la produzione di romanzi più importante.
Il progetto iniziale era quello di comporre 5 romanzi:
-I Malavoglia, 1881. Pescatori.
-Mastro Don Gesualdo, 1889. Mercante.
-La Duchessa di Leyra. Figlia di Mastro Don Gesualdo.
-L’Onorevole Scipioni. Politico.
-L’uomo di lusso. Nobile.
Scrive solo i primi 2. Della Duchessa di Leyra abbiamo solo pochi appunti. I vinti
sono gli sconfitti della vita. Il suo progetto era quello di scrivere gli sconfitti di
tutte le classi sociali. Sono coloro che cercando di fare una scalata sociale,
quindi cercando di superare i propri limiti, vengono sconfitti dalla società che
hanno intorno.
La fase del disincanto arriva con l’avvicinamento al Verismo: tutta la società, a
tutti gli strati, è sottomessa al potere del denaro, quindi i rapporti umani sono
egoisti.
Verga e il Verismo
Si colloca tra il 75-77 fino agli anni 90 dell’800. Nasce sotto l’influenza del
naturalismo in Francia che aveva avuto come figura di maggiore
rappresentazione Zola. Romanziere scienziato, sociale, capace di indagare i
mali che affliggevano la società ottocentesca. Trova una particolare accoglienza
nella sinistra milanese.
Capuana ha un ruolo importante nella diffusione dell’opera di Zola. Aveva
recensito le opere del francese. Aveva una profonda ammirazione nella portata
innovativa di Zola, ma allo stesso tempo se ne allontana.
Capuana rifiuta:
-Il principio di scientificità.
-La subordinazione della letteratura alla dimostrazione scientifica.
-L’ode che il principio di scientificità trasformi la narrazione in un esperimento
reso a dimostrare delle tesi scientifiche.
L’influenza formale si traduce nella teoria delle personalità elaborata da
capuana e successivamente da Verga. Nelle lettera dedicatoria al Farina viene
chiarito il concetto di impersonalità. Deve avere testimonianze, elementi
umane, il lettore deve essere posto faccia a faccia col fatto nudo e schietto; lo
scrittore deve eclissarsi ovvero deve scomparire dall’opera e non deve
intervenire. Grazie a questa immedesimazione sembra che l’opera sia stata
fatta da se. Si crea una illusione della realtà e quindi una regressione
nell’ambiente rappresentato.
La voce narrante riporta solo il punto di vista dello scrittore, che si colloca
all’esterno rispetto alla materia che tratta ed è una voce che riproduce in
maniera dettagliata il modo di pensare dello scrittore.
Nel verismo il punto di vista dello scrittore non si percepisce mai, l’autore si
colloca allo stesso livello dei personaggi che rappresenta. Usa una lingua
italiana, mina solo alcune caratteristiche del dialetto.
Rosso malpelo (1878), Si può notare l’applicazione della tecnica
dell’impersonalità.
Elabora la teoria dell’impersonalità dalla sua particolare visione del mondo, dal
suo pessimismo. Questo può essere visto nella prefazione ai Vinti.
Nega una consolazione nella fede. Quindi il compito dello scrittore è quello di
descrivere la realtà così com’è mentre per Manzoni la letteratura doveva
mutare la realtà e renderla migliore. Il pessimismo gli fa cogliere i mali della
società. La realtà parla da sola per questo non ha bisogno di intervenire.
Sia Zola che Verga applicano il principio dell’impersonalità. Zola la intende
come distacco dello scienziato, per Verga si ha la regressione, quindi
immersione dello scrittore nel mondo calato. Zola era un democratico borghese
che credeva che la letteratura incidesse sulla realtà. Verga era un
conservatore, proprietario terriero. Quindi la società, il momento storico
influenzano sicuramente le tecniche narrative degli autori.
I primi romanzi hanno delle istanze romantiche quindi un certo soggettivismo,
la svolta si ha con rosso malpelo. Aveva già provato con Nedda il mutamento
però quello vero e proprio si ha successivamente. Questa tecnica la troviamo
anche in “Vita dei Campi”. C’è un mondo dominato da passione aspre e
primitive.
In fantasticheria l’autore si rivolge a una dama dell’alta società che si era
trasferita ad Aci Trezza però dopo 2 giorni fugge via. Qui troviamo delle bozze
di personaggi che troveremo nei malavoglia. In questa novella l’io narrante
coincide con quello che scrive quindi manca il principio dell’impersonalità. Qui
si trova l’ideale dell’ostrica in cui si esprime il suo pessimismo: finché i
contadini vivono protetti nel loro mondo vivono sicuri come l’ostrica attaccata
allo scoglio; quando vorrà staccarsi allora verrà travolto dalle dinamiche del
mondo, viene trascinato dalla fiumana del progresso che trascina con se tutti
coloro che non sono in grado di sopportare questo cambiamento.
I Malavoglia
I capisaldi del pensiero verghiano sono espressi nella prefazione dei Malavoglia.
Nel primo romanzo il momento dell’attività umana che procede la fiumana del
progresso è preso alle sue sorgenti, come desiderio di soddisfare i bisogni più
elementari e nelle sfere più basse della gerarchia sociale è più facile da
osservare. Nei romanzi successivi questo desiderio di soddisfare i desideri
materiali si va affinando verso il meglio, nell’elevarsi delle classi sociali. Man
mano che si eleva l’ambientazione muta anche la lingua che Verga adotta.
La fiumana del progresso è il movimento di trasformazione della società
moderna che trascina con sé tutti coloro che cercano questa ricerca del meglio.
I Malavoglia sono il primo gradino della gerarchia sociale in cui indagare il
meccanismo della sopravvivenza. Vengono pubblicati nel 1881. Si ha un mondo
arcaico, legato ai valori tradizionali, visione fatalistica dell’esistenza che trova
espressione anche nel linguaggio, come i proverbi di Padron ‘Ntoni. E’ un
mondo i cui ritmi sono modellati sul ciclo delle stagioni, un mondo
apparentemente immobile, statico. Però in questo mondo così fermo irrompe
sin dall’inizio la storia che fa saltare tutti gli schemi che davano certezza ai
protagonisti. Siamo all’indomani dell’unità in un piccolo villaggio della Sicilia
sottoposto ai grandi mutamenti. Ma c’è un evento in particolare: il servizio
militare obbligatorio che toglie lavoro alla famiglia. Colui che abbandona la
famiglia è il giovane ‘Ntoni per trasferirsi a Napoli. Questo episodio determina
una serie di eventi, difficoltà che colpiscono i Malavoglia.
In realtà il vero nome della famiglia è Toscano. Vengono chiamati Malavoglia ed
è in antitesi: loro erano dei gran lavoratori. Malavoglia si riferisce alla cattiva
ambizione che li ha portati a desiderare di mutare la propria condizione.
La conclusione tragica veniva già anticipata in Fantasticherie.
La partenza di ‘Ntoni determina progressivamente la rovina della famiglia e la
rottura tra la famiglia e gli abitanti del villaggio. Anche le tasse che vengono
imposte, la crisi della pesca sono degli elementi determinanti per la rovina.
Questi elementi costringono i Malavoglia a trasformarsi da pescatori a
negozianti: cercano di avviare un commercio di lupini però la barca Provvidenza
viene colpita da una tempesta. La Provvidenza qui viene visto come uno
strumento di rovina. Da proprietari di una barca si trovano a diventare dei
nullatenenti. Il personaggio che incarna le forze disgregatrici della